Corsi sopra, infilai la tessera, maledicendomi per avere chiuso la porta a chiave. Aprii, mi misi a letto, ricordai che la porta doveva essere chiusa a chiave. La chiusi e tornai a letto al volo.
Andare di fretta non era stata una buona idea. La testa aveva cominciato a picchiarmi come i tamburi nel numero di sapore latino di Tè per due.
Chiusi gli occhi e aspettai Hedda, ma quella che era apparsa sulla soglia non doveva essere lei. Oppure era rimasta bloccata da Vincent e dalle sue bambole ballerine. Richiamai Three Sailors and a Girl, ma tutti i “Il prossimo, per favore” mi davano una vaga sensazione di mal di mare. Chiusi gli occhi, aspettai che passasse il malore, poi li riaprii e cercai di escogitare una teoria che non puzzasse troppo di sceneggiatura cinematografica.
Alis non avrebbe potuto inserirsi nei film usando un trasparente azzurro, come il topolino di Gene Kelly. Non sapeva niente di computer; l’autunno prima, stando a quanto mi aveva riferito Hedda, Alis aveva seguito CG Basilare 101. E se anche fosse riuscita chissà come a imparare l’uso di tutte le attrezzature necessarie, non aveva comunque i codici d’accesso.
Forse si era fatta aiutare da qualcuno. Ma chi? Nemmeno i techno che frequentavano l’università avevano gli accessi, e Vincent non avrebbe capito perché lei pretendesse un lavoro fatto manualmente.
Quindi doveva trattarsi di un copia-e-incolla. E perché no? Magari Alis si era finalmente resa conto che ballare nei film era impossibile, oppure Mayer le aveva promesso di trovarle un maestro di ballo se lei si fosse lasciata scopare dal suo boss. Non sarebbe stata la prima ad arrivare a Hollywood per finire sul divano di un produttore.
Ma se fosse stato così, non avrebbe avuto quel certo sguardo. Richiamai di nuovo Un giorno a New York e lo sbirciai tra le fitte di emicrania. Alis saltellava nell’Empire State Building felice e contenta. Spensi il computer e cercai di dormire.
Se fosse stato un copia-e-incolla, lei non avrebbe avuto quello sguardo attento, intenso. Vincent, programmi o non programmi, non sarebbe mai riuscito a catturare quel sorriso.
Movimento lento di macchina dallo schermo del computer all’orologio, che segna le 11.05, poi di nuovo primo piano del computer. Sullo schermo ballano marinai. Movimento lento fino all’orologio che segna le 3.45.
Nel mezzo della notte mi venne in mente che un altro motivo impediva che Mayer avesse fatto un copia-e-incolla per Alis. Il miglior motivo possibile: Hedda non ne era informata.
Sapeva tutto, conosceva le squinzie dalla prima all’ultima, ogni mossa degli studios, ogni voce di fusione o assorbimento. Non le sfuggiva niente. Se Alis si fosse arresa a Mayer, Hedda lo avrebbe saputo prima che succedesse. E me lo avrebbe riferito, come fosse il tipo di cosa che volevo sentire.
E non lo era? Avevo detto ad Alis che non poteva ottenere ciò che desiderava, che ballare nei film era impossibile, che si doveva accontentare di un copia-e-incolla oppure niente, e a tutti fa piacere scoprire di avere ragione, no?
Specialmente quando si ha ragione. Non si può semplicemente entrare in uno schermo cinematografico come Mia Farrow in La rosa purpurea del Cairo e prendere il posto di Virginia Gibson. Non si può attraversare uno specchio come Charlotte Henry e ritrovarsi a ballare con Fred Astaire.
Anche se si può dare l’impressione di farlo. È un gioco di luci, tutto qui, e trucco, e troppo liquore, troppo klieg; e l’unica cura possibile era seguire gli ordini di Hedda, pisciare, bere un sacco d’acqua, cercare di dormire.
— Three Sailors and a Girl — dissi, e aspettai che qualcuno mi svelasse il trucco.
Movimento lento di macchina dallo schermo del computer all’orologio, che segna le 4.58, poi di nuovo primo piano del computer. Sullo schermo ballano marinai. Movimento lento fino all’orologio che segna le 7.22.
— Ti senti meglio? — chiese Hedda. Era seduta sul letto, con un bicchiere d’acqua in mano. — Te l’avevo detto che il ridigaine è duro.
— Vero. — Dovetti chiudere gli occhi al bagliore della luce riflessa dal bicchiere.
— Bevi questa — disse lei, e mi infilò una cannuccia in bocca — Come va la voglia di alcol? Brutta?
Non mi andava di bere niente, acqua compresa.
— No.
— Sicuro? — Hedda era sospettosa.
— Sono sicuro. — Riaprii gli occhi, e, visto che non succedeva niente, cercai di mettermi a sedere.
— Perché ci hai messo tanto?
— Dopo avere trovato Cenerentola a Parigi sono andata a parlare con un dirigente dell’ILMGM. Avevi ragione, Mayer non c’entra. Ha giurato di smetterla con le squinzie. Sta cercando di convincere Arthurton di essere il tipo più a posto di questo mondo.
Mi infilò di nuovo la cannuccia sotto il naso. — Ho parlato anche con uno dei techno. Dice che è impossibile inserire scene live nella roba che passa sul cavo senza avere gli accessi. Dice che ci sono un sacco di blocchi e crittografie e chiavi d’identificazione. Dice che sono così tante che nessuno, nemmeno il più in gamba dei techno, riuscirebbe ad aggirarle.
— Lo so. — Appoggiai la testa alla parete. — È impossibile.
— Ti senti in condizione di guardare il disco?
Non mi ci sentivo, ed era del tutto inutile, ma Hedda inserì il disco e guardammo Fred ballare in cerchio a Parigi, attorno ad Audrey Hepburn.
Comunque, il ridigaine a qualcosa serviva. Fred eseguiva piroette a tempo di swing, batteva i piedi con la massima naturalezza, a braccia tese, ma io non avvertivo nemmeno il più vago sintomo di flash o di sfocatura. Mi faceva ancora male la testa, però non sentivo più rimbombi cupi nel cranio. Erano stati sostituiti da un cupo silenzio che pareva il residuo di un flash e possedeva la stessa indiscutibile nettezza, la stessa chiarezza fotografica.
Ero certo che Alis non avrebbe mai ballato in quel film, fatto di passi moderni e numeri a due con le minuziose coreografie studiate da Fred per dare l’impressione che Audrey Hepburn fosse una ballerina migliore di quel che era. Di sicuro, quando fosse apparsa Virginia Gibson sarebbe stata Virginia Gibson, che somigliava tanto ad Alis.
Ed ero certo che se avessi richiamato Un giorno a New York e Tè per due e Cantando sotto la pioggia avrei ritrovato Alis. Per quanto il cavo a fibre ottiche potesse essere sicuro, per quanto fosse impossibile.
Spuntò Virginia Gibson. Indossava un vestito da morire dalle risate: l’idea di Hollywood dell’abito di alta sartoria. — Non la vedi, eh? — chiese Hedda, ansiosa.
— No — risposi, guardando Fred.
— Questa Virginia Gibson somiglia davvero molto ad Alis — disse Hedda. — Vuoi riprovare con Sette spose per sette fratelli, tanto per rassicurarti?
— Sono già sicuro.
— Bene. — Lei si alzò, decisa. — La cosa più importante da fare adesso che ti sei ripulito dall’alcol è tenerti occupato, così non penserai alla voglia di bere, e comunque devi darti da fare con l’elenco di Mayer prima che lui torni, e stavo pensando che magari potrei darti una mano. Ho guardato un sacco di film, e potrei dirti quali contengono sostanze che danno assuefazione e in quali punti si trovano. Il colore viola ha una scena con un locale dove…
— Hedda — dissi.
— E “dopo” che avrai finito con quella lista, magari tu e io potremmo farci assegnare da Mayer un vero remake. Adesso che siamo puliti tutti e due. Una volta mi hai detto che potrei essere una grande assistente ai set, e ho guardato un sacco di film. Saremmo una grande squadra. Tu potresti provvedere alla CG…