— Devi fare una cosa per me — le dissi. — C’era un dirigente della ILMGM che veniva sempre ai party e usava il viaggio nel tempo come trucco per abbordare squinzie. Devi scoprire come si chiama.
— Viaggio nel tempo? — ripeté Hedda, perplessa.
— Ha detto che erano vicini “così” a scoprire il viaggio nel tempo. Continuava a parlare di linee temporali parallele.
— Hai detto che non era lei in Cenerentola a Parigi. — Voce lenta, parole strascicate.
— Quello continuava a parlare di un remake di L’uomo venuto dall’impossibile.
Lei era ancora stupefatta. — Pensi che Alis sia tornata indietro nel tempo?
— Non lo “so” — dissi, e l’ultima parola fu un urlo. — Forse ha trovato un paio di babbucce magiche, forse è entrata nello schermo come Buster Keaton in Calma, signori miei! Non lo “so”!
Gli occhi di Hedda erano gonfi di lacrime. — Però continuerai a cercarla, vero? Anche se è impossibile — disse, amareggiata. — Come John Wayne in Sentieri selvaggi.
— E ha trovato Natalie Wood, no? Non l’ha trovata? — Ma Hedda era già uscita.
SCENA DI MONTAGGIO: Niente colonna sonora. L’EROE, seduto al computer col mento sulla mano, ripete “Il prossimo, per favore” e i numeri di ballo sullo schermo cambiano. Hula, ritmo latino, picnic in riva al mare, l’idea di Hollywood di un balletto, ballo di barboni, ballo acquatico, bambole che ballano.
L’alcol non era ancora stato eliminato del tutto dal mio corpo. Mezz’ora dopo l’uscita di Hedda, l’emicrania tornò più feroce di prima. Richiamai Due marinai e una ragazza (o era Due ragazze e un marinaio?) e dormii per due giorni di fila.
Quando mi alzai espulsi diversi litri di piscio, poi controllai se Hedda mi avesse chiamato. No. Tentai di chiamarla io, poi provai con Vincent, e ricominciai coi lilm.
Alis era in I Love Melvin e interpretava, ovviamente, la parte della ballerina di fila che cerca di sfondare nel cinema, e in Torna con me e Due settimane d’amore. La trovai in due film di Vera-Ellen, che guardai due volte, convinto che mi stesse sfuggendo un indizio importante, e in Femmine bionde, di nuovo al posto di Virginia Gibson in un numero di tip tap con Gene Nelson e Virginia Mayo.
Rintracciai Vincent e gli chiesi cosa fossero le linee temporali parallele. — È per Sol levante? — domandò lui, sospettoso.
— L’uomo che visse nel futuro. Paul Newman e Julia Roberts. “Cos’è” una linea temporale parallela? — e ottenni un diluvio di probabilità e causalità e universi paralleli.
— Ogni evento ha dieci, cento, mille possibili risultati finali — disse Vincent. — La teoria è che esista un universo nel quale ogni possibile risultato si è concretizzato.
Un universo nel quale Alis riesce a ballare nei film, pensai. Un universo nel quale Fred Astaire è ancora vivo e la rivoluzione CG non c’è mai stata.
Avevo controllato esclusivamente i musical girati negli anni Cinquanta. Ma se esistevano linee temporali parallele, e se Alis aveva trovato modo di entrare e uscire da quegli altri universi, non c’era motivo di non poterla trovare in musical realizzati dopo. O prima.
Cominciai coi film di Busby Berkeley, per quanto fossero poveri di ballo, e la trovai a ballare il tip tap senza musica in La danza delle luci e nel gran finale di Quarantaduesima strada, ma nient’altro. Ottenni risultati migliori (e, a quanto sembrava, anche lei) coi film che non erano di Busby. Cappelli in aria, dove ovviamente portava il cappello, e Show of Shows e Too Much Harmony, dove interpretava Buckin’ in the Wind, un numero pensato per Marilyn, in reggicalze e gonna bianca che le si gonfiava attorno alle gambe. Era anche in Nata per danzare, però come ballerina di fila, e non riuscii a rintracciarla in altri film di Eleanor Powell.
Mi occorse una settimana per finire i bianco e nero, e per tutto quel periodo non riuscii a contattare Hedda, e lei non mi chiamò. Quando alla fine il mio computer fece bip, non aspettai nemmeno di vedere la sua faccia. — Hai saputo qualcosa? — chiesi.
— Ho saputo sì! — rispose Mayer, sussultando. — Sono tre settimane che non mandi un film! Io volevo consegnare tutto il pacchetto al mio boss alla riunione della settimana prossima, e tu stai perdendo tempo con Sol levante, che non è neanche sull’elenco!
Il che significava che Vincent stava interpretando il ruolo di Joe Spinell, il soffia, in Il Padrino II.
— Avevo bisogno di sostituire un paio di scene — dissi. — Troppi elementi visivi per poter cancellare. Una delle due è una scena di ballo. Tu per caso conosci qualcuno che sappia ballare? — Lo scrutai, in cerca di un segno, di un’indicazione che lui ricordasse Alis, la conoscesse, e se la fosse voluta scopare talmente tanto da incollare la sua faccia su una dozzina di ballerine. Niente. Nemmeno una pausa nei sussulti.
— Un po’ di tempo fa è venuta una faccia a un paio di party — continuai. — Molto carina, capelli castano chiaro. Voleva ballare nei film.
Niente. Mayer non c’entrava.
— Lascia perdere le ballerine — disse. — Lascia perdere L’uomo che visse nel futuro. Togli il maledetto alcol “e basta”! Voglio quel che resta dell’elenco finito per lunedì, o non lavorerai mai più per l’ILMGM!
— Può contare su me, signor Potter — risposi, e gli lasciai dire che mi avrebbe bloccato il conto.
— Ti voglio sobrio! — urlò. Stranamente, lo ero.
Tolsi la Ninna nanna del liquore distillato di frodo da Anna, prendi il fucile e i narghilè da Il mendicante di Baghdad per fargli vedere che gli avevo dato retta, poi cominciai a passare in rassegna gli anni Quaranta in cerca di alcol e di Alis: due piccioni con una fava. Lei era in Ribalta di gloria e in un numero di I ragazzi di Broadway, dove indossava lo stesso scamiciato della sera che era venuta a chiedermi i dischi ottici.
Hedda entrò mentre stavo guardando Tre ragazze in blu, che conteneva molte gonne gonfie e Vera-Ellen, ma non Alis.
— Ho trovato il dirigente — disse. — Adesso lavora per la Warner. Dice che stanno considerando la possibilità di assorbire l’ILMGM.
— Come si chiama?
— Non ha voluto dirmi niente. Dice che non hanno prodotto Ovunque nel tempo perché non sono riusciti a decidere se farlo con Vivien Leigh o Marilyn Monroe.
— Gli parlerò io. Come si chiama?
Hedda esitò. — Ho parlato anche con i techno. Hanno detto che l’anno scorso hanno trasmesso immagini facendole passare attraverso una regione di antimateria e hanno riscontrato interferenze che hanno interpretato come una discrepanza temporale, ma non sono riusciti a duplicare i risultati e adesso pensano che si trattasse di trasmissioni da un’altra fonte.
— Una discrepanza temporale grande quanto? — chiesi.
Lei prese un’aria poco allegra. — Ho chiesto se siano in grado di duplicare i risultati, di spedire una persona indietro nel passato, e mi hanno detto che se anche funzionasse parlavano solo di elettroni, non di atomi, e che è impossibile che un essere vivente sopravviva a una regione di antimateria.
Ma il peggio doveva ancora venire. Hedda era ferma accanto alla porta, come Clara Bow in Ali, riluttante a darmi la cattiva notizia.