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— È una cosa che devi vedere, Alis — dissi io, e inserii il disco ottico. Per fortuna era tutto già pronto, non dovevo richiamare niente. Sullo schermo apparve Un giorno a New York.

— Ho dei clienti da… — cominciò Alis, e si bloccò.

Avevo preparato il disco per “Il prossimo, per favore” dopo quindici secondi. Un giorno a New York scomparve e apparve Cantando sotto la pioggia.

Alis si girò verso me, furibonda. — Perché hai…

— Non sono stato io. Sei stata tu. — Indicai lo schermo. Era partito lo spezzone di Tè per due, e Alis, in riccioli rossi, avanzava in primo piano a tempo di charleston.

— Non è un copia-e-incolla — dissi. — Guarda bene. Sono i film che hai provato, no? Giusto?

Sullo schermo, Alis danzava col parasole azzurro.

— La sera che ci siamo conosciuti hai parlato di Cantando sotto la pioggia. E alcuni degli altri avrei potuto indovinarli. Sono tutte riprese e inquadrature uniche. — Indicai la sua figura in gonna azzurra. — Però io non sapevo nemmeno in quale film ci fosse questo numero.

Lo schermo passò a Cappelli in aria. — E alcuni non li avevo mai visti.

— Ma io non ho… — disse Alis, fissando lo schermo.

— Il digitrasparente fa una sovrapposizione sull’immagine che arriva dal cavo e la mette su disco — le spiegai. — Quell’immagine torna indietro sul circuito di trasmissione, e la fonte che trasmette sul cavo a fibre ottiche esegue controlli randomizzati sui pixel e rifiuta automaticamente le immagini che sono state modificate. Solo che tu non stavi cercando di modificare l’immagine. Stavi cercando di riprodurla. E ci sei riuscita. Hai ottenuto una corrispondenza perfetta di tutti i movimenti, talmente perfetta che il controllo browniano ha pensato che fosse la stessa immagine, talmente perfetta che l’immagine è stata accettata ed è finita sulla fonte che trasmette via cavo. — Sventolai la mano sullo schermo, dove lei stava ballando in Quarantaduesima strada.

Alle nostre spalle, il vegliardo chiese: — Chi c’è nella scena dei Magnifici sette? — ma Alis non gli rispose. Guardava i numeri di ballo che scivolavano via, attenta. La sua espressione era indecifrabile.

— Quanti ce ne sono? — mi chiese, continuando a guardare lo schermo.

— Io ne ho trovati quattordici. Tu invece hai provato più numeri, giusto? Sei riuscita a scavalcare i programmi di controllo praticamente solo con ballerine che abbiano all’incirca la tua stessa corporatura e ti somiglino in viso. Hai provato con Ann Miller?

— Baciami Kate!

— Come pensavo. Ann Miller ha un viso troppo rotondo. Non le somigli tanto da poter superare i controlli. Ha funzionato solo quando esisteva già una somiglianza. — Indicai lo schermo. — Ce ne sono altri due che non ho potuto mettere su disco perché sono in corso azioni legali. Bianco Natale e Sette spose per sette fratelli.

Lei si girò verso me. — Sette spose? Sei sicuro?

— Sei presente nella scena della costruzione del fienile. Perché?

Lei si girò verso lo schermo. Fissò accigliata Shirley Temple che ballava con lei e Jack Haley, in uniformi militari. — Forse… — disse tra sé.

— Ti avevo detto che ballare nei film è impossibile — le dissi. — Mi sbagliavo. Eccoti lì.

In quel momento lo schermo si svuotò d’immagini, e il vegliardo chiese: — E quel tizio con poncho, cappellaccio e sigaro? Lo avete?

Allungai la mano per far ripartire il disco, ma Alis si era già voltata.

— Temo che non abbiamo nemmeno Clint Eastwood. La scena dei Magnifici sette ha Steve McQueen e Yul Brynner — disse. — Vuole vederla? — E si mise a battere i codici di accesso.

— Deve raparsi? — chiese l’amico del vegliardo.

— No. — Alis afferrò camicia, pantaloni e cappello neri. — Ci pensa il digitrasparente. — Cominciò a preparare tutto per la registrazione su nastro. Spiegò al vegliardo dove mettersi e cosa fare, ignara del suo amico, che stava ancora parlando di Charles Bronson, ignara di me.

Be’, cosa mi aspettavo? Che esplodesse di gioia nel vedersi sullo schermo, che mi gettasse le braccia al collo come Natalie Wood in Sentieri selvaggi? Non avevo fatto proprio niente. Al di là del dirle che era riuscita a fare qualcosa che non aveva cercato di fare, qualcosa che aveva rifiutato su quello stesso Boulevard.

— Yul Brynner — disse disgustato l’amico del vegliardo. — È non hanno Charles Bronson.

Sullo schermo era riapparso Un giorno a New York. Alis lo fece sparire senza battere ciglio e lo sostituì con I magnifici sette.

— Vuoi Charles Bronson e ti danno Steve McQueen — mugugnò il vegliardo. — Ti costringono sempre a scegliere roba di seconda mano.

È questo che mi piace nei film. C’è sempre un personaggio secondario che ti spiega la morale della storia, nel caso uno fosse troppo fesso per arrivare a capirla da sé.

— Non ottieni mai quel che vuoi — disse il vegliardo.

— Già — dissi io. — Casa dolce casa. — E mi avviai allo scivolo.

VERA MILES: [Correndo al recinto del bestiame, dove RANDOLPH SCOTT sta sellando il cavallo] Voleva andarsene così? Senza nemmeno dirmi addio?

RANDOLPH SCOTT: [Stringendo lo straccale del cavallo] Ho una faccenda da sistemare. E lei deve prendersi cura di un giovanotto. Gli ho tolto la pallottola dal braccio, ma bisogna fasciarlo. [RANDOLPH SCOTT infila il piede nella staffa e monta a cavallo]

VERA MILES: La rivedrò? Come farò a sapere che non le è successo niente?

RANDOLPH SCOTT: Non credo che mi succederà qualcosa. [Solleva il cappello in segno di saluto] Abbia cura di sé, signora. [Tira le redini del cavallo e si avvia verso il tramonto]

VERA MILES: [urlando nella direzione di RANDOLPH SCOTT] Non dimenticherò mai quello che ha fatto per me! Mai!

Tornai a casa e mi misi al lavoro. Feci per prime le cose più importanti: riportare il rito dell’accensione della sigaretta in Perdutamente tua, rimettere l’uranio nella bottiglia di vino in Notorious, fare tornare sbronzo il cavallo di Lee Marvin in Cat Ballou. E poi mi diedi da fare coi film che mi piacevano: Ninotchka e Rio Bravo e La fiamma del peccato. E Sette spose, che tornò disponibile il giorno dopo il mio incontro con Alis. Il computer stava lanciando i suoi bip quando mi svegliai. Rimisi il drink di Howard Keel e la bottiglia di whisky nella scena iniziale, poi corsi in avanti veloce fino alla costruzione del fienile e ritrasformai la padella di fagioli in una brocca prima di guardare di nuovo Alis.

Peccato che non avessi potuto mostrarle quel film. Era rimasta tanto sorpresa all’idea di avere ingannato il cavo. Doveva avere avuto grossi problemi, e c’era poco da stupirsi: le ballerine venivano sollevate di continuo in aria, e lei non aveva uno straccio di partner. Chissà che razza di attrezzature aveva dovuto trascinare in Hollywood Boulevard, e poi sullo scivolo, per ottenere l’effetto della sospensione a mezz’aria. Sarebbe stato bello farle vedere che espressione felice avesse mentre si librava nel vuoto.

Registrai su disco la scena della costruzione del fienile. La aggiunsi alle altre, nel caso gli eredi di Russ Tamblyn o la Warner fossero ricorsi in appello, poi cancellai ogni traccia delle mie ultime mosse, nel caso Mayer si fosse messo a fare una ricerca col Cray.