— L’aereo di Carioca. Ho deciso che voglio quello.
— Un biplano? Ma non c’è bisogno di aspettare. Ci sono tonnellate di altri film con biplani. La caduta delle aquile, Ali, Avventurieri ai confini del mondo… — Si interrompe. Non sembra contenta. E già, in quel film c’è di mezzo la Cina.
— In Cina hanno lo scivolo?
— Scherzi? Sono fortunati ad avere le biciclette. E il minimo indispensabile da mangiare. Perché? — Il suo interesse si risveglia di colpo. — Hai scoperto dove sta Alis?
— No.
Hedda esita. Sta cercando di decidere se dirmi qualcosa. — L’assistente ai set è tornato dalla Cina. Dice che adesso la parola d’ordine è Rivoluzione Culturale numero tre. Roghi di libri, rieducazione. Hanno chiuso come minimo uno studio e arrestato tutti quelli che lavoravano al film.
Dovrei essere preoccupato, ma non lo sono, e Hedda, che sa tutto, parte immediatamente all’attacco.
— È tornata? Hai avuto sue notizie?
— No — rispondo, un po’ perché ho finalmente imparato a mentire a Hedda, un po’ perché è vero. Non so dove sia Alis, e non ho avuto sue notizie. Ma ho ricevuto un messaggio.
Fred Astaire è tornato disponibile un paio di volte da quando Alis è partita, una volta tra un’istanza e l’altra per otto secondi esatti, un’altra il mese scorso quando l’American Film Institute ha presentato un’ingiunzione sostenendo che Fred è patrimonio storico.
Quella volta ero pronto. Avevo registrato il numero della beguine su disco ottico, computer e nastro ed ero pronto a controllare prima ancora che il controlla-e-avverti avesse smesso di strillare.
Era notte fonda, come al solito, e all’inizio ho pensato di dormire ancora o di avere un ultimo flash.
— Ingrandisci il quadrante in alto a sinistra — ho detto, e ho guardato di nuovo. E di nuovo. E poi il mattino dopo.
Ho visto sempre la stessa cosa, e il messaggio era forte e chiaro: Alis sta bene, nonostante le sommosse e le rivoluzioni, e ha trovato un posto dove provare e qualcuno che le insegni i passi di Eleanor Powell. E tornerà qui, perché in Cina non ci sono scivoli, e quando sarà tornata ballerà la beguine con Fred Astaire.
O forse lo ha già fatto. Io l’ho vista nel numero del fienile di Sette spose sei settimane prima che lei lo eseguisse, e ne sono passate quattro da quando l’ho vista in Balla con me. Forse è già tornata. Forse lo ha già fatto.
Ma non credo. Ho promesso all’attuale James Dean di È Nata Una Stella una fornitura a vita di chocha se mi avvertirà nel caso qualcuno toccasse il digitrasparente, e Fred è ancora conteso in tribunale. E io non so quanto indietro nel tempo possa spingersi la sovrapposizione. Io l’ho semplicemente vista in Sette spose sei settimane prima che lei eseguisse il numero. Non ho modo di sapere da quanto tempo l’immagine di Alis fosse nel film. Da meno di due anni, perché la prima volta che ho guardato Quarantaduesima strada, quando ho cominciato il lavoro sull’elenco di Mayer, lei non c’era, e okay, lo so che ero sbronzo e Alis avrebbe anche potuto sfuggirmi. Ma non è stato così. Riconoscerei il suo viso ovunque.
Quindi, meno di due anni. E Hedda, che sa tutto, dice che fra tre mesi Fred sarà di nuovo disponibile.
Nel frattempo, mi tengo occupato. Faccio remake e cerco di farli bene. Sto tentando di convincere Mayer a chiedere all’ILMGM di mettere sotto copyright Ruby Keeler ed Eleanor Powell. Lavoro nella Resistenza. Ho escogitato un lieto fine per Casablanca.
La guerra è finita, e Rick è tornato a Casablanca dopo avere combattuto nella Resistenza, dopo chissà quali prove. Il Café Américain è bruciato, e non c’è più nessuno, nemmeno il pappagallo, nemmeno Sam, e Bogie resta a guardare a lungo le macerie, poi si mette a frugare in cerca di qualcosa da recuperare.
Trova il pianoforte, ma quando lo rimette in piedi metà dei tasti cadono. Pesca una bottiglia intatta di scotch dai detriti e la mette sul tavolo e comincia a cercare un bicchiere. E appare lei, ferma su quel che resta della soglia dell’ingresso.
È diversa, ha i capelli raccolti all’indietro, ed è più magra, ha un’aria più stanca. Basta guardarla per capire che Paul Henreid è morto e che lei ha sofferto molto, ma quel viso si riconoscerebbe ovunque.
Lei è lì sulla porta, e Bogie, che sta ancora cercando un bicchiere, alza gli occhi e la vede.
Niente dialoghi. Niente musica. Niente abbracci appassionati, nonostante le arretrate idee di Hedda. Soltanto loro due, che non avrebbero mai pensato di rivedersi, che stanno lì a guardarsi.
Quando avrò finito il remake, metterò a disposizione dei turi il mio finale di Casablanca a Felici E Contenti.
Nel frattempo, devo dividere i miei sfortunati innamorati e spedirli a subire disgrazie assortite, a pagare per i loro peccati. E mi occorre un aereo.
Metto il numero Anything Goes su disco e sul computer, nel caso Kate Capshaw finisse al centro di una vertenza legale, e poi raggiungo in avanti veloce il trimotore Ford e salvo anche quello, nel caso mi andasse male col biplano.
— Avventurieri ai confini del mondo — dico, poi cancello l’ordine prima che il film possa comparire.
— Simultanea. Schermo uno, Il tempio maledetto. Due, Cantando sotto la pioggia. Tre, Good News…
Recito l’intera litania, e Alis appare sugli schermi, l’uno dopo l’altro, in pantaloni e gonna larga e giubbetto verde, coda di cavallo e riccioli rossi e taglio alla maschietta. Il suo viso ha la stessa espressione in tutte le scene, attento, intenso, concentrato sui passi e sulla musica, ignaro di avere vinto le crittografie e i controlli browniani e il tempo.
— Schermo diciotto. Sette spose per sette fratelli — e lei piroetta in avanti e balza tra le braccia di Russ Tamblyn. E anche lui ha vinto il tempo. Tutti lo hanno vinto, Gene e Ruby e Fred, nonostante la morte del musical, nonostante i dirigenti degli studios e i tecno e i tribunali. Hanno vinto il tempo in un salto, un sorriso, un guizzo. Hanno catturato per un momento eterno ciò che noi vorremmo e non possiamo avere.
Ho lavorato troppo a lungo sugli strappalacrime. Devo procedere col lavoro che mi attende, scegliere un aereo, tenere pronto il sentimento per il Grande Addio dei miei innamorati.
— Cancella tutti gli schermi — dico. — Schermo centrale, Avventurieri ai confini… — e mi fermo e fisso lo schermo argenteo, con lo stesso sguardo di Ray Milland che vuole qualcosa da bere in Giorni perduti.
— Schermo centrale — dico. — Fotogramma 96-1100. Niente sonoro. Balla con me. — E mi siedo sul letto.
Ballano fianco a fianco, vestiti di bianco, persi nella musica che io non sento e nei passi che sono costati loro settimane di prove. Ballano agili, fluidi, senza sforzo. I capelli castano chiaro di lei sono illuminati da una luce che viene da chissà dove.
Alis volteggia in una piroetta, e la sua gonna bianca si gonfia nello stesso arco elegante di quella di Eleanor, controllo browniano o no, e anche quello deve averle richiesto settimane.
Al suo fianco, sereno, elegante, indifferente ai copyright e alle fusioni tra uno studio e l’altro, Fred batte coi piedi un ritmo veloce, e Alis gli fa eco, e gira la testa a sorridergli.
— Fermo immagine — dico, e lei si ferma, ancora girata, con la mano tesa che quasi tocca la mia.
Mi protendo in avanti, guardo il viso che ho continuato a vedere dalla sera che lei è apparsa sulla porta, il viso che riconoscerei ovunque. Avremo sempre Parigi.
— Avanti di tre fotogrammi e fermo immagine — dico, e lei mi scocca un sorriso felice, infinitamente promettente.