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Il signor Kinnaird aveva ripreso l’uso della vista appena la creatura aveva cominciato a defluire dal suo corpo, e per tutto il tempo era sempre stato cosciente. L’effetto della paralisi durò su di lui molto di più che non la prova fatta dal Cacciatore su Bob. Però il signor Kinnaird non aveva potuto vedere molto bene quello che era successo. Aveva sentito che Bob faceva indietreggiare la macchina poi l’aveva visto tornare indietro, un po’ troppo vicino al fuoco, secondo lui, e l’aveva seguito nei suoi movimenti ma senza capirci molto. Per tutta la strada dalla baracca allo studio del dottor Seever, il signor Kinnaird cercò invano di articolare la domanda.

Si riprese un po’ durante la corsa, tanto che riuscì a mettersi seduto eretto, e stava quasi per muovere finalmente le labbra quando la jeep si fermò di colpo davanti alla porta del medico. Bob fu felice di vedere che il padre si era quasi completamente ripreso. Nel frattempo gli era nata una nuova grave preoccupazione, quindi s’affrettò a dire: «Quello che mi è successo nella baracca non ha importanza. Voglio scoprire che cos’è successo a te, piuttosto. Ce la fai a camminare o devo aiutarti?»

Le ultime parole furono un’autentica trovata: tapparono la bocca al signor Kinnaird meglio di un lucchetto. L’uomo si alzò dignitosamente, e con altrettanta dignità smontò dalla jeep e si avviò alla porta precedendo il figlio. In circostanze normali sulla faccia di Bob si sarebbe visto un bel sorriso di trionfo, ma in quel momento la sua espressione rimase seria e preoccupata.

Dalle loro due versioni il dottor Seever si fece una idea più o meno aderente alla verità, più che altro aiutato dalle occhiate di Bob dense di significato, e alla fine ordinò al signor Kinnaird di distendersi sul lettino.

Il signor Kinnaird protestò dicendo che voleva prima sapere cos’era successo a Bob.

«Parlerò io con lui» disse il medico. «Voi distendetevi» e uscito con il ragazzo lo guardò interrogativamente.

«Sì» disse Bob. «Ma non troverete niente adesso, se non, forse, una certa scarsità di germi. Vi racconterò tutto più tardi.»

Il ragazzo aspettò finché il medico fu rientrato, poi si rivolse al Cacciatore. «Adesso che il tuo lavoro è finito, quali sono i tuoi progetti? Tornerai sul tuo mondo?»

Non posso. La mia astronave è andata completamente distrutta, fu la risposta silenziosa. E anche l’altra è irrecuperabile. Per di più io so soltanto come si pilotano le astronavi, ma sono un poliziotto e non un ingegnere astronautico! Non riuscirei a costruirne una più di quanto tu non riusciresti a costruire uno di quegli aerei sui quali abbiamo volato.

«E allora?»

Sono costretto a restare sulla Terra per tutta la vita, a meno che non arrivi un’altra astronave dal mio pianeta, probabilità tanto piccola quanto assurda. Potresti capire meglio l’impossibilità di una simile ipotesi se potessi vedere una fotografia particolareggiata della Via Lattea. In quanto poi a quello che farò e chi sarà il mio ospite, dipende da te. Gli individui della nostra razza non si affidano a chi non accetta volentieri la loro compagnia, concluse il Cacciatore. Che cosa rispondi?

Bob non rispose subito. Si voltò a guardare verso la collina, dove si levava nell’aria un sottile filo di fumo.

Quando parlò, il Cacciatore non seppe se doveva sentirsi offeso, o divertito.

«Se resti con me mi fa piacere» disse Bob. «Non mi piace il raffreddore perché dimentico sempre il fazzoletto. E già che ci sei comincia a pensare, perché tra qualche minuto da quella porta uscirà mio padre con la bocca piena di domande e lanciando fiamme dagli occhi, chiederà per prima cosa: Come diavolo è cominciato quell’incendio? Non credo che il fatto di aver soltanto quindici anni possa influire su quello che prevedo mi succederà se la mia risposta non suonerà sincera e convincente! Io ho continuato a pensarci, ma non ho trovato niente di buono, quindi ti prego, fai lavorare il tuo cervello, e se non ti viene in mente niente, allora comincia a sistemare uno dei tuoi bei tessuti protettivi sotto la mia pelle, perché ti assicuro che ce ne sarà un gran bisogno!»

FINE