I genitori raramente rimangono insieme nelle città. Laggiù la vita non si vive a coppie, ma a gruppi. Si separano, seguendo amici, interessi, professioni, e si vedono occasionalmente.
All’inizio i figli abitano con uno dei genitori, ma presto anch’essi preferiscono vivere per conto proprio e vanno ad abitare in una delle «conigliere» dei giovani, nelle comuni, nei dormitori dei college. I giovani di entrambi i sessi abitano insieme, esattamente come uomini e donne adulti.
Il sesso non ha importanza quando non c’è sessualità. Infatti, si fa tutto quel che esiste al mondo, nelle Città Sotto il Sole, tranne fare l’amore.
Amano, odiano, imparano, costruiscono, pensano molto, lavorano duro, giocano, gioiscono con passione e soffrono disperatamente; vivono una vita umana e non pensano mai al sesso, a meno che — come mi disse Kergemmeg con l’espressione del giocatore di poker -non siano filosofi.
I loro successi, i loro monumenti collettivi, sono tutti nelle Città Sotto il Sole, le cui torri e i cui edifici pubblici, come ho potuto vedere in un album di disegni mostratomi da Kergemmeg, variano dalla purezza dell’austerità alla più fervida magnificenza.
Laggiù si scrivono i loro libri, laggiù il loro pensiero e la loro religione hanno preso forma nel corso dei secoli. La loro storia e la loro continuità culturale sono laggiù.
Quel che vedono nel nord, invece, è la loro continuità come esseri viventi.
Kergemmeg mi disse che mentre erano nel sud non sentivano affatto la mancanza della sessualità. Su questo dovetti accettare la sua parola, che mi venne data, anche se a noi sembra difficile immaginarlo, come un semplice dato di fatto.
E mentre cerco di riferire qui le sue parole, mi pare sbagliato descrivere quella vita come asessuata o casta, parole che indicano una resistenza al desiderio, forzata o volontaria che sia. Ma se non c’è desiderio non c’è resistenza, non c’è astinenza, bensì quella che si potrebbe chiamare, nel senso estremo del termine, innocenza.
Per loro, la vita coniugale è un ricordo vuoto, privo di significato. Se una coppia rimane insieme, o si incontra spesso durante! la permanenza nel sud, significa che sono straordinariamente buoni amici, perché si vogliono bene. Ma vogliono bene anche agli altri amici. Non si isolano mai dagli altri. Non c’è molta privacy nelle grandi case delle città, e nessuno la desidera. Laggiù la vita è in comune, attiva, sociale, gregaria, e piena di piaceri.
Ma lentamente i giorni si fanno più caldi, l’aria più asciutta; nell’atmosfera si diffonde un’irrequietezza. Le ombre cominciano a cadere in modo diverso. E la folla si raduna nelle strade per ascoltare l’annuncio del solstizio, proclamato dai Sacerdoti dell’Anno, e per vedere il sole fermarsi, rimanere immobile e poi tornare indietro.
La gente lascia le città, singolarmente, a coppie, a famiglie intere. Ha ripreso di nuovo a muoversi quel dolce brusio degli ormoni nel sangue, quel primo vago ricordo, annuncio o richiamo, la conoscenza, da parte del corpo, dell’avvento del suo regno.
I giovani seguono ciecamente quella conoscenza senza rendersi conto di saperla già. Le coppie sposate sono spinte a riunirsi da tutti i ricordi che riaffiorano, intensamente dolci. Tornare a casa, tornare a casa e rimanere laggiù insieme!
Tutto ciò che hanno imparato e ciò che hanno fatto per tutte quelle migliaia di giorni e di notti nelle città, se lo lasciano alle spalle, impacchettato e riposto in qualche armadio. Fino a quando non ritorneranno nuovamente a sud.
«Per questo fu così facile farci deviare», mi spiegò Kergemmeg. «Perché la nostra vita nel nord e quella nel sud sono così diverse da sembrare, a voialtri, incoerenti, incomplete, e non possiamo collegarle tra loro razionalmente, non siamo in grado di spiegare o giustificare il nostro Madan a coloro che hanno un solo tipo di vita. Quando i Bayder sono giunti sul nostro piano, ci hanno detto che la nostra Via era puro istinto e che vivevamo come animali. Ci siamo vergognati di noi.»
(Più tardi ho cercato il termine usato da Kergemmeg, «Bayder», nell’Enciclopedia Planaria, dove ho trovato una voce sui Beidra del piano di Unon, un popolo aggressivo e intraprendente, con tecnologie fisiche assai progredite e che più di una volta sono incorsi nelle ire dell’Agenzia Interplanaria per avere interferito con gli altri piani. La guida turistica assegna loro il simbolo che significa «di particolare interesse per ingegneri, programmatori di computer e analisti di sistemi».)
Kergemmeg me ne parlò con una sorta di pena. Cambiò voce, parlò in tono più acuto.
Era ancora un bambino, al loro arrivo; in effetti erano i primi visitatori venuti da un altro piano. In seguito, per tutta la vita, non era mai riuscito a scordarli.
«Ci hanno detto che avremmo dovuto prendere il controllo della nostra vita. Non dovevamo vivere due mezze esistenze separate, ma vivere pienamente per tutto il tempo, per tutto l’anno, come fanno tutti gli esseri intelligenti. Erano una grande razza, piena di grandi scienze e con una vita piena di lussi e di comodità. Per loro eravamo davvero poco più che animali.
«Ci parlarono di come le altre razze vivevano nei loro pianeti e ci mostrarono le immagini. Noi capimmo che era una sciocchezza rinunciare al sesso per metà della vita. Capimmo che eravamo stupidi a consumare tanto tempo ed energia per viaggiare a piedi dal nord al sud, quando potevamo costruire navi, strade e automobili, o aeroplani, e andare avanti e indietro cento volte l’anno, se ne avevamo voglia.
«Capimmo che potevamo costruire città nel Nord e fattorie nel Sud! Perché no? Il nostro Madan era dispendioso e irrazionale, un semplice impulso animalesco che ci comandava. Per liberarcene era sufficiente prendere le medicine che i Bayder ci avrebbero dato. Quanto ai nostri figli, non c’era bisogno che prendessero medicine, perché potevano farsi alterare l’organismo dalla scienza genetica di Bayder.
«A quel punto, il nostro desiderio sessuale non ci avrebbe più lasciato, fino a tarda età, come accadeva ai Bayder. E una donna sarebbe stata in grado di concepire in qualsiasi momento prima della menopausa, persino nel Sud. E il numero dei suoi figli non avrebbe avuto limite… Erano ansiosi di darci quelle medicine. E noi conoscevamo la saggezza dei loro dottori.
«Non appena venuti da noi, ci avevano dato cure per alcune delle nostre malattie che guarivano la gente come per miracolo. Conoscevano così tante cose. Li vedevamo volare nei loro aeroplani e li invidiavamo, e ci vergognavamo di noi.
«Portarono macchine, destinate a noi. E noi cercammo di guidare sulle nostre strade strette, sassose, le loro auto. Ci mandarono ingegneri per darci ordini e noi cominciammo a costruire una grande autostrada che attraversava le Terre di Mezzo. Facemmo saltare le montagne con gli esplosivi che i Bayder ci avevano dato perché l’autostrada potesse correre in piano, e larga, da sud a nord e da nord a sud. Mio padre era uno di coloro che lavorarono sull’autostrada. Ci furono migliaia di uomini che lavorarono su quella strada, per un certo periodo. Uomini delle fattorie del Sud… solo uomini.
«Le donne dei Bayder non facevano quel tipo di lavoro. ‘Le donne devono stare a casa con i bambini’, ci dissero, ‘mentre gli uomini sono al lavoro.’»
Kergemmeg sorseggiò pensieroso il suo e fece correre lo sguardo sul mare luccicante e sul cielo punteggiato di stelle.