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In un villaggio o in una città, con gente che dorme negli edifici vicini, i frinth passano almeno una parte della notte in una variabile fantasmagoria dei loro e degli altrui sogni: trovo difficile immaginarla.

Ho chiesto a una conoscente, che abita in una piccola cittadina, di riferirmi i sogni che ricordava dalla notte precedente. Dapprima lei ha esitato, dicendo che erano sciocchezze, e gli unici sogni degni di citazione e di meditazione erano quelli «forti».

Certo era riluttante a riferire a me, un’estranea, quel che aveva luogo nella testa dei vicini. Alla fine riuscii a convincerla che il mio interesse era genuino e non voyeuristico. Lei rifletté per alcuni istanti e poi disse: «Be’, c’era una donna — nel sogno ero io, o mi pareva di esserlo; penso che fosse il sogno della moglie del sindaco, in realtà; abitano all’angolo — questa donna, comunque, cercava un bambino che le era nato l’anno scorso. L’aveva messo nel fasciatoio e se n’era scordata e adesso si preoccupava (mi preoccupavo) per lui. Gli aveva dato da mangiare? Dall’anno scorso? Oh, ti assicuro, siamo proprio sciocchi nei sogni!

«E poi, oh, certo, c’è stata un’orribile discussione tra un uomo nudo e un nano, erano dentro una cisterna vuota. Può darsi che quello fosse il mio sogno, almeno all’inizio, perché conosco quella cisterna. Era nella fattoria di mio nonno e mi nascondevo al suo interno quando ero piccola. Ma tutt’e due si sono trasformati in lucertole, mi pare. E poi… oh, vero!» Scoppiò a ridere. «Ero schiacciata sotto un paio di seni enormi, immensi, con i capezzoli appuntiti. Penso che fosse il ragazzo quindicenne della porta accanto, perché ero terrorizzata, ma anche estasiata.

«E che altro c’era? Oh, un topo, era delizioso e non sapeva della mia presenza, e stavo per saltare, ma a quel punto è successo qualcosa di orribile, un incubo — una faccia senza gli occhi… e mani enormi, pelose, che cercavano di afferrarmi — e poi ho sentito gridare la bambina dei vicini, quella che ha tre anni, perché mi sono svegliata anch’io. La povera piccola fa molti brutti sogni, ci fa impazzire tutti. Oh, non voglio pensare a quell’incubo. È una fortuna che dimentichiamo la maggior parte dei sogni. Non sarebbe orribile, se dovessimo ricordarli tutti?»

Il sogno è un’attività ciclica, non continuativa, e perciò nelle piccole comunità ci sono ore in cui, per così dire, il teatro del sogno è spento.

Il sonno REM tra gruppi locali, ormai stabili, di frinth tende a sincronizzarsi. Quando il ciclo raggiunge il punto più alto, pressappoco cinque volte per notte, numerosi sogni possono svolgersi nello stesso tempo nella testa di ciascuno, mescolandosi e influenzandosi reciprocamente con la loro logica folle e indiscutibile, cosicché — come lo descrisse la mia amica del villaggio — si scopre la bambina dentro la cisterna e il topo si rifugia in mezzo ai seni, mentre il mostro privo di occhi scompare nella polvere sollevata da un maiale che trotterella davanti a noi in un nuovo sogno, forse quello di un cane, dato che la forma del maiale è un po’ indistinta, ma se ne avverte con grande precisione l’odore. Dopo questi episodi sopraggiunge un periodo in cui tutti possono dormire pacificamente, dove non succede nulla di emozionante.

Nelle città dei frinth, dove ogni notte si è a portata dei sogni di centinaia di persone, gli strati e le sovrapposizioni delle immagini prive di importanza, mi si dice, è così continua e confusa che i sogni si eliminano reciprocamente, come pennellate di colore applicate una sull’altra, senza un piano preciso; anche i propri sogni si confondono immediatamente fino a dare emozioni prive di significato, come se li vedessi su uno schermo dove si proietta un altro centinaio di film, e mescolando insieme le loro colonne sonore. Solo occasionalmente un gesto o una voce echeggiano chiari per un momento, oppure un sogno erotico estremamente vivido, un incubo particolarmente orribile, portano tutti i sognatori del vicinato a sospirare, eiaculare, rabbrividire o svegliarsi senza fiato.

I frinth che fanno sogni assai preoccupanti o sgradevoli dicono che amano vivere in città per il semplice motivo che i loro sogni si perdono nel minestrone, come lo chiamano loro.

Altri, invece, sono scossi dal costante rumore onirico di fondo e odiano passare anche solo poche notti in una metropoli.

«Detesto dover fare i sogni degli estranei!» mi disse la mia informatrice di villaggio. «Ugh! Quando torno a casa dalla città, vorrei potermi lavare l’interno della testa!»

Anche sul nostro piano, spesso i bambini piccoli hanno difficoltà a capire che le esperienze da loro vissute un momento prima di svegliarsi, non sono «reali». L’esperienza deve essere ancor più stupefacente per i bambini dei frinth, nel cui sonno innocente penetrano le sensazioni e le preoccupazioni degli adulti: incidenti che rivivono, dolori che ritornano, violenze che si ripresentano sulla scena, conversazioni colleriche con persone morte da cinquant’anni.

Ma gli adulti sono sempre disposti a rispondere alle domande dei bambini sui sogni condivisi, a esaminarli e a definirli sempre come sogni anche se non dicono mai che non sono reali.

Nel linguaggio dei frinth non ci sono parole corrispondenti a «irreale»; la parola che più vi si avvicina significa «senza corpo». Cosi i bambini imparano a vivere con gli incomprensibili ricordi degli adulti, le loro azioni indescrivibili e le loro emozioni inesplicabili, un po’ come i bambini del nostro piano che crescono in mezzo alla terribile assurdità della guerra civile o in tempi di carestia o di pestilenza; ovvero come i bambini dappertutto e in ogni momento.

I giovani imparano quel che è reale e quello che non lo è, quello che devono notare e quello che devono ignorare: è una tattica di sopravvivenza.

È difficile per un estraneo giudicare, ma la mia impressione è che i bambini dei frinth maturino precocemente, sotto l’aspetto psicologico. A sei o sette anni, gli adulti li trattano già come loro uguali.

Quanto agli animali, nessuno sa quale influenza abbiano i sogni umani a cui evidentemente partecipano. Gli animali domestici dei frinth mi sembrano straordinariamente docili, fiduciosi e intelligenti. In genere sono accuditi bene. Il fatto che i frinth condividano i sogni con i loro animali potrebbe spiegare perché usano questi ultimi per portare carichi e per l’aratura, per la lana e per il latte, ma non come carne.

I frinth dicono che gli animali sono più sensibili degli uomini nel ricevere i sogni e che riescono a captare anche i sogni di persone degli altri piani. I contadini frinth mi hanno assicurato che i loro bovini e suini sono profondamente turbati dalla visita di persone provenienti da piani carnivori.

Quando mi sono fermata a dormire in una fattoria della Valle Enya, nel pollaio c’è stato un gran fermento per buona parte della notte. Io pensavo che fosse colpa di una volpe, ma i miei ospiti mi hanno assicurato che era colpa mia.

Le persone che hanno mescolato i loro sogni per tutta la vita, dicono che spesso non sanno dire dove sia iniziato il sogno, se sia originariamente loro o di altri, ma all’interno di una famiglia o di un piccolo villaggio l’autore di un sogno particolarmente erotico o ridicolo può essere riconosciuto fin troppo facilmente. Le persone che si conoscono bene possono riconoscere il sognatore-origine dal tono o dagli avvenimenti del sogno, dal suo stile… però, quando lo sognano, diventa anche un loro sogno.

Ogni sogno può quindi prendere forma diversa in ciascuna mente. E, come accade anche a noi, la personalità del sognatore, l’Io onirico, è spesso tenue, mascherata in modo strano, o imprevedibilmente diversa dalla personalità della veglia. Solo i sogni misteriosi o quelli con un forte effetto emotivo possono essere discussi.

Noi potremmo pensare che i frinth abbiano ben poca privacy psichica; ma sono protetti dalla loro amnesia comune, oltre che dal dubbio sull’origine di un particolare sogno e dall’oscurità del sogno stesso. I loro sogni sono davvero proprietà comune.