Выбрать главу

Altri seguono dappertutto le guide o i padroni di casa asonu durante le faccende domestiche e parlano loro, un’ora dopo l’altra, confidandogli tutta la propria esistenza, estasiati dall’avere finalmente trovato un ascoltatore che non li interrompe, non fa commenti e non ribatte con la notizia che sua cugina è stata operata di un tumore ancora più grosso del tuo. E dato che queste persone conoscono poche parole di Asonu e parlano sempre nella propria lingua, evidentemente non sono turbate dall’interrogativo che cruccia alcuni visitatori: «Dato che gli asonu non parlano, sono veramente in grado di ascoltare?»

Gli asonu certamente odono e capiscono quel che è detto nella loro lingua, dato che rispondono senza difficoltà ai figli, o indicano la direzione, con un gesto, ai turisti che li interrogano parlando l’Asonu con esitazione e con una cattiva pronuncia, o lasciano precipitosamente un edificio se qualcuno grida: «Al fuoco!» Ma una domanda è tuttora in attesa di risposta: ascoltano davvero i discorsi descrittivi, le conversazioni dei turisti, fatte «per socializzare», o si limitano a udire i suoni mentre, silenziosamente, prestano attenzione a qualcosa di diverso dalle parole? Il loro comportamento cordiale e, almeno visibilmente, privo di preoccupazioni appare ad alcuni osservatori come la placida superficie sotto cui si nasconde una profonda preoccupazione, un’attenzione costante, simile a quella di una madre che, mentre accoglie gli ospiti o si prende cura delle esigenze del marito, tende in ogni istante l’orecchio in modo da poter udire il pianto del figlio, che è nella culla in un’altra stanza.

Vedere in questo modo gli asonu porta quasi inevitabilmente a interpretare il loro silenzio come una maschera. Crescendo, dice ancora la supposizione, smettono di parlare perché ascoltano qualcosa che noi non sentiamo, un segreto nascosto dietro il loro silenzio.

Alcuni visitatori del loro mondo sono convinti che le labbra di questa popolazione silenziosa siano chiuse per una conoscenza altrettanto preziosa quanto celata: un tesoro spirituale, un messaggio al di là delle parole, forse anche quell’estrema rivelazione promessa da tante religioni e spesso — a dire il vero — donata e percepita, ma sempre in una forma che sfida qualsiasi tentativo di comunicazione. Le conoscenze trascendenti del mistico non si possono esprimere nelle lingue terrene. Può darsi che sia proprio questa ragione a spingere gli asonu a evitare la parola.

Può darsi che tacciano perché, se parlassero, non rimarrebbe più nulla d’importante da dire.

I credenti nella Sapienza degli Asonu hanno seguito per anni singoli individui, in attesa di sentir loro pronunciare una delle loro rare parole, e poi le hanno trascritte, registrate nei loro repertori, le hanno studiate, ordinate e collazionate, vi hanno trovato significati arcani e corrispondenze numerologiche, il tutto alla ricerca di messaggi segreti.

Ad alcuni, comunque, quelle parole non parevano importanti quanto ci si sarebbe aspettati dalla loro rarità: per loro si sarebbero potute etichettare anche come «banali».

Non esiste forma scritta della lingua Asonu, e la traduzione delle loro frasi è considerata talmente incerta che i traduttori automatici non vengono offerti ai turisti, gran parte dei quali, comunque, non li vorrebbe.

Coloro che vogliono imparare l’Asonu possono apprenderlo soltanto ascoltando e imitando i bambini che però, verso i sei o sette anni, diventano sempre più ritrosi quando si chiede loro di parlare.

Qui di seguito riporto gli Undici Detti dell’Anziana di Isu, raccolti nel corso di quattro anni da un devoto dell’Ohio, il quale aveva già dedicato sei anni allo studio della lingua presso i bambini del Gruppo Isu.

Tra l’una e l’altra delle frasi passarono mesi di silenzio; in particolare, tra la quinta e la sesta, dovettero trascorrere due anni.

1. Qui no.

2. È quasi pronto (o: Siate pronti tra poco).

3. Imprevisto!

4. Non cesserà mai.

5. Sì.

6. Quando?

7. Molto bene.

8. Chissà.

9. Presto.

10. Scotta! (o: Troppo caldo!).

11. Non cesserà.

Il devoto inserì queste undici frasi entro un credo o testamento spirituale che, secondo lui, l’Anziana gli aveva comunicato, poco alla volta, nel corso degli ultimi quattro anni di vita. L’Interpretazione dell’Ohio dei Detti dell’Anziana di Isu è la seguente.

(1) Ciò che noi cerchiamo non è in alcun oggetto o in alcuna esperienza della nostra vita terrena. Noi viviamo tra mere apparenze, senza oltrepassare la soglia della Verità Spirituale. (2) Dobbiamo essere pronti per Essa come Essa è pronta per noi, perché (3) giungerà quando meno ce la aspetteremo. La nostra percezione della Verità è improvvisa come il baleno del fulmine, ma (4) la Verità in sé è eterna e immutabile. (5) E invero dobbiamo con speranza e ottimismo e con spirito affermativo, (6) chiederci senza sosta: «Quando, quando mai troveremo ciò che cerchiamo?» (7) Poiché infatti la Verità è la medicina della nostra anima, la conoscenza del bene assoluto. (8, 9) Potrebbe giungere molto presto. Forse è già in arrivo, in questo stesso momento. (10) E. suo calore e il suo chiarore sono pari a quelli del sole, ma il sole si spegnerà, mentre la Verità non perirà mai. (11) Il calore, la luce e il bene della Verità non cesseranno mai né mai ci tradiranno.

Una diversa interpretazione dei Detti può nascere dalle circostanze in cui l’Anziana ha parlato: circostanze fedelmente annotate dal devoto dell’Ohio, la cui pazienza era pari solo a quella dell’Anziana stessa.

1. Detto a bassa voce mentre l’Anziana frugava in un baule di vestiti e di decorazioni.

2. Rivolto a un gruppo di bambini la mattina, poco prima di una cerimonia.

3. Pronunciato con una risata, nel salutare la sorella minore che ritornava allora da un lungo viaggio.

4. Detto il giorno dopo la sepoltura della sorella dell’Anziana.

5. Detto mentre abbracciava il cognato, qualche giorno dopo il funerale.

6. Rivolto a un «medico» asonu che tracciava con la sabbia bianca e nera un disegno del «corpo-spirito» dell’Anziana. Quei disegni parrebbero avere una funzione curativa e insieme diagnostica, ma noi disponiamo di pochissime informazioni. L’osservatore riporta la diagnosi del medico: una breve linea curva che usciva dall’ombelico della figura del corpo-spirito. Questa, però, potrebbe essere la personale interpretazione, data dall’osservatore, di quella che non era affatto una risposta.

7. Detto a un bambino che aveva intrecciato un tappeto di giunchi.

8. In risposta a una nipotina che le aveva chiesto: «Vieni anche tu alla grande festa, nonna?»

9. In risposta alla stessa bambina, che le aveva chiesto: «Devi anche tu essere morta come la zia-nonna (prozia)?»

10. Detto a un bambino piccolo, che, mentre camminava a quattro zampe, si era avvicinato a un fuoco e non si era accorto delle fiamme a causa della luce solare.

11. Ultime parole dell’anziana, pronunciate il giorno prima della morte.

Gli ultimi sei Detti sono stati pronunciati nell’ultimo mezzo anno di vita dell’Anziana, come se l’avvicinarsi della morte l’avesse resa più loquace. Cinque dei Detti erano rivolti a bambini nell’età della parola, o almeno sono stati pronunciati in loro presenza.

Una frase pronunciata da un adulto deve essere molto impressionante per un bambino asonu. Come i linguisti stranieri, i bambini asonu imparano la lingua ascoltando i compagni più grandicelli. La madre e gli altri adulti invitano il bambino a parlare grazie unicamente all’attenzione con cui lo ascoltano e con la risposta pronta, affezionata e priva di parole.

Gli asonu vivono in gruppi assai legati tra loro, in famiglie allargate che hanno frequenti contatti con altri gruppi. La loro vita di pastori, al seguito delle grandi greggi di anamanu che forniscono loro lana, cuoio, latte e carne, li porta a un circuito stagionale nomadico e continuo, all’interno di un vasto territorio comune, montuoso e collinare. Le famiglie lasciano spesso i loro gruppi per viaggiare e per fare visita ad altri gruppi. In occasione delle grandi festività e delle grandi cerimonie di guarigione e di rinnovamento, parecchi gruppi rimangono insieme per giorni o per settimane, ospitandosi reciprocamente.