— Ti giuro di mantenere il silenzio. Quanto a capire, ci proverò.
Fedoroff appoggiò i gomiti sulle ginocchia, serrando convulsamente le mani. — È qualcosa di personale, capisci — cominciò lentamente e con alti e bassi di voce. — Non che sia nulla d’importante. Mi passerà subito. È semplicemente… quell’ultima trasmissione che abbiamo captato… mi ha sconvolto.
— La musica?
— Sì, la musica. Un rapporto segnale-rumore troppo basso per la televisione. Quasi troppo basso per essere suono. L’ultimo che avremo ricevuto, Ingrid figlia di Gunnar, prima di arrivare al nostro obiettivo e ricominciare a ricevere messaggi, vecchi di una generazione. Sono sicuro che è stato l’ultimo. Quei pochi minuti di musica, vacillante, che a tratti spariva, che si riusciva a udire a malapena nel crepitio delle stelle e dei raggi cosmici… quando abbiamo perso quella musica, ho capito che non ne avremmo ricevuta altra.
A Fedoroff mancò la voce. Lindgren attese.
L’uomo si riscosse. — Per caso era una ninna-nanna russa — disse. — Mia madre me la cantava per addormentarmi.
La donna gli appoggiò una mano sulla spalla e la lasciò li, leggera come una piuma.
— Non credere che voglia abbandonarmi a un eccesso di autocommiserazione — aggiunse Fedoroff frettolosamente. — Per un attimo mi sono ricordato dei miei morti in modo fin troppo vivo. Mi passerà.
— Forse capisco — mormorò Ingrid.
Fedoroff era al suo secondo viaggio interstellare. Era andato su Delta del Pavone. I dati forniti dalle sonde inviate in esplorazione davano quasi per certa l’esistenza di un pianeta simile alla Terra e la spedizione era perciò partita animata da molte speranze. La realtà si era rivelata così terrorizzante, così simile a un incubo che i sopravvissuti avevano dato prova di un eroismo eccezionale rimanendo a studiare il pianeta per il minimo tempo previsto. Al loro ritorno, erano trascorsi per loro dodici anni; ma la Terra era invecchiata di quarantatré.
— Dubito che tu ci riesca, davvero — e Fedoroff si girò a guardarla. — Ci aspettavamo che la gente fosse morta al nostro ritorno. Ci aspettavamo un cambiamento. Se non altro, fui travolto dalla gioia al primo momento perché potevo riconoscere alcuni quartieri della mia città: la luce della luna sui canali del fiume, le cupole e le torri della cattedrale Kazan, Alessandro e il Bucefalo che si innalzavano sul ponte che porta al Nevsky Prospect, i tesori dell’Hermitage… — Distolse lo sguardo e scosse stancamente la testa. — Ma la vita in sé… Questa era troppo diversa. L’impatto con questo nuovo tipo di esistenza fu come… come vedere una donna che si era amata ridotta a fare la prostituta. — Rise sguaiatamente. — Esattamente così! Ho lavorato nello spazio per cinque anni, per quanto ero capace, ricerche e nuovi miglioramenti da apportare al motore Bussard, come puoi ricordare. Il mio scopo principale era guadagnarmi il posto che ora occupo. Possiamo sperare in un nuovo inizio su Beta Tre.
Le sue parole divennero un borbottio quasi incomprensibile: — Poi la cantilena di mia madre mi ha raggiunto. Per l’ultima volta. — Si portò la bottiglia alle labbra.
Lindgren lasciò passare un paio di minuti prima di parlare:
— Adesso posso capire, Boris, almeno in parte, perché sei rimasto tanto sconvolto. Ho studiato un po’ di socio-storia. Quando tu eri un ragazzo, la gente era meno… be’, meno rilassata. Avevano riparato i danni prodotti dalla guerra in molti paesi e avevano favorito l’incremento demografico e posto sotto controllo il disordine civile. Ormai si stavano preparando a nuove imprese, progetti fantastici, sulla Terra come nello spazio. Nulla sembrava impossibile. Al centro di questo élan c’era uno spirito di duro lavoro, patriottismo, dedizione. Suppongo che tu avessi due divinità che servivi con tutto il tuo cuore, Padre Tecnica e Madre Russia. — La mano della donna scivolò dalla spalla di Fedoroff fino alla sua mano, dove si fermò. — Sei tornato — continuò, — e a nessuno sembrava importare.
L’uomo annuì. Con i denti si tormentò il labbro inferiore.
— Per questo oggi disprezzi le donne? — chiese Ingrid. Egli sobbalzò. — No! Mai!
— Allora, perché mai nessuna delle tue relazioni è durata più di una settimana o due… e nella maggioranza dei casi si è trattato ogni volta di un semplice passatempo? — replicò la donna in tono di sfida. — Perché ti trovi a tuo agio e diventi allegro soltanto in mezzo agli uomini? Credo che a te non interessi conoscere la nostra metà della razza umana se non come corpi. Non ritieni che ci sia qualcos’altro che valga la pena di conoscere in noi. E ciò che hai detto un momento fa, a proposito delle prostitute…
— Quando sono tornato dal Delta del Pavone desideravo trovarmi una vera moglie — rispose Fedoroff con voce strozzata.
Lindgren sospirò. — Boris, i costumi cambiano. Dal mio punto di vista, tu sei cresciuto in un periodo di irragionevole puritanesimo. Ma era soltanto una reazione a un precedente modo di essere che si era spinto forse un po’ troppo oltre; e ancora prima… Non importa. — Scelse le parole con cura. — Il fatto è che l’uomo non è mai rimasto fedele a un solo ideale. L’entusiasmo di massa di quando tu eri giovane ha lasciato il posto a un classicismo freddo e raziocinante. Oggi questo è stato sommerso a sua volta da una specie di neoromanticismo. Dio sa dove andremo a finire. Io personalmente non sarò capace di approvare i possibili sviluppi. Ma, noncuranti, le giovani generazioni crescono. Noi non abbiamo diritto di costringerle nei nostri vecchi schemi. L’universo è troppo vasto.
Fedoroff rimase immobile e silenzioso per tanto tempo che la donna fece per alzarsi e andarsene. Ma allora, di colpo, egli si girò, la prese per un polso e la spinse di nuovo a sedere accanto a lui. Poi, faticosamente, parlò: — Vorrei conoscerti, Ingrid, come essere umano.
— Ne sono felice.
La piega della bocca dell’uomo si fece dura. — Ora però è meglio che tu vada — continuò. — Stai con Reymont e non voglio creare guai.
— Anch’io voglio che tu mi sia amico, Boris — disse la donna. — Ti ho ammirato dal primo momento in cui ci siamo conosciuti. Coraggio, competenza, gentilezza… cos’altro c’è da ammirare in un uomo? Vorrei che tu riuscissi a mostrare queste tue virtù ai tuoi compagni di viaggio di sesso femminile.
Egli allentò la stretta. — Ti invito ad andartene.
Ingrid lo guardò. — Se lo faccio — chiese, — e ci ritroviamo a parlare insieme un’altra volta, ti troverai a tuo agio con me?
— Non so — rispose Fedoroff. — Lo spero, ma non lo so.
Ingrid ci pensò un attimo. — Cerchiamo di assicurarcene — suggerì alla fine, gentilmente. — Non ho il dovere di trovarmi da qualche altra parte per il resto del mio periodo di servizio.
CAPITOLO SESTO
Ogni scienziato a bordo della Leonora Christine aveva pianificato almeno un progetto di ricerca per avere qualcosa su cui impegnarsi mentalmente nei previsti cinque anni di viaggio. Il progetto di Emma Glassgold consisteva nel tracciare la base chimica della vita su Epsilon Eridani Due. Dopo aver riordinato l’equipaggiamento necessario, ella aveva cominciato a porre nelle varie fasi sperimentali i prototipi e le colture dei tessuti. Nel tempo previsto aveva ottenuto i prodotti di reazione e ora aveva bisogno di sapere esattamente che cosa questi fossero. Norbert Williams era il tecnico di laboratorio che faceva le analisi per tutti coloro che ne avessero bisogno.
Un giorno, quando il primo anno stava ormai per finire, egli portò il suo rapporto sul più recente esemplare di Glassgold nel laboratorio dove lavorava la donna. Aveva deciso di farlo di persona, perché le molecole ottenute erano strane e sia l’uomo sia la donna ne erano molto eccitati e interessati, tanto da continuare spesso per ore a discutere i risultati. Ma la conversazione finiva sempre più per accentuarsi su altri argomenti.