Выбрать главу

La Leonora Christine avrebbe potuto cercare una destinazione meno remota, per la quale disponeva di tabelle, di dati più sicuri. Ma — avendo presente che a valori ultra-bassi di tau l’astronave non era molto maneggevole — una simile rotta l’avrebbe portata attraverso una regione meno ricca di materia, nel clan composto dalla Via Lattea, Andromeda e la Vergine. Avrebbe ottenuto così una velocità inferiore; mentre ora stava sfrecciando a una velocità così prossima a c che ogni incremento rappresentava una differenza significativa. Paradossalmente, facendo riferimento al tempo a bordo dell’astronave, ne avrebbero impiegato di più per giungere al più vicino obiettivo possibile che per arrivare a quella lontana destinazione.

E non si sapeva neppure quanto a lungo avrebbero potuto resistere i passeggeri dell’astronave.

L’allegria prodotta dall’avvenuta riparazione del deceleratore fu di breve durata. Infatti nessuna delle due metà del modulo Bussard poteva funzionare nello spazio tra i clan. Qui il gas primordiale era alla fine diventato troppo rarefatto. Perciò la nave avrebbe dovuto andare per settimane a motore spento su una traiettoria scelta dalla fantastica legge balistica della relatività. All’interno dello scafo c’era l’imponderabilità. Alcuni avevano fatto presente la possibilità di servirsi dei propulsori laterali a ioni per imprimere un movimento rotatorio all’astronave e produrre così una pseudogravità centifruga. Ma, nonostante le sue dimensioni, ciò avrebbe generato effetti radiali e di Coriolis che erano troppo fastidiosi. L’astronave non era stata disegnata per sopportare tali inconvenienti, né i suoi passeggeri erano stati addestrati a tanto.

Dovevano perciò sopportare le settimane che passavano, mentre fuori trascorrevano epoche geologiche.

Reymont aprì la porta della sua cabina. La stanchezza l’aveva reso disattento. Appoggiandosi un po’ troppo pesantemente alla paratia, lasciò andare la presa manuale e fu sospinto via. Per un attimo roteò a mezz’aria. Poi andò a sbattere contro la parete opposta del corridoio, si diede una spinta e ripiombò dall’altra parte. Una volta all’interno della cabina, riuscì ad afferrare un’altra sbarra di sostegno prima di chiudersi la porta alle spalle.

A quell’ora, si aspettava che Chi-Yuen Ai-Ling fosse addormentata. Ma la donna fluttuava sveglia nella cabina, alcuni centimetri sopra i loro letti riuniti, ancorata al suolo da un cavo. Non appena Reymont entrò, ella spense lo schermo collegato alla biblioteca con una tale sveltezza da far capire che in realtà non stava prestando molta attenzione al libro che vi veniva proiettato.

— Neanche tu? — La domanda di Reymont rimbombò nella cabina. Da tanto tempo si erano abituati al pulsare del motore e alla forza d’accelerazione che la caduta libera riempiva l’astronave di silenzio.

— Cosa? — Il sorriso di Chi-Yuen era forzato e turbato. Ultimamente avevano avuto scarsi rapporti. Reymont aveva troppo lavoro da sbrigare, in quelle mutate condizioni: organizzare, ordinare, blandire, predisporre, pianificare. Si recava nella sua cabina soltanto per approfittare di quel minimo di riposo di cui gli era possibile godere.

— Sei diventata anche tu incapace di riposare a gravità zero? — egli le chiese.

— No. Cioè, posso riposare. Uno strano tipo di sonno, leggero, popolato di sogni, ma dopo sembro stranamente riposata.

— Bene — sospirò Reymont. — Si sono verificati altri due casi.

— Di insonnia, vuoi dire?

— Sì. Al limite del collasso nervoso. Ogni volta che riescono a prendere sonno, lo sai, si svegliano di nuovo gridando. Incubi. Non sono sicuro se sia stata l’imponderabilità da sola a far questo o se è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non lo sa neppure Urho Latvala. Sono stato proprio ora a parlare con lui. Voleva la mia opinione su che cosa si debba fare, ora che sta per rimanere a corto di psicodroghe.

— Che cosa gli hai suggerito?

Reymont fece una smorfia. — Gli ho indicato chi, a mio parere, doveva averle incondizionatamente e chi invece poteva sopravvivere senza, almeno per un po’.

— Il guaio non è soltanto l’effetto psicologico, te ne sarai reso conto — disse Chi-Yuen. — È la fatica. Pura stanchezza fisica, per dover cercare di far qualcosa in un ambiente in cui la gravità è zero.

— Certo. — Reymont accavallò una gamba attorno alla sbarra per mantenersi fermo e cominciò a togliersi i vestiti. — Uno sforzo del tutto inutile. Gli astronauti di professione, oltre a te e a me e a pochi altri, sanno come cavarsela. Non arriviamo allo sfinimento per il solo tentativo di coordinare i muscoli. Sono quegli scienziati abituati a stare sempre con i piedi per terra che si sfiancano.

— Quant’altro tempo ci vorrà, Charles?

— In simili condizioni? Chissà! Hanno previsto di riattivare domani i campi di forza, alla minima potenza dell’apparato energetico interno: una precauzione, nel caso dovessimo colpire del materiale più denso prima di quanto ci si aspetti. L’ultima valutazione che ho sentito, a proposito del momento in cui dovremmo raggiungere i margini esterni del clan, è una settimana.

La donna sembrò rilassarsi, sollevata. — Possiamo sopportarlo. E poi… cercheremo la nostra nuova patria.

— Speriamolo — brontolò Reymont. Mise via gli abiti, rabbrividì leggermente anche se l’aria era tiepida e prese un pigiama.

Chi-Yuen trasalì. Il suo fluttuare nell’aria si fermò con uno scossone perché il cavo che la teneva era teso al massimo. — Che cosa vuoi dire con questo? Non lo sai con certezza?

— Ascolta, Ai-Ling — rispose Reymont in tono esausto, — tu sei stata informata come chiunque altro dei nostri problemi di strumentazione. Come diavolo puoi aspettarti una risposta esatta a ogni cosa?

— Mi dispiace…

— Gli ufficiali sono da biasimare se i passeggeri non prestano ascolto ai loro rapporti, se non vogliono capire? — La voce di Reymont si alzò di tono, piena di rabbia. — Alcuni di voi stanno di nuovo crollando. Altri si sono barricati dietro l’apatia, o la religione, o il sesso o qualunque altra cosa, finché nulla più viene registrato nella loro memoria. La maggior parte di voi… be’, era salutare impegnarsi su quei progetti R D, ma poi è diventata una reazione di difesa, un altro modo di restringere il campo delle cose cui prestare attenzione fino a escludere il grande universo cattivo. E ora che la caduta libera vi impedisce di continuare questo lavoro, voi allo stesso modo vi trascinate nelle vostre graziose tane. — Inveì: — Avanti, fate quel che volete. Bastardi tutti quanti siete. Soltanto, non venite più a tormentarmi. Hai sentito?

Si infilò il pigiama, si portò fino al letto e si agganciò la cintura di sicurezza attorno alla vita. Chi-Yuen si mosse verso di lui per abbracciarlo.

— Oh, amore — sussurrò. — Mi dispiace. Sei tanto stanco, è vero?

— È dura per tutti noi — replicò Reymont.

— Soprattutto per te. — Le dita della donna seguirono il contorno degli zigomi che si profilavano sotto la pelle tesa, le profonde rughe, gli occhi incavati e striati di sangue. — Perché non rispondi?

— Mi piacerebbe.

Chi-Yuen manovrò il corpo dell’uomo in modo che assumesse una posizione distesa, poi gli si fece ancora più vicina. I suoi capelli fluttuavano sul viso di Reymont, odorosi di sole terrestre. — Provaci — disse la donna. — Puoi farcela. Per te non è piacevole non sentire più il peso del corpo?

— Sì… sì, in un certo senso… Ai-Ling, tu conosci molto bene Iwasaki. Pensi che riesca a tirare avanti senza tranquillanti? Il dottore e io non ne siamo sicuri.

— Zitto. — Il palmo della mano femminile gli coprì la bocca. — Non dire più nulla.

— Ma…

— No, non ti risponderò. La nave non cadrà a pezzi se tu ti concederai una notte di sonno.