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«Possiamo sperare che i nobili Tully si fermino a seppellire le puttane defunte.» Jaime non era ansioso di tornare nella cella buia. “Al mio posto, Tyrion tirerebbe fuori qualche idea ingegnosa. Ma l’unica cosa che viene in mente a me è andargli addosso con la spada in pugno.”

L’intera ora successiva fu una specie di partita al gatto col topo con la nave inseguitrice. Una partita giocata cercando rifugio dietro promontori, attorno a piccole isole boscose. Proprio quando stavano cominciando a sperare di aver guadagnato un certo vantaggio, la vela tornò a far capolino in lontananza. Ser Cleos interruppe le vogate. «Che gli Estranei se li portino alla dannazione!» Si asciugò il sudore dalla fronte.

«Rema!» impose Brienne.

«È una galea fluviale che ci sta inseguendo» dichiarò Jaime dopo essere rimasto a osservare per un po’. A ogni vogata, lo scafo sembrava farsi più grande. «Nove remi per parte, il che vuole dire diciotto uomini. Di più, se oltre ai rematori hanno a bordo anche dei guerrieri. E vele più grandi della nostra. Non riusciremo a fuggire.»

Ser Cleos si bloccò a metà remata. «Diciotto, hai detto?»

«Sei per ognuno di noi. Io ne potrei uccidere otto, ma questi braccialetti…» Jaime sollevò i polsi incatenati «m’impacciano leggermente nei movimenti. A meno che lady Brienne non voglia essere così cortese da togliermi i ceppi.»

Lei lo ignorò, spingendo con ancora più forza sui remi.

«Abbiamo metà notte di vantaggio su di loro» riprese Jaime. «Loro remano dall’alba, con pause di due remi alla volta. Saranno esausti. Aver avvistato la nostra vela gli ha dato una sferzata d’energia, ma non durerà. Dovremmo riuscire a ucciderne molti.»

Ser Cleos si lasciò sfuggire un singulto. «Ma sono… diciotto

«Più probabile venti, o anche venticinque.»

«È assurdo sperare di poter sconfiggere diciotto uomini» gemette Cleos.

«Ho forse detto questo? Il meglio che possiamo sperare è morire con la spada in pugno.» Jaime Lannister era del tutto sincero. Non aveva mai avuto paura della morte.

Brienne cessò di remare. Il sudore le aveva incollato alla fronte ciuffi di capelli color sabbia, l’espressione tirata la faceva apparire ancora più brutta. «Tu ti trovi sotto la mia protezione» la sua voce, incrinata dalla rabbia, era quasi un ringhio.

Davanti a tale fierezza, Jaime non poté fare a meno di ridere. “È come il Mastino con le tette. O quanto meno lo sarebbe… se non fosse piatta come una tavola.” «E allora proteggimi, donzella. O liberami, in modo che possa proteggermi da solo.»

La galea continuava ad avanzare lungo il fiume, simile a una grande libellula di legno. L’acqua attorno allo scafo ribolliva di spuma a causa del ritmo furibondo dei remi. Era sempre più vicina e si vedevano uomini radunati sulla tolda. Il metallo che brandivano scintillava al sole. Jaime distinse anche degli archi. “Arcieri.” Odiava gli arcieri.

A prua della nave in avvicinamento c’era un uomo massiccio, dal cranio calvo, con spesse sopracciglia castane e forti braccia muscolose. Sopra la maglia di ferro, indossava una lurida tunica bianca con l’emblema di un salice piangente su fondo verde pallido. La sua cappa era trattenuta da un fermaglio d’argento a forma di trota. “Il comandante delle guardie di Delta delle Acque.” In gioventù, ser Robin Ryger era stato un guerriero decisamente tenace. Ma quei giorni erano passati: oggi aveva la stessa età di Hoster Tully, ed era invecchiato assieme al suo signore.

Le due navi furono a cento piedi una dall’altra. Jaime si portò le mani ai lati della bocca e gridò sull’acqua: «Ser Robin! Sei venuto ad augurarmi buon viaggio?».

«Sono venuto a riportati indietro, Sterminatore di re!» tuonò ser Robin Ryger. «Com’è che ti sei perso i tuoi capelli biondi?»

«L’idea è accecare i nemici con il riflesso del mio cranio. Con te ha funzionato bene.»

Ser Robin non trovò la battuta divertente. La distanza tra i due scafi si era ridotta a quaranta iarde. «Gettate i remi e le armi nel fiume, e a nessuno verrà fatto del male.»

Ser Cleos si contorse all’indietro. «Jaime, diglielo… Digli che è stata lady Catelyn a liberarci… Uno scambio di prigionieri, equo…»

Jaime glielo disse. Ma non servì a niente.

«Non è Catelyn Stark che domina Delta delle Acque» ribatté ser Robin Ryger. Quattro arcieri presero posizione accanto a lui, due in piedi e due in ginocchio. «Gettate in acqua le vostre spade!»

«Io non ho nessuna spada» rimandò Jaime. «Ma se l’avessi, prima la pianterei in pancia a te, poi staccherei le palle a quei quattro codardi.»

La risposta fu una bordata di frecce. Una andò a conficcarsi nell’albero, due perforarono la vela, la quarta mancò Jaime d’un palmo.

Un’ennesima, ampia ansa della Forca Rossa incombeva davanti a loro. Brienne fece virare la barca oltre la svolta. Il boma ruotò e le vele scricchiolarono, riempiendosi di vento. Al centro della corrente, si ergeva una grossa isola. Il corso principale del fiume si diramava sulla destra della terra emersa. Sulla sinistra, un affluente s’inseriva tra l’isola e le alte pareti rocciose della sponda nord. Brienne diede un altro colpo di timone. La barca tagliò a sinistra e la vela sbatté perdendo il vento. Jaime studiò gli occhi di lei. “Begli occhi” non poté fare a meno di pensare. “E calmi.” Aveva imparato a leggere lo sguardo delle persone. E a riconoscere lo sguardo della paura. “È determinata, non disperata.”

Trenta iarde dietro di loro, la galea fece a sua volta ingresso nell’ansa. «Ser Cleos, prendi il timone» ordinò la donzella. «Sterminatore di re, tu mettiti al remo e facci restare lontano dalle rocce.»

«Come la mia signora comanda» rimandò Jaime. Un remo non era una spada, ma la pala, se ben maneggiata, poteva spaccare la faccia di un uomo. E il fusto poteva essere usato per parare i colpi.

Ser Cleos spinse un remo tra le mani di Jaime e si precipitò a poppa. Superarono la punta dell’isola e virarono bruscamente nell’affluente, sollevando spruzzi d’acqua contro la parete rocciosa. L’isola era coperta da fitta vegetazione, un groviglio di cespugli, querce e pini. Gli alberi proiettavano ombre scure sulla corrente vorticosa, celando rocce affioranti e tronchi sommersi macerati dall’acqua. Sulla loro sinistra, s’innalzava lo strapiombo, ripido e pietroso. Alla base, il fiume schiumava contro massi spezzati e cataste di rocce cadute dalla sommità.

Passarono dalla luce del sole all’ombra. La parete verde degli alberi e quella grigia e marrone della roccia li nascosero alla vista della galea. “Pochi momenti di quiete prima della prossima pioggia di frecce.” Jaime fece forza sul remo, evitando una roccia affiorante.

Lo scafo sussultò. Un lieve tonfo liquido e Brienne scomparve. Un attimo dopo, la videro riemergere dall’acqua alla base della parete di granito. Attraverso il fondale basso, si insinuò tra alcuni massi e cominciò ad arrampicarsi. Ser Cleos sbarrò gli occhi, la bocca spalancata per lo stupore.

«Ignorala, quella donzella» abbaiò Jaime al cugino. «Vira.»

Individuarono la vela rossa e blu spostarsi oltre gli alberi. Poi la galea fluviale apparve all’imboccatura dell’affluente, settanta piedi dietro di loro. La prora tagliò la corrente. Una mezza dozzina di frecce partì sibilando, ma tutte finirono fuori bersaglio. I movimenti delle barche rendevano la mira difficile per gli arcieri, ma Jaime sapeva che non ci avrebbero messo molto a compensare. Brienne era a metà scalata, passando da un appiglio all’altro.

“Ryger la vedrà, è certo. E a quel punto dirà agli arcieri di abbatterla.” Jaime decise di verificare se l’eccessivo orgoglio del vecchio guerriero lo avesse reso stupido.

«Ser Robin» gridò. «Stammi a sentire per un momento.»