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Il capo del gruppo dei bruti aveva gettato a Jon uno sguardo carico di ostilità. «Hai fatto fessi questi altri qua, corvo, ma non fai fesso Mance. Lui ti dà una sola occhiata e saprà che sei uno finto. E dopo che lo saprà, io mi faccio una cappa con quel tuo lupo lì e poi ti apro quella tua pancia molle da ragazzino e ti ci cucio dentro una donnola.»

Sotto il guanto spesso, Jon aveva aperto e richiuso le dita della mano bruciata, la mano della spada. Ryk Lungapicca aveva riso e basta. «E dov’è che la trovi una donnola nella neve?».

Quella prima notte, dopo una lunga giornata in sella, si erano accampati in una bassa depressione di roccia sulla sommità di una montagna senza nome, raccogliendosi vicino al fuoco mentre la neve cominciava a cadere. Jon aveva osservato i fiocchi dissolversi al calore delle fiamme. A dispetto di tutti gli strati di lana, pelliccia e cuoio, sentiva freddo fino al midollo delle ossa. Dopo aver mangiato, Ygritte, cappuccio sollevato e mani infilate nelle maniche per riscaldarsi, era andata a sedersi accanto a lui.

«Quando Mance saprà quello che hai fatto al Monco» gli aveva detto «ti prende in fretta.»

«Mi prende per cosa?»

«Ma per uno di noi.» La ragazza dei bruti aveva avuto una risata amara. «Ti credi che sei il primo corvo che vola via dalla Barriera? Nel vostro cuore, tutti voi volete volare via.»

«E una volta che sarò un uomo libero» aveva risposto lentamente Jon «sarò anche libero di andarmene?»

«Certo che sì.» Quello di Ygritte, a dispetto dei denti storti, era un sorriso caldo. «E noi saremo liberi di ucciderti. È pericoloso essere liberi, ma ai più gli piace il sapore» aveva messo una mano guantata sulla gamba di Jon, appena sopra il ginocchio. «Vedrai.»

“Vedrò, certo” il pensiero rimbalzava nella mente di lui. “Vedrò, e sentirò e imparerò. E dopo, tornerò a riferire tutto quanto alla Barriera.” I bruti credevano che lui avesse infranto il suo giuramento, ma nel profondo Jon Snow continuava a essere un confratello dei Guardiani della notte, intento a compiere la missione che Qhorin il Monco gli aveva affidato. “Prima che io lo uccidessi.”

Alla base dell’altura, un piccolo torrente scorreva verso il Fiumelatte. Appariva tutto pietre e lastre di ghiaccio, ma da sotto la superficie congelata veniva il suono di acqua che scorreva. Rattleshirt scelse un punto per guadare e quando attraversò gli zoccoli del suo cavallo mandarono in pezzi l’esile strato di ghiaccio.

Gli esploratori di Mance Rayder apparvero nel momento in cui il gruppo raggiunse l’altra sponda. Jon li studiò con un’occhiata: otto cavalieri, tra uomini e donne, avvolti da pellicce e cuoio bollito, qua e là si vedevano elmi e maglie di ferro. Erano armati di picche e lance dalle punte indurite alla fiamma, tutti tranne il capo: un grosso uomo biondo dagli occhi acquosi che portava legata alla sella una grande lama d’acciaio a forma di falce. Il Piagnone, Jon se ne rese conto in un attimo. I confratelli in nero raccontavano storie su di lui. Come Rattleshirt, Harma Testa di cane e Alfyn Ammazzacorvi, anche il Piagnone era un noto capo dei bruti.

«Il lord delle Ossa» salutò il Piagnone. Il suo sguardo si fermò su Jon e sul suo lupo. «E questi qua chi sono?»

«Un corvo che diserta. Aveva paura che gli prendevo anche le sue di ossa dopo quelle del Monco» rispose Rattleshirt scuotendo la sacca piena dei suoi trofei. Sia per questa sua macabra passione, sia per l’armatura che mdossava, per Rattleshirt era un vanto venire chiamato “lord delle Ossa”.

«Ha ucciso Qhorin il Monco» aggiunse Ryk Lungapicca. «Lui e quel suo lupo.»

«E anche Orell, ha ucciso» aggiunse Rattleshirt.

«Il ragazzo è un demone o qualcosa del genere» aggiunse Ragwyle, la grossa moglie di lancia. «Il suo lupo s’è preso un pezzo della gamba del Monco.»

«Davvero?» I freddi occhi rossi del Piagnone scoccarono a Jon un altro sguardo. «Ha qualcosa di un lupo, adesso che lo guardo bene. Portatelo a Mance, può essere che lo tiene.»

E con questo, il Piagnone fece girare il cavallo e si allontanò al galoppo. I suoi cavalieri gli tennero dietro.

Soffiava un vento umido e gelido quando attraversarono la vallata del Fiumelatte ed entrarono in fila singola nell’accampamento lungo la riva. Spettro si tenne vicino a Jon, ma il suo odore lo precedette come un araldo. Ben presto, i cani dei bruti furono tutti attorno a loro, ringhiando e abbaiando. Lenyl urlò che la piantassero, ma i cani non gli prestarono alcuna attenzione.

«Non gli piace tanto, quella tua bestia» commentò Ryk Lungapicca.

«Loro sono cani, mentre lui è un lupo» rispose Jon. «Sanno che non è della loro stessa razza.»

Ma Jon aveva un compito da svolgere, la missione che Qhorin il Monco gli aveva affidato mentre sedevano attorno al loro ultimo fuoco: fingere di essere un disertore e scoprire che cosa i bruti stavano cercando su nelle gelide desolazioni degli Artigli del Gelo. “Un qualche potere.” Qhorin aveva intuito che c’era qualcosa di misterioso parlandone con il Vecchio orso, ma era morto prima di poter sapere che cosa fosse, oppure se Mance Rayder l’avesse trovato nei suoi scavi.

Lungo tutto il fiume, circondati da carri, rimorchi e slitte, c’erano fuochi. Molti dei bruti avevano eretto tende di pelli e lana grezza. Altri avevano trovato rifugio dietro le rocce, proteggendosi sotto rozzi ripari improvvisati. Altri ancora dormivano sotto i carri. Presso uno dei falò, Jon notò un uomo che induriva le punte delle lance sulle fiamme. Da un’altra parte, due giovani barbuti coperti di cuoio bollito si affrontavano con i bastoni saltando da un lato all’altro del fuoco, lanciando grugniti ogni volta che incassavano un colpo. A poca distanza da loro, donne sedevano in circolo, lavorando sugli impennaggi delle frecce.

“Frecce per i miei confratelli” pensò Jon. “Frecce per le genti di mio padre, per le genti di Grande Inverno, di Deepwood Motte e di Ultimo Focolare. Frecce per le terre del Nord.”

Ma non tutto quello che vide aveva a che fare con la guerra. Vide anche donne che danzavano, un bambino che piangeva e un ragazzino, imbacuccato nelle pellicce e senza fiato per il gioco, correre davanti al suo destriero. Pecore e capre pascolavano in libertà, buoi arrancavano sulla riva alla ricerca di erba. Da uno dei fuochi emanava l’odore di un montone arrostito, su un altro fuoco Jon vide un cinghiale che ruotava su uno spiedo di legno.

Rattleshirt smontò da cavallo in uno spazio aperto circondato da alti, verdi pini-soldato. «Ci sistemiamo qua» disse a Lenyl, a Ragwyle e agli altri. «Date prima da mangiare ai cavalli, poi ai cani e poi mangiate voi. Ygritte, Lungapicca, con me. Portiamo il corvo da Mance che gli dà un’occhiata. Lo sventriamo dopo.»

L’ultimo tratto lo percorsero a piedi, superando altri falò e altre tende; Spettro li seguiva da vicino. Jon non aveva mai visto così tanti bruti tutti assieme. Si chiese se qualcun altro li avesse mai visti. “Questo accampamento sembra senza fine” valutò. “Ma più che un unico accampamento, sono cento diversi. E uno più vulnerabile dell’altro.” Sparsi per intere leghe, i bruti erano privi di qualsiasi apparato di difesa. Non c’erano fossati, né sbarramenti di rostri, solo piccoli gruppi di esploratori di pattuglia sul perimetro. Nel momento in cui avevano visto altri avanti a loro fermarsi o trovare un buon posto, ogni gruppo, ogni clan, si era semplicemente fermato dove aveva voluto. “Il popolo libero.” Se i confratelli di Jon li avessero sorpresi in quelle condizioni caotiche, per la loro libertà i bruti avrebbero pagato un alto prezzo di sangue. Avevano il numero, ma i Guardiani della notte avevano la disciplina. E in battaglia, nove volte su dieci la disciplina batte il numero, gli aveva detto suo padre un tempo.

Non poteva esserci alcun dubbio su quale fosse la tenda del re. Era grossa il triplo della tenda più grossa che Jon avesse visto fino a quel momento, e ne usciva della musica. Come tante altre tende meno imponenti, anche questa era fatta di pelli cucite assieme e ricoperte di pelliccia, ma quelle di Mance Rayder erano villose pelli d’orso bianco, e il tetto a cuspide era ornato da un paio d’immense corna ramificate. Appartenevano a una delle alci giganti che correvano liberamente per tutti i Sette Regni, all’epoca dei Primi Uomini.