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«Ho nuotato sotto la catena» disse. «E sono finito ad arenarmi su una delle lance del re sommerso. Ed è là che sarei morto se la Danza di Shayala non mi fosse passata vicino.»

Salladhor Saan passò un braccio attorno alle spalle del capitano. «Ben fatto, Khorane: avrai una giusta ricompensa, sto pensando. Meizo Mahr, sii un bravo eunuco e accompagna il mio amico Davos nella cabina del proprietario. Portagli subito del vino caldo con chiodi di garofano, non mi piace il suono di quella tosse. Spremici anche del cedro. E porta del formaggio bianco e una ciotola di quelle olive con il taglio che abbiamo contato poco fa! Davos, molto presto sarò da te, non appena avrò parlato con il nostro buon capitano Khorane. Tu mi perdonerai, lo so. E non mangiartele tutte, quelle olive: il mio desiderio era di condividerle con te!»

Davos lasciò che il più anziano dei due eunuchi lo conducesse fino a una cabina ampia e splendidamente ammobiliata, situata a poppa della nave. I tappeti erano spessi, le finestre di vetro colorato e in ognuna di quelle grandi poltrone di pelle avrebbero potuto trovare posto comodamente tre Davos. Il formaggio e le olive furono portati poco dopo, assieme a una coppa fumante di vino rosso caldo. Davos la tenne tra le mani e bevve con gratitudine. Espandendosi nel suo petto, la sensazione di calore fu un vero toccasana.

Salladhor Saan apparve qualche tempo dopo. «Devi perdonarmi per il vino, mio buon amico. Questi pentoshi berrebbero perfino il loro piscio, se fosse di colore amaranto.»

«Fa bene al mio torace» disse Davos. «Il vino caldo batte qualsiasi impacco, diceva sempre mia madre.»

«Ma avrai bisogno anche d’impacchi, sto pensando. Seduto su una lancia di granito per tutto questo tempo, per gli dèi… Come ti sembra quell’eccellente poltrona? Ha chiappe belle grasse, non trovi?»

«Chi?» chiese Davos, tra un sorso e l’altro.

«Illyrio Mopatis. Una balena dotata di favoriti, ti dico in verità. Queste poltrone sono state costruite per la sua stazza, per quanto lui si muova da Pentos ben di rado per starci sopra. Un uomo grasso sta sempre seduto comodo, sto pensando: in fondo i suoi cuscini se li porta sempre appresso!»

«Come mai sei su una nave di Pentos?» chiese Davos mettendo da parte la coppa di vino, ormai vuota. «Non ti sarai dato di nuovo alla pirateria, mio lord?»

«Vile calunnia. Chi più di Salladhor Saan ha sofferto per causa dei pirati? Chiedo solamente ciò che mi è dovuto. Molto oro mi è dovuto, oh, sì, ma io non sono privo di ragione, così, in luogo di conio, ho accettato una splendida pergamena, quanto mai fragrante. Reca il nome e il sigillo di lord Alester Florent, Primo Cavaliere del re. Sono stato fatto lord della baia delle Acque Nere, e nessun vascello può attraversare le mie nobili acque senza il mio nobile permesso, proprio non può. E quando questi fuorilegge cercano di sgusciare oltre nel buio della notte, allo scopo di evitare dazi e dogane quanto mai legittimi, ebbene non sono certo meglio dei contrabbandieri. E io sono quindi nel mio pieno diritto di procedere al sequestro.» Il vecchio pirata rise. «Io però non taglio dita a nessuno. A che servono mai pezzi di dita? Sono le navi che prendo, e qualche riscatto, nulla d’irragionevole.» Rivolse a Davos uno sguardo penetrante. «Non hai un bell’aspetto, amico mio. Quella tosse… E tu così magro. Vedo lo scheletro appena sotto la pelle. E inoltre, non vedo appesa al tuo collo la piccola sacca con le ossa delle dita…»

La vecchia abitudine spinse Davos a sollevare una mano, andando alla ricerca della sacca di cuoio che non c’era più. «L’ho perduta nel fiume.» “La mia fortuna.”

«Il fiume è stato terribile» disse Salladhor Saan con solennità. «Perfino mentre guardavo dalla baia, mi venivano i tremiti.»

Davos tossì, sputò, tossì di nuovo. «Ho visto la Betha nera che bruciava, e anche la Furia» riuscì a dire alla fine, con voce rauca. «Qualcuna delle nostre navi è riuscita a sfuggire al fuoco?» Una parte di lui si ostinava a sperare.

«La Lord Steffon, la Jenna degli stracci, la Spada veloce, la Signore che ride, più pochi altri vascelli. Quelle che erano a monte del piscio dei piromanti, sì. Non sono bruciate, ma con la catena alzata, nemmeno hanno volato. Alcune, poche, si sono arrese. La maggior parte ha risalito a remi il corso delle Rapide nere, allontanandosi dalla battaglia. Altre ancora sono state affondate dagli stessi equipaggi, per evitare che cadessero nelle mani dei Lannister. La Jenna degli stracci e la Signore che ride sono ancora sul fiume, e sono diventate navi pirata, mi hanno detto, ma chi può dire se sia davvero così?»

«La Lady Marya?» chiese Davos. «La Fantasma?»

«Niente. Di loro, niente.» Salladhor Saan pose una mano sull’avambraccio di Davos e diede una stretta. «Mi dispiace, vecchio amico. Erano bravi uomini, il tuo Dale, il tuo Allard. Ma almeno questo conforto io posso darti: il tuo giovane Devan è stato tra quelli che siamo riusciti a portare via, alla fine. Il coraggioso ragazzo è sempre stato a fianco del re, o così si dice.»

Per un momento, Davos fu colto da vertigine, tanto il sollievo fu palpabile. Aveva avuto paura di chiedere di Devan. «La Madre è misericordiosa. Devo andare da lui, Salla. Devo vederlo.»

«Sì» disse Salladhor Saan. «E poi vorrai fare vela per capo Furore, per vedere tua moglie e i tuoi due figli più piccoli. E dovrai avere una nuova nave, io sto pensando.»

«Sua maestà mi darà una nuova nave» disse Davos.

Il pirata lyseniano scosse il capo. «Di navi, sua maestà non ne ha più nessuna. Mentre Salladhor Saan ne ha molte. Le navi del re sono bruciate sul fiume, ma non le mie. E tu ne avrai una, amico mio. Tu navigherai per me, sì? Tu danzerai dentro Braavos e Myr e Volantis nel nero della notte, senza che mai nessuno ti veda, e tornerai a volteggiare fuori carico di sete e spezie. E grasse saranno le borse del nostro conio, sì.»

«Sei generoso, Salla, ma il mio dovere è verso il mio re, non verso le tue borse. La guerra continua. Secondo tutte le leggi dei Sette Regni, è ancora Stannis Baratheon il re di diritto.»

«Tutte le leggi dei Sette Regni non lo hanno aiutato mentre le sue navi andavano in cenere, io sto pensando. Quanto al tuo re, bene, lo troverai cambiato, io sto temendo. Dalla battaglia, non vuole più vedere nessuno e rimugina nel suo Tamburo di pietra. La regina Selyse conduce la corte in sua vece assieme allo zio lord Alester, che ha nominato sé stesso Primo Cavaliere. La regina ha anche dato ad Alester il sigillo del re, per suggellare le lettere che lui scrive, perfino la graziosa pergamena che ha dato a me. Ma è su un piccolo regno che governano, un regno povero e roccioso, sì. Non c’è oro, nemmeno quel poco necessario per dare al fedele Salladhor Saan quanto a lui è dovuto. Gli unici cavalieri rimasti sono i pochi risaliti sulle navi alla fine della battaglia. Le navi? Solamente i miei piccoli, coraggiosi vascelli.»

Davos fu piegato in due da un improvviso accesso di tosse. Salladhor Saan si fece avanti per sostenerlo, ma lui lo fermò con un gesto. Qualche momento dopo, si riebbe.

«Nessuno?» gorgogliò Davos. «Che cosa intendi che il re non vede nessuno?» La sua voce aveva un suono viscido, impastato, perfino alle sue stesse orecchie. Per un momento, la vertigine lo colse di nuovo, facendo girare la stanza attorno a lui.

«Nessuno… tranne lei» precisò Salladhor Saan, e Davos non ebbe bisogno di chiedere chi intendesse. «Amico mio, tu ti stai sfinendo. È un letto che ti serve, non Salladhor Saan. Un letto e molte coperte, un impacco caldo sul petto e altro vino con chiodi di garofano.»