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«Ma» disse Cleos «non avevi detto tu stesso che…»

«Lo avevo detto prima» tagliò corto Jaime. “Quando pensavo che la locanda fosse deserta.” «Adesso ho la pancia piena, e una cavalcata al chiaro di luna è proprio quello che ci vuole.» Rivolse un sorriso alla donzella. «A meno che tu non intenda buttarmi di traverso sul dorso di quel cavallo da soma come un sacco di farina, qualcuno farà meglio a togliermi questi ceppi. È un po’ difficile cavalcare con le caviglie legate.»

Brienne, la fronte aggrottata, osservò la catena. L’uomo che non era il locandiere si passò una mano sul mento. «C’è un banco da fabbro sul retro.»

«Vediamolo» disse Brienne.

«Giusto» disse Jaime. «E prima sarà meglio sarà. Qui c’è fin troppa merda di cavallo per i miei gusti. Odierei finirci dentro con il piede» e allungò alla donzella un’occhiata penetrante, domandandosi se fosse acuta abbastanza da capire quello che lui intendeva.

Jaime sperava che lei gli togliesse anche i ferri ai polsi, ma Brienne continuava a essere sospettosa. Spezzò la catena delle caviglie con una mezza dozzina di colpi secchi sferrati con il martello da fabbro contro il rostro di un’incudine. Quando lui suggerì di fare lo stesso con la catena ai polsi, lei lo ignorò e basta.

«Sei miglia più a valle vedrete un villaggio bruciato» disse il loro ospite, aiutandoli a sellare i cavalli e a preparare il carico delle provviste. Questa volta, diresse i suoi suggerimenti direttamente a Brienne. «Là, la strada si divide. Se andate a sud, trovate il torrione di pietra di ser Warren. Ser Warren è andato a morire in guerra, per cui non so chi è che tiene il torrione adesso, ma a quel posto fate bene a stargli lontano. Meglio che seguite il sentiero per i boschi, a est e poi a sud.»

«Lo faremo» rispose lei. «Ti porgo i miei ringraziamenti.»

“Più precisamente, gli hai già porto il tuo oro.” Un pensiero che Jaime si tenne per sé. Era stufo di venire ignorato da questa enorme vacca di donna.

Brienne scelse il cavallo da soma per sé, e assegnò il palafreno a ser Cleos. Come minacciato in precedenza, a Jaime toccò il castrato cieco da un occhio. Il che pose fine a tutte le sue idee di dare un colpo di speroni lasciando la donzella nella polvere.

L’uomo che non era il locandiere e il ragazzo con la balestra uscirono dalla locanda per guardarli andare via. Augurò loro buona fortuna e li invitò a tornare in tempi migliori. Il ragazzo rimase in silenzio, balestra sotto il braccio.

«Scegli la lancia o la mazza» gli suggerì Jaime. «Ti troverai meglio.»

Il ragazzo si limitò a osservarlo con diffidenza. “Bel ringraziamento per un amichevole consiglio.” Jaime scrollò le spalle, fece voltare il cavallo e non si girò mai indietro.

Ser Cleos cominciò a lamentarsi nel momento stesso in cui si misero in marcia, compiangendo il suo perduto materasso di piume.

Si diressero a est, seguendo la riva del fiume illuminato dalla luna. La Forca Rossa era molto ampia in quel punto, ma il fondale era basso, le sponde piene di fango e di vegetazione acquatica. Il cavallo di Jaime avanzava placidamente, per quanto quel povero vecchio animale avesse la tendenza a deviare dalla parte dell’occhio buono. Fu piacevole essere di nuovo su una sella. Era da quando gli arcieri di Robb Stark avevano abbattuto il suo destriero al bosco dei Sussurri che Jaime non andava a cavallo.

Raggiunsero il villaggio bruciato, ritrovandosi di fronte due possibilità, entrambe poco allettanti: due strette piste, scavate dai solchi profondi delle ruote dei carri dei contadini, che trasportavano le loro granaglie fino al fiume. Una si snodava verso sud-est, svanendo rapidamente tra gli alberi. L’altra, più dritta e pietrosa, era diretta a sud. Brienne rifletté brevemente e alla fine indirizzò il cavallo su quella che andava a meridione. Jaime ne fu piacevolmente sorpreso: era la scelta che avrebbe fatto anche lui.

«Ma questa è la strada che il locandiere ci ha detto di non prendere» obiettò ser Cleos.

«Non era un locandiere.» Brienne stava ingobbita sulla sella senza alcuna grazia, ma sembrava comunque ben padrona di se stessa e del suo equilibrio. «Quell’uomo era troppo interessato al nostro percorso, e quei boschi… Sono un noto ricettacolo di fuorilegge. Forse ci stava mandando in una trappola.»

«Furba la donzella.» Jaime sorrise al cugino. «Il nostro ospite ha degli amici accampati lungo la strada, mi verrebbe da dire. I padroni di quei cavalli che hanno conferito alla stalla quel suo memorabile aroma.»

«E forse ha mentito anche riguardo al fiume, in modo da farci prendere questi animali» aggiunse la donzella. «Ma non potevo correre il rischio. Ci saranno sicuramente soldati al guado porpora e anche agli incroci.»

“Ma guarda. Sarà anche brutta, ma non è poi del tutto stupida.” Jaime le sorrise suo malgrado.

Il chiarore incerto dietro le finestre del torrione di pietra ne segnalò la presenza da grande distanza. Brienne li guidò lontano dalla strada, tagliando per i campi. Fu solo dopo essersi lasciati il fortilizio alle spalle e aver percorso ancora un buon tratto che tornarono a riprendere la pista.

Passò almeno metà della notte prima che la donzella decidesse che era sicuro fermarsi. A quel punto, tutti e tre erano curvi sulle selle. Si sistemarono in mezzo a un gruppetto di querce che sorgeva presso un piccolo torrente. La donzella vietò di accendere il fuoco, così finirono per condividere una cena fredda di mezzanotte a base di frittelle d’avena rafferme e pesce salato.

Era una notte stranamente calma. Una mezza luna galleggiava immobile nel cielo, circondata da esili stelle. Da qualche parte molto lontano, lupi ululavano. Uno dei cavalli nitrì nervosamente. Non c’era nessun altro suono. “La guerra non ha toccato questo posto” pensò Jaime. Era contento di essere là, contento di essere vivo, contento di essere in viaggio per tornare da Cersei.

«Farò io il primo turno di guardia» disse Brienne a ser Cleos. Il quale, solo pochi momenti dopo, russava sommessamente.

Jaime rimase seduto con la schiena contro il tronco di una quercia, domandandosi che cosa Cersei e Tyrion stessero facendo in quel momento. «Hai fratelli o sorelle, mia signora?» chiese a Brienne.

«No.» Lei lo guardò con sospetto. «Mio padre ha avuto un so… una sola figlia.»

Jaime ridacchiò. «Figlio, stavi per dire. È così che lui pensa a te? In effetti, sei davvero uno strano genere di donna.»

Senza rispondere, Brienne guardò altrove, le nocche serrate attorno all’elsa della spada.

“Che creatura mostruosa è questa.” In qualche assurdo modo, e per quanto ben difficilmente si sarebbero potuti immaginare due esseri più dissimili, gli faceva venire in mente Tyrion. E forse fu proprio il pensiero di suo fratello a indurlo a scusarsi. «Non intendevo arrecarti offesa, Brienne. Perdonami.»

«Il tuoi crimini sconfiggono il perdono, Sterminatore di re.»

«Di nuovo quel nome.» Jaime torse le catene. «Per quale ragione hai tanto livore verso di me? Che io sappia, non credo di averti fatto nulla di male.»

«Hai fatto del male ad altri. Coloro i quali avevi giurato di proteggere. I deboli, gli innocenti…»

«Parli del re?» Alla fine, tutto risaliva sempre ad Aerys. «Non illuderti di potermi giudicare per qualcosa che non comprendi, donzella.»

«Il mio nome è…»

«…Brienne, certo. Ti hanno mai detto che sei tanto noiosa quanto brutta?»

«Non riuscirai a provocare la mia ira, Sterminatore di re.»

«Oh, potrei, invece. Se solo m’importasse abbastanza da provarci.»

«Perché hai prestato quel giuramento?» gli chiese lei. «Perché hai scelto d’indossare quel mantello bianco se era tua intenzione tradire tutto quello che rappresentava?»

Perché? Che cosa avrebbe potuto dire che lei potesse comprendere? «Ero un ragazzo. Avevo quindici anni. Era un grande onore per una persona così giovane.»