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“L’armatura dorata, non quella bianca, ma questo non se lo ricorda mai nessuno. Quanto vorrei essermi tolto anche quel maledetto mantello bianco.”

Quando Aerys vide il sangue sulla lama del cavaliere, volle sapere se appartenesse a lord Tywin.

«Lo voglio morto, quel traditore. Voglio la sua testa. Tu portami la sua testa, o brucerai anche tu come tutti gli altri. Tutti i traditori. Rossart dice che adesso sono all’interno delle mura! E lui è andato a offrire loro un caldo benvenuto. Di chi è quel sangue? Di chi è?»

«Di Rossart» rispose Jaime.

Gli occhi violetti di Aerys si spalancarono, la sua regale bocca rimase aperta per lo stupore. Perse il controllo dello sfintere e corse a rifugiarsi sul Trono di Spade. Sotto gli sguardi delle occhiaie vuote dei teschi alle pareti, Jaime Lannister afferrò l’ultimo dei re del Drago e lo trascinò giù dagli scalini dello scranno d’acciaio. Un re che urlava come un maiale e che puzzava come una latrina. Un singolo fendente alla gola, fu tutto quello che ci volle per porre fine ai suoi giorni.

“Così semplice” questo ricordava di avere pensato. “Un re dovrebbe crepare in modo più arduo.” Rossart, quanto meno, aveva cercato di combattere anche se, a dire tutta la verità, aveva combattuto come un alchimista. “Strano. Non chiedono mai chi ha ucciso Rossart… ma, in fondo, lui non era nessuno, un nessuno di basso lignaggio. Primo Cavaliere del re per una settimana, nient’altro che l’ennesima pazzia del re Folle.”

Ser Elys Westerling e lord Roland Crakehall e altri cavalieri di suo padre fecero irruzione nella sala giusto in tempo per vedere la conclusione. Jaime non ebbe la possibilità di eclissarsi, lasciando che fosse un qualche altro borioso idiota ad accollarsi il biasimo o il merito. Ma biasimo sarebbe stato. Jaime poté leggerlo negli sguardi che tutti gli puntarono addosso… Ma forse, invece, era paura. Lannister o non Lannister, lui rimaneva pur sempre uno dei sette cavalieri in bianco di Aerys.

«Il castello è nostro, cavaliere, e anche la città» gli disse Roland Crakehall.

Il che era solo una mezza verità. Lealisti Targaryen stavano ancora combattendo e morendo sulla scala curva e nell’armeria della Fortezza Rossa. Gregor Clegane e Amory Lorch stavano ancora dando l’assalto alle mura del Fortino di Maegor. Ned Stark stava ancora guidando i suoi uomini del Nord verso la Porta del re. Solo che Crakehall non poteva sapere nulla di tutto questo. Non fu sorpreso nel trovare Aerys sgozzato: Jaime era stato il figlio di lord Tywin ben prima di essere investito nella Guardia reale.

«Di’ loro che il re Folle è morto» ordinò Jaime. «Risparmiate tutti quelli che si arrendono e prendeteli prigionieri.»

«Devo anche proclamare il nuovo re?» chiese Crakehall.

Jaime Lannister capì chiaramente qual era la vera domanda: sarà tuo padre, o Robert Baratheon, o intendi forse proclamare tu un nuovo re del Drago? Per un momento, Jaime aveva pensato al ragazzino Viserys, fuggito alla Roccia del Drago, e al figlio infante di Rhaegar, il piccolo Aegon, il quale si trovava ancora nel Fortino di Maegor con la madre.

“Un nuovo re Targaryen, con mio padre quale Primo Cavaliere. I lupi ululeranno, e il lord della tempesta si strozzerà di rabbia.”

Per un momento, lui stesso fu tentato. Ma solo fino a quando non abbassò nuovamente lo sguardo sul cadavere alla base dei gradini, riverso nella pozza di sangue che continuava ad allargarsi. “Il suo sangue” pensò “dovunque.”

«Proclama re chi cazzo ti pare» rispose a Crakehall.

Poi Jaime Lannister salì fino al Trono di Spade e si sedette tra le lame, la sua spada di traverso sulle ginocchia, aspettando di vedere chi sarebbe venuto a chiedere il regno. Secondo la storia, fu Eddard Stark.

“Nemmeno allora avevi il diritto di giudicarmi, Stark.”

Nei suoi sogni, i morti risorsero. Continuavano a bruciare, avvolti da crisalidi di fiamme verdi. Jaime danzò attorno a loro impugnando una spada dorata, ma per ognuno che ne colpiva, altri due si sollevavano e ne prendevano il posto.

Brienne lo svegliò con un calcio nelle costole. Il mondo era ancora immerso nel nero. Aveva cominciato a piovere. Fecero colazione con frittelle d’avena stantie, pesce salato e alcune more che ser Cleos aveva trovato nel sottobosco.

Furono di nuovo in sella ancor prima che spuntasse il sole.

TYRION

L’eunuco varcò la soglia canticchiando qualcosa privo di ritmo. Indossava una tunica di seta svolazzante color pesca e olezzava di limone. Nel momento in cui vide Tyrion seduto presso il focolare, si fermò e rimase completamente immobile.

«Mio lord Tyrion…» Le parole vennero fuori come una specie di starnazzo, sottolineate da una risatina nervosa.

«Quindi ti ricordi di me? Avevo cominciato a dubitarne.»

«È meraviglioso vederti così in forze e in salute.» Varys sorrise, pura melma viscida. «Per quanto, lo confesso, non mi sarei aspettato di trovarti nei miei umili alloggi.»

«In effetti, sono umili. Anche troppo, a dire il vero.» Tyrion aveva aspettato che Varys venisse chiamato al cospetto di suo padre prima di fargli visita. Gli appartamenti dell’eunuco erano piccoli e frugali, tre strette stanze prive di finestre all’interno delle mura nord della Fortezza Rossa. «Mentre eri via, avevo sperato di scoprire secchi interi pieni di segreti succulenti, ma non c’è nemmeno un pezzetto di pergamena bagnata.» Era anche andato alla ricerca di passaggi nascosti, consapevole che il Ragno tessitore disponeva di sistemi per andare e venire dal castello senza essere visto. Ma era stata un’altra pista ugualmente inconcludente. «E nella tua caraffa c’è acqua, gli dèi siano misericordiosi» continuò il Folletto. «La tua camera da letto non è più larga di un sarcofago, e poi quel materasso… è davvero fatto di pietra o è solo una mia impressione?»

Varys chiuse la porta e la sprangò. «Sono tormentato da dolori di schiena, mio lord, e preferisco dormire su una superficie dura.»

«Ti avrei preso per uomo che vuole letti di piume.»

«Sono sempre pieno di sorprese. Sei adirato con me per averti abbandonato dopo la battaglia?»

«È qualcosa che mi ha fatto pensare a te come a un membro della mia famìglia.»

«Non è stato certo per mancanza d’amore, mio buon lord. La mia salute tuttavia è talmente cagionevole, e la tua cicatrice talmente terribile alla vista…» ebbe un brivido esagerato. «Il tuo povero naso…»

Tyrion si grattò i resti macellati con irritazione. «Forse dovrei farmene fare uno nuovo. Tutto d’oro. Tu che genere di naso suggeriresti, Varys? Uno come il tuo, in modo da sentire l’odore dei segreti? O forse invece dovrei dire all’orafo di farmi un naso come quello di mio padre?» Sorrise. «Il mio nobile genitore è un tale indefesso lavoratore che ormai lo vedo ben di rado. E dimmi, è vero che sta per reintegrare gran maestro Pycelle nel Concilio ristretto?»

«È vero, mio lord.»

«È forse la mia dolce sorella che debbo ringraziare per questo?» Pycelle era stato una delle creature di Cersei. Tyrion gli aveva tolto il rango, la barba, la dignità e lo aveva sbattuto in una delle celle sotterranee.

«Affatto, mio lord. Ringrazia invece gli arci-maestri di Vecchia Città, sono stati loro a insistere che Pycelle venisse reintegrato. La loro argomentazione è stata: “Solamente il Conclave può fare o disfare un gran maestro”.»

“Maledetti imbecilli” pensò Tyrion. «Mi sembra di ricordare però che il boia di Maegor il Crudele, di gran maestri ne disfece tre con la sua ascia.»