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Per un momento, lei non seppe che cosa rispondere. Aveva avuto talmente tanti nomi diversi. Le sembrò che Arya Stark fosse stata solamente un sogno. «Sono una ragazza.» Tirò in su con il naso. «Sono stata la coppiera di lord Bolton, ma lui stava per lasciarmi con il caprone Vargo Hoat, così sono scappata assieme a Gendry e a Frittella. Tu devi riconoscermi! Un giorno conducevi il mio pony, quando ero piccola…»

Harwin sbarrò gli occhi. «Dèi misericordiosi» disse con voce strozzata. «Arya…? Arya Piededolce? Lem, lasciala andare!»

«Mi ha rotto il naso.» Lem la scaricò sul pavimento senza tanti complimenti. «Per i sette inferi, ma chi dovrebbe essere questa qua?»

«La figlia del Primo Cavaliere.» Harwin si prostrò con un ginocchio a terra davanti a lei. «Arya Stark di Grande Inverno.»

CATELYN

Robb! Lo seppe nel momento in cui i cani impazzirono.

Suo figlio aveva fatto ritorno a Delta delle Acque, e Vento grigio con lui. Solamente l’odore del grande meta-lupo del colore del metallo era in grado di scatenare i mastini della fortezza in quella frenesia di latrati e abbaiate. “Verrà da me.” Ne era certa. Dopo la sua prima visita, Edmure non era più tornato. Aveva preferito passare le sue giornate assieme a Marq Piper e a Patrek Mallister, ascoltando le strofe che Rymund della Rima aveva composto sulla battaglia del Mulino di pietra. “Robb non è Edmure, però. Robb verrà da me.”

Pioveva da giorni, un diluvio incessante e grigiastro che rifletteva molto bene lo stato d’animo di Catelyn. Ogni giorno che passava, il lord suo padre diventava sempre più debole, sempre più preda del delirio. Si svegliava soltanto per mugolare quel nome, Tansy, implorando perdono.

Edmure la ignorava, e ser Desmond Grell continuava a negarle la libertà di muoversi per il castello, a dispetto di quanto quella decisione lo rendesse infelice. L’unica cosa che aveva migliorato il tetro umore di Catelyn era stato il ritorno di ser Robin Ryger e dei suoi uomini, stremati da una lunga marcia e fradici fino al midollo delle ossa. A quanto pareva, erano stati costretti a rientrare a piedi. In qualche modo, le aveva confidato mastro Vyman, lo Sterminatore di re era riuscito ad affondare la loro galea e a fuggire. Catelyn aveva chiesto di poter parlare con ser Robin, in modo da capire meglio che cos’era accaduto, ma questo le era stato negato.

E c’era anche qualcosa d’altro che non andava. Il giorno del ritorno di Edmure, poche ore dopo il confronto che Catelyn aveva avuto con lui, aveva udito grida furibonde provenire dal cortile sottostante. Catelyn era salita sul tetto per vedere meglio. C’erano gruppi di uomini raccolti dovunque all’interno del castello, molti ammassati in prossimità del portone principale. Cavalli venivano condotti fuori dalle stalle, sellati e imbrigliati. Le voci urlanti erano continuate a lungo, ma Catelyn era troppo distante per poter capire le parole. Uno dei vessilli bianchi di Robb giaceva a terra. Dopo aver fatto voltare il cavallo, un cavaliere aveva dato di speroni verso il portale e aveva calpestato l’emblema del meta-lupo. Parecchi altri lo avevano imitato in quel gesto di disprezzo. “Quelli sono uomini che hanno combattuto ai guadi assieme a Edmure” aveva pensato Catelyn. “Che cosa può averli fatti tanto inferocire? Che mio fratello li abbia offesi, che abbia arrecato loro un qualche oltraggio?” Le era sembrato di riconoscere ser Perwyn Frey, che aveva affrontato con lei il duro viaggio di andata e ritorno fino a Capo Tempesta e a Ponte Amaro, e anche Martyn Rivers, figlio bastardo di lord Walder, ma da quel punto d’osservazione era difficile esserne certi. Quasi quaranta uomini si erano riversati fuori del portale di Delta delle Acque, diretti dove, Catelyn non aveva idea.

Non erano più tornati. Né maestro Vyman le aveva detto chi erano, dov’erano andati o che cosa li aveva resi tanto furiosi. «Sono qui solamente per vedere tuo padre, mia signora» si era limitato a risponderle. «Presto tuo fratello cingerà la corona di Delta delle Acque. Ciò che lui desidera che tu sappia, sarà lui stesso a dirtelo.»

Ma ora Robb era tornato dall’Ovest, tornato trionfalmente. “Lui mi perdonerà” Catelyn disse a se stessa. “Deve farlo. È mio figlio, e Arya e Sansa sono anche sangue del suo sangue. Mi libererà da queste stanze in cui sono confinata, e a quel punto, saprò che cosa è accaduto.”

Quando ser Desmond venne a prenderla, Catelyn aveva fatto il bagno, si era vestita e si era pettinata i lunghi capelli fulvi. «Re Robb è ritornato dalle terre occidentali, mia signora» disse il cavaliere. «E comanda che tu sia presente nella sala grande.»

Era il momento che Catelyn aveva sognato, e temuto. “Ho perduto due figli… o tre?” Lo avrebbe saputo fin troppo presto.

La sala era affollata quando vi fece ingresso. Tutti gli occhi erano puntati sulla piattaforma reale, ma Catelyn seppe riconoscere i convenuti semplicemente osservandoli da tergo: la maglia di ferro rattoppata di lady Mormont, Grande Jon e suo figlio che passavano chiunque altro di tutta la testa, i capelli candidi di lord Jason Mallister, che teneva il suo elmo alato sotto l’ascella, Tytos Blackwood nel suo magnifico mantello di piume di corvo… “La metà di loro adesso vorrebbe impiccarmi. Mentre l’altra metà si limiterà semplicemente a guardare dall’altra parte.” Catelyn aveva anche la sgradevole sensazione che mancasse qualcuno.

Robb era in piedi sulla piattaforma. “Non è più un ragazzo.” Fu con un tuffo al cuore che Catelyn se ne rese conto. “Ha sedici anni, è un uomo fatto. Guardalo…” Dal volto di Robb Stark, la guerra aveva cancellato qualsiasi delicatezza adolescenziale, lasciandosi dietro linee dure, squadrate. Si era rasato la barba, i capelli rossi gli ricadevano fino alle spalle. Le recenti piogge avevano ammantato di ruggine la maglia di ferro che indossava, punteggiando di chiazze marroni il bianco del mantello e della sopratunica. O forse quelle chiazze erano sangue. In capo, portava la corona con l’anello di spade che era stata forgiata per lui dal bronzo e dal ferro. “La porta con più sicurezza, adesso. La porta come un re.”

Edmure era in piedi alla base dell’affollata piattaforma, la testa chinata con modestia, mentre Robb lodava la sua vittoria sui guadi del Tridente.

«…caduti al Mulino di pietra non saranno dimenticati. Nessuna meraviglia che lord Tywin sia corso ad affrontare Stannis. Una dura lezione gli è stata impartita sia dagli uomini del Nord sia dai guerrieri dei fiumi.»

Risate e grida di approvazione. Robb alzò una mano, chiedendo silenzio.

«Ma non fatevi illusioni. I Lannister marceranno di nuovo, e ci saranno altre battaglie da vincere prima che il regno sia pacificato.»

«Re del Nord!» ruggì Grande Jon, alzando in aria il pugno coperto di maglia di ferro.

«Re del Tridente!» fecero eco i lord dei fiumi. La sala si tramutò in una tonante cacofonia di piedi che pestavano il pavimento e di grida di vittoria.

Nel tumulto generale, furono in pochi a notare Catelyn e ser Desmond. Ma quei pochi diedero di gomito agli altri e, ben presto, tutto attorno a lei le voci cessarono e nella sala calò una quiete colma di tensione. Catelyn tenne la testa alta, ignorando gli sguardi. “Che pensino pure quello che vogliono. L’unico giudizio che conta è quello di Robb.”

La vista del volto noto e rugoso di ser Brynden Tully, il Pesce nero, anche lui sulla piattaforma, le diede conforto. Un ragazzo che lei non conosceva sembrava assolvere le funzioni di scudiero di Robb. Dietro di lui, c’era un giovane cavaliere che indossava una tunica color sabbia ornata dall’emblema delle conchiglie di mare. Un altro cavaliere, più anziano, mostrava uno stemma con tre peperoni scuri su una teglia color zafferano, contro uno sfondo a strisce verdi e argento. Accanto a lui c’erano una gradevole signora di mezza età e una graziosa fanciulla che poteva essere la loro figlia. C’era anche un’altra ragazza, all’incirca dell’età di Sansa. Le conchiglie erano l’emblema di una qualche casata minore, intuì Catelyn, ma non ricordava quale, né riconosceva l’uomo anziano. “Prigionieri?” Ma per quale motivo Robb avrebbe voluto accogliere dei prigionieri sulla piattaforma reale?