«Ma tutto questo…» lo sguardo di Edmure si spostò dallo zio al nipote «non me lo avevi mai detto.»
«Quello che ti avevo detto» disse Robb «era tenere Delta delle Acque. Quale parte di quell’ordine non sei riuscito a comprendere?»
«Tu hai fermato lord Tywin sulla Forca Rossa, certo» intervenne di nuovo il Pesce nero. «Lo hai ritardato quanto bastava perché potesse venire raggiunto dalle staffette da Ponte Amaro, le quali gli hanno riferito quanto era successo nell’est. Così lord Tywin ha immediatamente invertito la direzione di marcia del suo esercito per andare a unire le sue forze a quelle di Mathis Rowan e di Randyll Tarly in prossimità delle sorgenti del fiume delle Rapide nere. Quindi, a tappe forzate, ha raggiunto le cascate Tumbler, dove ha trovato l’enorme esercito di Mace Tyrell e dei suoi due figli: ser Loras e ser Garlan. E oltre a quello, un’intera flotta di chiatte. Hanno navigato lungo il fiume, hanno preso terra a mezza giornata di marcia da Approdo del Re e hanno attaccato Stannis alle spalle.»
A Catelyn tornò in mente la corte di re Renly come l’aveva vista a Ponte Amaro. Mille rose dorate che volavano nel vento, il sorriso delicato e le soffici parole della regina Margaery, suo fratello ser Loras, il Cavaliere di fiori, con la benda insanguinata legata attorno alla fronte. “Figlio mio, se proprio dovevi cadere nell’abbraccio di una donna, perché non in quello di Margaery Tyrell?” Nei conflitti ancora a venire, la ricchezza e il potere di Alto Giardino avrebbero fatto una differenza cruciale. “E, forse, a Vento grigio l’odore di Margaery sarebbe anche piaciuto.”
«Io non ho mai voluto…» Edmure pareva sul punto di sentirsi male «…mai, Robb! Devi permettermi di fare ammenda. Potrò guidare l’avanguardia nella prossima battaglia?»
“Per fare ammenda, fratello?” si chiese Catelyn. “O per ottenere altra gloria?”
«La prossima battaglia…» ripeté Robb. «Bene, arriverà fin troppo presto. Una volta che Joffrey avrà sposato Margaery, i Lannister scenderanno nuovamente in guerra contro di me. E non dubito che i Tyrell marceranno al loro fianco. Inoltre, se Walder il Nero dovesse prevalere, potrei ritrovarmi costretto a combattere anche contro i Frey…»
«Fino a quando Theon Greyjoy continuerà a sedere sullo scranno che è stato di tuo padre» disse Catelyn al figlio «con le mani ancora lorde del sangue dei tuoi fratelli, tutti questi avversari dovranno aspettare. Il tuo primo dovere è proteggere la tua gente, Robb. Riconquistare Grande Inverno e appendere Theon in una gabbia di corvi, in modo da guardarlo morire con estrema lentezza. Diversamente, farai meglio a toglierti quella corona per sempre, perché ogni uomo saprà che non sei in grado di fare il re.»
Dallo sguardo che Robb le lanciò, Catelyn capì che da molto tempo nessuno aveva più osato parlargli a quel modo. «Quando mi hanno detto che Grande Inverno era caduta» rispose Robb, inevitabilmente sulla difensiva «volevo partire per il nord immediatamente. Volevo andare a liberare Bran e Rickon, ma ho pensato… Non avrei mai immaginato che Theon potesse realmente fare loro del male. Se lo avessi anche solo supposto…»
«È troppo tardi per i se» dichiarò Catelyn. «Tutto quello che rimane adesso è la vendetta.»
«Stando alle ultime notizie che abbiamo avuto dal nord, ser Rodrik aveva sconfitto un gruppo di uomini di ferro presso Piazza di Torrhen e stava radunando un esercito al castello Cerwyn per riconquistare Grande Inverno» disse Robb. «A questo punto, potrebbe esserci già riuscito, anche se è da molto che non ci arrivano notizie. E che ne sarà del Tridente, se io tornassi al Nord? Non posso chiedere ai lord dei fiumi di abbandonare la loro gente.»
«No, non puoi» concordò Catelyn. «Lascia quindi che siano loro a proteggere quello che gli appartiene, e tu torna a riprenderti il Nord con i tuoi uomini del Nord.»
«Ma come riporterai l’esercito al Nord?» intervenne Edmure. «Gli uomini di ferro controllano il mare di ponente. I Greyjoy tengono anche il Moat Cailin. Nessun esercito è mai riuscito a prendere il Moat Cailin provenendo da sud. Anche solo passare di là è pura follia: potremmo ritrovarci imbottigliati tra le paludi dell’Incollatura, con gli uomini di ferro davanti a noi e i Frey inferociti alle nostre spalle.»
«Dobbiamo riportare i Frey dalla nostra» risolse Robb. «Con il loro appoggio, abbiamo ancora qualche possibilità di successo, per quanto piccola sia. Ma senza di loro, non vedo speranze. Sono pronto a concedere a lord Walder tutto quello che chiede… scuse, onori, terre, oro… Deve esistere qualcosa in grado di pacificare il suo orgoglio…»
«Non qualcosa» disse Catelyn. «Qualcuno.»
JON
«Grossi abbastanza per i tuoi gusti?»
Fiocchi di neve punteggiavano l’ampia faccia di Tormund, sciogliendosi sulla barba e sui capelli.
Avanzando a coppie, i giganti che cavalcavano i mammut ondeggiavano lentamente a ogni passo. Il cavallo di Jon s’impennò, spaventato da quella vista tanto strana, ma era difficile dire se a generare la paura fossero gli immani elefanti pelosi o i loro ugualmente immani cavalieri. Perfino Spettro arretrò d’un passo, mostrando le zanne in un ringhio silenzioso. Il meta-lupo era grosso, certo, ma i mammut erano decisamente più grossi. Ed erano tanti.
Jon controllò il nervosismo del suo destriero e lo fece restare immobile, in modo da contare i giganti che emergevano da turbini di neve e dalle nebbie livide che incombevano lungo il corso del Fiumelatte. Era già ben oltre cinquanta quando Tormund disse qualcosa che gli fece perdere il conto. “Devono essercene centinaia. Non aveva importanza quanti ne sfilassero, sembrava che continuassero ad arrivarne sempre di più.
Nelle storie della vecchia Nan, i giganti erano uomini di dimensioni superiori che vivevano in castelli colossali, combattevano con spade enormi e camminavano con stivali dentro i quali un ragazzo avrebbe potuto nascondersi. Ma questi erano qualcosa di diverso, più simili a orsi che a uomini, e tanto pelosi quanto i mammut che cavalcavano. Vedendoli seduti, era difficile valutare quanto grossi fossero in realtà. “Saranno alti dieci piedi, o anche dodici” ipotizzò Jon. “Forse addirittura quattordici, ma non di più.” La forma del torace era simile a quella degli uomini, ma le braccia arrivavano troppo in basso, e la parte inferiore del torso era larga quanto quella superiore. Avevano le gambe molto più corte delle braccia, ma estremamente massicce. E non indossavano affatto gli stivali, come diceva la vecchia Nan. I loro piedi erano affari larghi e piatti, e anche duri, nodosi, neri. Pressoché privi di collo, avevano teste enormi e pesanti, che si protendevano in avanti emergendo direttamente dalle scapole. Quanto alle facce, erano appiattite e brutali. Gli occhi da ratto, non più grossi di perle di vetro, quasi si perdevano tra le pieghe di carne bitorzoluta, ma i giganti annusavano costantemente: il loro senso dell’olfatto doveva essere primario come la vista.
“Non sono pelli quelle che indossano” capì Jon. “È la loro peluria.” I loro corpi erano coperti di ciuffi arruffati, fitti sotto la cintura, più radi al di sopra. Il puzzo che emanavano toglieva il fiato, ma forse buona parte veniva dai mammut. E Joramun suonò il Corno dell’Inverno, e risvegliò i giganti da sotto terra. Tra le armi che quegli strani esseri impugnavano, Jon cercò le spade lunghe, ma vide solamente bastoni. Certi non erano altro che tronchi biforcuti di alberi morti, alcuni dei quali si trascinavano ancora dietro rami frondosi rimasti attaccati. Solo pochi avevano legato a un’estremità una palla di pietra, in modo da trasformare il bastone in una mazza colossale. “La canzone su Joramun non dice se tornerebbero a dormire con un altro squillo di corno.”