«Glielo hai spezzato anche a Lem» sogghignò Frittella. «E hai fatto bene.»
«Non è così che la pensa Lem» disse Arya, cupamente.
E poi venne il momento di andare. Quando Frittella le chiese se poteva baciare la mano di milady, lei gli diede un pugno sulla spalla. «Non chiamarmi così. Tu sei Frittella e io sono Arry.»
«Io qua non sono più Frittella. Sharna mi chiama ragazzo. Chiama ragazzo anche l’altro ragazzo. Finisce che facciamo confusione.»
Arya sentì la sua mancanza più di quanto avrebbe creduto. Mancanza che in qualche modo Harwin riuscì però a compensare. Arya gli aveva detto di suo padre Hullen, di come lo aveva trovato morente nelle stalle della Fortezza Rossa, il giorno in cui lei era scappata.
«Diceva sempre che sarebbe morto in una stalla» aveva commentato Harwin. «Ma tutti pensavamo che a ucciderlo sarebbe stato un qualche stallone dal cattivo carattere, non un branco di leoni.
Arya gli aveva anche parlato di Yoren, il confratello nero che reclutava gente per i Guardiani della notte, della loro fuga da Approdo del Re e di molto di quanto era accaduto da quel momento in avanti. Aveva però evitato di dirgli del ragazzo di stalla che aveva ucciso con Ago, e della guardia a cui aveva tagliato la gola per poter scappare da Harrenhal. Dirlo ad Harwin era un po’ come dirlo al lord suo padre, e c’erano cose che lei non avrebbe sopportato che suo padre sapesse.
Non parlò neppure di Jaqen H’ghar, né delle tre morti che lui le doveva e che aveva ripagato. Arya teneva la moneta di ferro che lui le aveva dato infilata sotto la cintura. Ma a volte, nel cuore della notte, la tirava fuori. E ricordava come la faccia di Jaqen si era liquefatta, tramutandosi in un’altra faccia mentre lui si passava la mano sul volto. «Vaiar, morghulis» diceva in un sussurro. «Ser Gregor, Dunsen, Polliver, Raff Dolcecuore. Messer Sottile e il Mastino. Ser Ilyn, ser Meryn, regina Cersei, re Joffrey.» Erano i nomi dell’odio, del suo odio.
Dei venti uomini di Grande Inverno che il lord suo padre aveva inviato a Occidente assieme a lord Beric Dondarrion, rimanevano solamente loro sei, le aveva detto Harwin.
«Era una trappola, mia lady. Lord Tywin aveva mandato la Montagna che cavalca oltre la Forca Rossa a mettere tutto quanto a ferro e a fuoco. In quel modo, sperava di poter attirare il lord tuo padre fuori da Approdo del Re: il suo piano era che lord Eddard in persona conducesse una spedizione a Ovest per fare i conti con Gregor Clegane. Se lord Eddard lo avesse fatto, sarebbe stato ucciso, oppure preso prigioniero e scambiato per il Folletto, che a quel tempo era prigioniero della lady tua madre. Solo che lo Sterminatore di re non era al corrente di questo piano, e quando seppe della cattura di suo fratello, attaccò lord Eddard nelle strade di Approdo del Re.»
«Lo ricordo» disse Arya «uccise Jory.» Quando non la chiamava “Arya Piededolce”, per lei Jory Cassel aveva sempre un sorriso.
«Uccise Jory, sì» concordò Harwin. «E tuo padre si ritrovò con una gamba spezzata quando il suo cavallo gli rovinò addosso. Così lord Eddard non poté andare all’Ovest. In sua vece, mandò lord Beric Dondarrion, con venti dei suoi uomini e altri venti alfieri di Grande Inverno. Partirono con noi anche Thoros di Myr, il prete rosso, ser Raymun Darry e i suoi uomini, ser Gladden Wylde e un altro lord chiamato Lothar Mallery. Ma Gregor Clegane ci stava aspettando al varco al guado dei Guitti, con uomini nascosti su entrambe le rive del fiume. Quando fummo a metà del guado, ci piombarono addosso, prendendoci in mezzo.
«Ho visto la Montagna uccidere ser Darry con un unico fendente talmente forte da staccargli di netto un braccio all’altezza del gomito e uccidere con lui anche il suo cavallo. Anche Gladden Wylde morì nel fiume. E lord Mallery fu disarcionato e annegò sotto il peso dell’armatura. C’erano leoni di Lannister da tutte le parti, e anch’io pensai che la mia ora fosse arrivata. Invece Thoros si mise a urlare comandi e riuscì a ristabilire l’ordine nelle nostre file. Quelli ancora in sella si raccolsero attorno a lui e ruppero l’accerchiamento combattendo. Eravamo sei squadre, quella mattina. Al calar della notte, non rimanevano più di due squadre, e lord Beric era gravemente ferito. Quella notte, Thoros gli estrasse dal petto una punta di lancia lunga un piede e versò vino bollente nel buco della ferita.
«Ognuno di noi era certo che lord Beric sarebbe morto prima dell’alba. Ma Thoros pregò con lui vicino al fuoco per l’intera notte, e quando l’alba venne, lord Beric era ancora vivo… E aveva recuperato le forze. Ci disse che la nostra guerra non si era affatto conclusa al guado dei Guitti, ma che era appena cominciata. Ci disse che ogni uomo dei nostri che era caduto, sarebbe stato vendicato dieci volte.
«A quel punto, la linea dei combattimenti ci aveva superato. Gli uomini della Montagna che cavalca erano solo l’avanguardia dell’esercito di lord Tywin. Il grosso dell’armata Lannister attraversò la Forca Rossa e dilagò nelle terre dei fiumi, bruciando e devastando tutto quello che si trovò davanti. Noi eravamo talmente in pochi che l’unica cosa che potemmo fare furono azioni di disturbo contro la loro retroguardia. Continuammo a ripeterci che presto ci saremmo ricongiunti con le truppe di re Robert, quando lui fosse sceso in campo per soffocare la ribellione di lord Tywin. Ma poi scoprimmo che re Robert era morto, e che anche lord Eddard era morto, e che il cucciolotto di Cersei Lannister era asceso al Trono di Spade.
«Tutto questo rivoltò il nostro mondo come un guanto. Eravamo stati inviati dal Primo Cavaliere del re per fermare dei fuorilegge, ma adesso i fuorilegge eravamo noi… e il Primo Cavaliere del re era lord Tywin Lannister. Alcuni di noi pensarono di arrendersi, ma lord Beric non volle neppure sentirne parlare. Eravamo ancora uomini del re, ci disse, e le genti che i leoni di Castel Granito stavano sterminando erano ancora le genti del re. Se non potevamo combattere per re Robert, allora sarebbe stato per loro che avremmo combattuto. E avremmo continuato a combattere fino a quando anche l’ultimo di noi fosse morto. Così abbiamo fatto, ma poi qualcosa di strano accadde. Per ogni uomo che perdevamo, altri due venivano a prendere il suo posto. Alcuni erano cavalieri o scudieri, di nobili natali, ma la maggior parte erano uomini comuni: braccianti e violinisti, locandieri, servitori e calzolai, perfino due septon. Uomini di tutti i generi, e anche donne, bambini, cani…»
«Cani?» disse Arya.
«Già» Harwin sogghignò «uno dei nostri ragazzi alleva i cani più feroci che si siano mai visti.»
«Quanto vorrei averlo io, un cane così feroce» disse Arya con desiderio. «Un cane ammazza-leoni.»
Aveva avuto una meta-lupa, un tempo: Nymeria. Ma le aveva lanciato contro dei sassi fino a quando non era scappata. Era stata costretta a farlo, per evitare che la regina la uccidesse come aveva ucciso la lupa di Sansa.
“Sarà in grado di uccidere un leone, un meta-lupo?” si chiese Arya.
Quel pomeriggio, la pioggia ricominciò a cadere. E continuò a cadere fino a sera inoltrata. Per fortuna, i fuorilegge avevano amici segreti dappertutto. Questo significava che non erano costretti ad accamparsi all’aperto, o a cercare riparo sotto una qualche tettoia sfondata come lei e Gendry e Frittella avevano fatto tante volte.
Quella notte, si sistemarono in un villaggio bruciato e abbandonato. O per lo meno, era sembrato abbandonato fino a quando Jack Fortunello non emise due suoni brevi e due lunghi con il suo corno da caccia. A quel punto persone di ogni genere arrivarono strisciando fuori dalle rovine e uscendo da cantine nascoste. Avevano birra e mele secche e pane duro d’orzo. I fuorilegge avevano un’oca che Anguy l’arciere aveva abbattuto durante la giornata, così la cena quella sera fu quasi un banchetto.