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Arya stava finendo di ripulire gli ultimi brandelli di carne da un’ala quando uno degli abitanti del villaggio si avvicinò a Lem Mantello di limone. «Non più di due giorni fa, sono passati degli uomini di qua» disse. «Cercavano lo Sterminatore di re.»

Lem grugnì. «Meglio se lo cercano a Delta delle Acque. Giù nelle celle più profonde, dove sta fresco e bello umido.» Il suo naso sembrava una mela spiaccicata, tutto rosso, dolorante e gonfio. E il suo umore era ancora più malconcio.

«No» disse un altro di quelli del villaggio. «È scappato.»

Lo Sterminatore di re… Arya si sentì venire la pelle d’oca. Trattenne il fiato e rimase ad ascoltare.

«Possibile?» chiese Tom Settecorde.

«Io non ci credo.» A parlare era un uomo con un occhio solo, con in capo un elmo rugginoso. Era quello che gli altri fuorilegge chiamavano Jack Fortunello, per quanto ad Arya non sembrava che aver perso un occhio fosse poi questo gran colpo di fortuna. «Le ho assaggiate di persona le segrete di quelli. Come ha fatto a scappare?»

I paesani poterono solo rispondere con una scrollata di spalle. Bafbaverde, il tyroshi grande e grosso, si accarezzò la folta barba verde e grigia. «Se lo Sterminatore di re è di nuovo in giro» disse «i lupi del nord annegheranno nel sangue. Bisogna dirlo a Thoros. Il Signore della luce gli mostrerà il principe Lannister attraverso le fiamme.»

«C’è un fuoco niente male anche qua» sorrise Anguy.

Barbaverde rise, tirandogli un orecchio. «Ti sembro putacaso un prete rosso, arciere? Quando Pello di Tyrosh scruta nel fuoco, le braci gli arrostiscono la barba.»

Lem fece scrocchiare le nocche. «Ma a lord Beric piacerebbe parecchio catturarlo, questo Jaime Lannister…» disse.

«Pensi che lo impiccherebbe, Lem?» chiese una delle donne del villaggio. «Sarebbe uno spreco appendere un uomo bello come lui; però.»

«Prima, il processo!» disse Anguy. «Lord Beric il processo lo fa sempre, lo sapete questo» sorrise. «Dopo li impicca.»

Ci fu un coro di risate. Tom fece scorrere le dita sulle corde della sua arpa, intonando una tenera ballata:

I fratelli del bosco del Re,

erano una banda di fuorilegge.

La foresta era il loro castello,

e il campo aperto il loro giardino.

L’oro di nessun uomo dormiva al sicuro,

né di ogni fanciulla il segreto tesoro.

Oh, i fratelli del bosco del Re,

paurosa banda di fuorilegge.

Stretta al caldo e all’asciutto tra Gendry e Harwin, Arya rimase ad ascoltare la canzone per un po’, ma poi chiuse gli occhi e scivolò nel sonno.

Sognò casa. Non Delta delle Acque: Grande Inverno. Ma non fu un bel sogno.

Era da sola all’esterno del castello e affondava nel fango fino alle ginocchia. Davanti a lei vedeva le mura grigie. Cercava di arrivare alle porte, ma ogni passo sembrava più difficile del precedente. La fortezza continuò a diventare sempre più indistinta, fino a quando parve fatta di fumo, e non di granito.

E c’erano anche lupi, scarne forme grigie in agguato tra gli alberi tutto attorno a lei, i loro occhi simili a braci ardenti.

E ogni volta che lei li guardava, le tornava in bocca il sapore del sangue.

La mattina successiva lasciarono la strada e tagliarono attraverso i campi. Il vento soffiava a raffiche, trascinando le foglie morte tra gli zoccoli dei cavalli, ma almeno, per una volta tanto, non pioveva. Quando il sole apparve da dietro le nuvole, la sua luce fu talmente accecante da costringere Arya a proteggersi gli occhi sollevando il cappuccio.

All’improvviso, diede un colpo di redini, accostandosi a Gendry. «Stiamo veramente andando dalla parte opposta!»

Lui emise un grugnito. «Cos’è, di nuovo il muschio?»

«Guarda il sole» martellò Arya. «Stiamo andando a sud!» Arya rovistò nella borsa della sella alla ricerca della mappa. «Non avremmo mai dovuto abbandonare il corso del Tridente. Guardate.» Srotolò la mappa contro la gamba. Adesso, tutto il gruppo la stava guardando. «Qui. Delta delle Acque sta in questo punto, in mezzo ai due fiumi.»

«Per l’appunto» disse Jack Fortunello. «Noi lo sappiamo dove sta Delta delle Acque. Ognuno di noi lo sa.»

«E tu non ci vai, a Delta delle Acque» disse Lem ad Arya in tono duro.

“C’ero quasi arrivata” pensò Arya con rabbia. “Avrei dovuto lasciargli prendere i nostri cavalli. La strada che mancava potevo percorrerla a piedi.” A quel punto si ricordò del sogno, e si morse il labbro.

«Ah, non fare quella faccia triste, ragazzina» disse Tom Settecorde. «Non ti succederà niente di male, hai la mia parola.»

«La parola di un bugiardo!»

«Nessuno ha detto bugie» disse Lem. «E nessuno ha promesso niente. Non spetta a noi decidere che cosa fare di te.»

Lem non era il capo, così come non lo era Tom. Arya si rivolse a Barbaverde, quello di Tyrosh. «Portami a Delta delle Acque e verrai ricompensato» disse in tono disperato.

«Piccola mia» rispose Barbaverde «un contadino magari trova su un albero un comune scoiattolo e lo scuoia per buttarlo in pentola. Ma se su quell’albero trova uno scoiattolo d’oro, lo porta dal suo lord… o almeno ci prova.»

«Io non sono uno scoiattolo» dichiarò Arya.

«Sì che lo sei.» Barbaverde rise. «Un piccolo scoiattolo d’oro che va a sbattere nel lord della folgore, che lo voglia o no. Lo saprà lui che cosa fare di te. Scommetto che ti rimanda dalla lady tua madre, proprio come vuoi tu.»

Tom Settecorde annuì. «Già, così è fatto lord Beric. Prenderà la decisione giusta per te, vedrai se sbaglio.»

Lord Beric Dondarrion. Ad Arya tornò in mente tutto quello che aveva sentito dire a Harrenhal, sia dai Lannister sia dai Guitti sanguinari. Lord Beric, l’elfo dei boschi. Lord Beric che continuava a essere ucciso: da Vargo Hoat, e prima ancora da ser Amory Lorch, e due volte dalla Montagna che cavalca. “Se non mi rimanda a casa, magari lo ucciderò una volta anch’io.”

«Per quale motivo devo vedere lord Beric?» chiese Arya in tono calmo.

«È da lui che portiamo tutti i prigionieri di nobile lignaggio» rispose Anguy.

Prigioniera. Arya respirò a fondo, cercando di rimanere calma. “Immobile come acqua stagnante.” Passò lo sguardo sui fuorilegge in sella ai loro cavalli, poi fece voltare la testa al suo, di cavallo. “Adesso! Rapida come un serpente!” Arya piantò gli speroni nei fianchi del corsiero. Volò via proprio sotto il naso di Barbaverde e di Jack Fortunello. Ebbe solo una fugace visione dell’espressione sbalordita sulla faccia di Gendry, il suo cavallo che si scostava per evitare l’urto. E poi fu in terreno aperto, lanciata al galoppo.

Nord o sud, est o ovest, a quel punto non aveva importanza. Avrebbe trovato la strada per Delta delle Acque più tardi, una volta che li avesse seminati. Arya si protese in avanti sulla sella e spronò ancora di più il purosangue. Sulla sua scia, i fuorilegge imprecavano, urlandole di tornare indietro. Arya si costrinse a ignorare quelle grida. Gettò un rapido sguardo dietro di sé: erano in quattro al suo inseguimento, Anguy, Harwin e Barbaverde cavalcavano fianco a fianco, Lem era più indietro, con il suo grande mantello giallo che svolazzava nel vento della corsa.

«Veloce come un cervo» disse Arya al suo purosangue. «Corri, adesso… corri!»