«Significa che sarebbe meglio che spiegassi a Maggie questa faccenda.»
«Perché? Cosa succede agli animali che non hanno un permesso di importazione? Cosa farà il veterinario a Cleo?»
Delanna aveva alzato la voce. Maggie li stava fissando, corrugando la fronte, e Sonny commentò, curiosamente, «Cos’è una cleo?»
«Doc Lyle ha confiscato il piccolo animale da compagnia di Delanna,» spiegò Jay. «Si tratta di un qualche tipo di scarafaggio. L’aveva portato giù dalla Scoville nella sua sacca e Doc Lyle lo ha messo in quarantena.»
«Lei deve tirarla fuori,» disse Delanna rivolta a Maggie, ma l’avvocato aveva aggrottato la fronte come Jay.
«Non ha un permesso d’importazione?» le chiese Maggie.
«Ha fatto tutte le iniezioni necessarie prima che salissimo sulla Scoville,» rispose Delanna. «Ha tutti i documenti necessari per il viaggio fino a Carthage.»
Maggie sembrava ancora preoccupata.
«Cleo non è un semplice animale di compagnia,» tentò di spiegare Delanna. «È con me fin dal mio primo anno di scuola. Non posso lasciarla qui. Dovete farla uscire dalla quarantena.»
«Tu non capisci, tesoro,» replicò Maggie in tono tranquillizzante. «Le leggi di Keramos…»
«Sono assolutamente ingiuste!» la interruppe Delanna, poi scoppiò a piangere.
Jay le passò un fazzoletto a fiori. «Non possiamo falsificare qualche permesso di importazione, Maggie?» chiese, dando un colpetto di incoraggiamento sulla spalla di Delanna.
«Sai che non è possibile,» rispose l’avvocato. «Saranno necessarie venti pagine di documentazione solo per fare approvare a Doc Lyle l’importazione delle oche di Sonny e loro non sono state contrabbandate qui in una sacca da viaggio. Sai come la pensa Doc Lyle sul seguire le regole alla lettera. Ormai non accetterebbe neppure un mucchio di permessi di importazione alto dieci centimetri. Posso stilare una diffida in modo che Doc Lyle non possa…» Maggie si fermò, rivolse un’occhiata a Delanna, poi proseguì, «…prendere una decisione sull’animale per trenta giorni, ma è tutto quello che posso fare.»
Delanna si asciugò gli occhi con il fazzoletto. «Non andrò da nessuna parte senza Cleo e questa è la mia ultima parola!» esclamò facendo correre lo sguardo su tutti i presenti.
Maggie aveva di nuovo aggrottato la fronte e Sonny sembrava dispiaciuto. Jay le rivolse un sorriso rassicurante. «Andrà tutto bene. Una diffida è valida per trenta giorni; per allora Maggie avrà trovato una scappatoia legale, vero, Maggie, mio furbo avvocato?»
Delanna pensò che Maggie non fosse molto convinta, ma la donna replicò, «Potrebbe esserci qualche scappatoia nelle leggi originali del pianeta. Inizierò a studiarle non appena sarete partiti per Milleflores.»
«Io non…»
«Non hai scelta, tesoro,» replicò Maggie. «O prendi il treno di mezzanotte, oppure rinunci alla proprietà. E se lo fai,» aggiunse astutamente, «come farai a pagare le spese legali per fare uscire Cleo dalla quarantena?»
Delanna sapeva di essere stata sconfitta. «Ed è sicura che Cleo starà bene?»
«Certo che ne è sicura,» rispose Jay. «Tornerò prima che i trenta giorni siano trascorsi e andrò a sincerarmi delle sue condizioni. Maggie, scrivi quella diffida e io andrò a consegnarla di persona a Doc Lyle. Poi tornerò e la accompagnerò al treno, Mrs. Tanner.»
«Delanna viene con me,» affermò Sonny. «Hai preparato i permessi di importazione per le mie oche?»
«Sì.» Maggie si voltò verso il terminale vega, toccò alcune icone e un fascio di fogli cadde nel cestino. Maggie li tese a Sonny, toccò un’altra icona e un altro fascio, più spesso del primo, emerse dal terminale.
«E la diffida?» le chiese Delanna.
«Non ancora,» rispose Maggie, toccando alcune icone e osservando i fogli che continuavano a uscire dal terminale. «Quelli sono i permessi di importazione delle oche di Sonny.»
Delanna ebbe un tuffo al cuore. Ovviamente gli altri non avevano esagerato quando le avevano illustrato l’ossessione che il veterinario nutriva per il rispetto delle leggi. E quel mare di carta serviva solo per le uova che si erano schiuse dopo il decollo della Scoville.
Maggie passò a Sonny quella che sembrava un’intera risma di fogli, poi si girò verso il terminale e iniziò a toccare di nuovo delle icone… molte icone. Fece una pausa, lesse qualcosa sullo schermo, toccò molte altre icone, poi prese un singolo foglio dal cestino e lo tese a Jay. «Vale per trenta giorni: obbliga il diffidato a prendersi cura dell’animale in questione e a nutrirlo, assumendosi la piena responsabilità del suo benessere.»
«Bene,» commentò Jay, piegando il foglio e infilandolo nel taschino della camicia. «Venga, signorina,» invitò Delanna, cingendole la vita con il braccio.
Sonny si alzò. «Su, Delanna, andiamo. Ti accompagnerò io alla stazione ferroviaria.»
«Non andrò con nessuno di voi due,» replicò Delanna, allontanando ostentatamente il braccio di Jay dalla propria vita. «E non mi chiami ‘signorina.’»
«Sonny, Mad Dog, uscite di qui prima che vada a prendere la mia scopa e vi cacci,» minacciò Maggie spegnendo il terminale vega. «Non c’è bisogno che Delanna vada alla stazione con uno di voi. Può rimanere con me fino alla partenza del treno; la accompagnerò io. Voi due andate pure a sbrigare i vostri affari.»
Con una strizzata d’occhio a Delanna, Jay andò via. Sonny si fermò sulla soglia, fu sul punto di dire qualcosa, poi uscì fuori senza averlo fatto, di qualsiasi cosa si trattasse.
«Adesso,» proseguì Maggie quando furono andati via, «abbiamo due ore e mezzo fino alla partenza del treno e scommetto che sei esausta.» Si sedette e si versò un’altra tazza dalla bottiglia di ambrosia, poi, con un gesto, indicò un divano dall’aria polverosa sul retro dell’ufficio. «Perché non ti sdrai lì e schiacci un pisolino? Ti sveglierò a un’ora che ti permetterà di prendere il treno senza affrettarti.»
«Voglio vedere un altro avvocato,» affermò Delanna.
Maggie poggiò la tazza e fissò Delanna. tamburellando con le dita sul tavolo. A Delanna venne in mente che alienarsi la simpatia dell’unica persona che si era interessata a lei probabilmente era un grave errore, ma ora non le importava più. Visto il punto a cui era giunta con Maggie che proteggeva i suoi interessi, la sua situazione non avrebbe potuto peggiorare di molto avendola come nemica.
«C’è un altro avvocato in questo buco di città?» chiese Delanna fissando di nuovo Maggie.
«In effetti ce ne sono cinque.» Maggie si alzò, si avvicinò alla porta e la aprì. «Philo!» gridò nel bar, che adesso era diventato decisamente rumoroso. «Puoi venire qui un attimo?»
«Ma certo, Maggie, tesoro mio,» gridò una voce profonda.
«C’è qualche avvocato in questo posto che non sia ubriaco o non gestisca un saloon?» chiese Delanna, rendendosi immediatamente conto di quanto insultanti suonassero quelle parole.
«Philo!» gridò Maggie.
«Vengo, vengo,» rispose in tono impaziente l’uomo. «Fammi solo finire questa mano.»
«Non importa, dopo tutto non ho più bisogno di te!» gridò Maggie. «Mi serve Buck. Qualcuno esca fuori a chiamarlo!» gridò e chiuse la porta.
«Ho l’impressione che tu non sappia molto sugli ubriachi e sui gestori di saloon,» commentò in tono tranquillo Maggie, ancora accanto alla porta. «O sugli avvocati.» Qualcuno bussò alla porta. Maggie la apri e Buck, il ragazzo che aveva tenuto d’occhio le oche, entrò. Stava sogghignando come aveva fatto quando Delanna aveva forato lo scalino con il tacco. Si tolse l’ampio cappello ed esclamò, «Congratulazioni per il suo matrimonio, Mrs. Tanner!» e il suo sogghigno divenne ancora più ampio, tanto che Delanna sperò che il suo volto si aprisse in due e cadesse sul pavimento.
«Vammi a chiamare Lydia Stenberg,» gli ordinò Maggie e lo spinse fuori dalla porta prima che potesse fare una sola domanda, con quel sogghigno stampato in faccia. «Lydia Stenberg non è né un’ubriacona, né una proprietaria di saloon,» commentò, sedendosi pesantemente sulla sedia. «Ma è l’unico altro avvocato in città in questo momento. Guarda caso, in questa cittadina ne abbiamo cinque, ma uno è andato nella zona dei frutteti, un altro è alle miniere e tu hai già detto che non volevi avvalerti dei servigi di Philo.» Guardò Delanna con calma. «Lydia non ti dirà nulla di diverso da quello che ti ho detto io.»