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«Dai a Keramos almeno una possibilità, Delanna. So che tua madre non ne aveva una buona opinione, ma questo era dovuto più alla sua paura per te che al disprezzo per il nostro mondo.»

«Certo,» commentò Delanna.

Il solaris iniziò a dirigersi verso il vicolo da cui erano arrivate. Delanna pensò che non sarebbe riuscito a passare, ma lo fece; i suoi fari fecero brillare le pareti di ceramica.

«Qualcuno ci sta sbarrando la strada,» annunciò il programma di dialogo mentre il veicolo rallentava. «Devo iniziare manovre evasive?»

«Non è una scimmia incendiaria, stupido pezzo di silicone. È Philo. Fermati e apri il finestrino,» ordinò Maggie. Il solaris si fermò all’estremità del vicolo, dove era in attesa Philo.

«Sonny Tanner mi ha detto di darle questo, solo che prima me ne ero dimenticato,» informò Delanna, porgendole la sua piccola sacca attraverso il finestrino. Nel farlo, fissò con aria stolida le gambe scoperte di Delanna.

Delanna tentò di tirare la corta gonna sulle cosce, ma Philo continuò a fissarle. Delanna prese la sacca dalle sue mani e la sistemò sulle ginocchia. «Grazie,» disse in tono gelido.

«Lì dentro c’è il suo corredo da sposa?» le chiese Philo rivolgendole un sogghigno ammiccante. «Ho sentito che lei e Sonny Tanner vi siete sposati. Non è un granché come valigia. Ma, dopo tutto, di quanti vestiti c’è bisogno per andare in luna di miele?»

«Chiudi il finestrino sulla mano di Philo,» ordinò Maggie al computer. Il solaris fece del proprio meglio per eseguire l’ordine, ma Philo ritrasse la mano di scatto, ancora sogghignando.

«Riprendi il viaggio,» ordinò Maggie al solaris. «Come stavo dicendo, nonostante gli imbecilli locali, Keramos non è poi così male, ed è anche un pianeta molto bello. Stanno iniziando ad arrivare perfino alcuni turisti che vogliono vedere le Pianure di sale; se gli piacciono quelle, aspetta di vedere cosa succederà quando scopriranno le montagne! A me piacciono soprattutto le colline ai loro piedi, specialmente la zona in cui si trova Milleflores…»

«Maggie, se mi hai dato un passaggio solo per tentare di farmi cambiare idea sulla possibilità di rimanere a Milleflores, ti avverto che stai solo sprecando fiato. Non mi interessano praterie infinite o montagne suggestive. Io preferisco i panorami cittadini, con edifici più alti delle montagne, a posti che sembrano l’interno di una sauna troppo riscaldata. Ma quello che voglio davvero è la civiltà. Per come la penso io, dei contadini che pensano di potermi dire con chi posso o non posso andare alla stazione sono quasi allo stesso livello dei minatori che mi chiamano ‘zuccherino.’»

Viaggiarono in silenzio per qualche minuto. Delanna fissò fuori dal finestrino. C’erano altri edifici di ceramica illuminati da file di luci multicolori e anche la strada era fiancheggiata da lampioni in ceramica. Quando il solaris svoltò, abbandonando la strada in terra battuta per imboccarne una pavimentata, Delanna ipotizzò che la pavimentazione fosse in ceramica. A parte le scatole di liquori, sembrava che l’intera città di Grassedge fosse stata costruita in ceramica.

Era bloccata su un pianeta fatto di piastrelle per il bagno, senza soldi, senza vestiti e senza alcun diritto legale.

«Sei preoccupata per il tuo baule, vero?» le chiese Maggie. «Abbiamo ancora un po’ di tempo. Passerò da casa mia e ti presterò un po’ di vestiti, così potrai arrangiarti fino a quando non arriverà il baule.»

«No, grazie,» rispose Delanna, pensando, Se avessi voluto davvero aiutarmi, mi avresti liberato da questo falso matrimonio e mi avresti aiutato ad andarmene da questo pianeta. «Non mi andrebbero,» aggiunse crudelmente.

«Come vuoi,» rispose Maggie. Proseguirono in silenzio per qualche altro minuto.

«Non essere così dura con Sonny,» la esortò infine Maggie. «È un brav’uomo, per quanto possibile. Non ha potuto ricevere un’educazione molto approfondita, ma c’è un buon motivo se le cose sono andate così.» Fece una pausa, poi proseguì. «Praticamente si è quasi ammazzato di fatica per tentare di ricavare qualche soldo da Milleflores e, dopo la morte del padre, non è rimasto più nessuno ad aiutarlo.»

«Lo ha fatto mia madre,» ribatté Delanna.

Questa affermazione fece tacere Maggie per un lungo minuto. «So che non parla bene, come Jay Madog, ma non stava tentando di darti ordini quando ti ha detto di andare con lui. Vedi, è abituato a dare ordini ai suoi fratelli e si è semplicemente dimenticato di pensare prima di aprire la bocca.»

«Non ho notato alcun indizio che indichi che sia in grado di pensare,» commentò Delanna. «È solo uno zoticone.»

Ancora una volta Maggie tacque. Davanti a loro era apparso un edificio vasto e illuminato a giorno che non solo torreggiava sugli altri edifici che lo circondavano, ma aveva una forma diversa. In effetti somigliava a una gigantesca torta nuziale circondata da elaborate balaustre, simili a decorazioni di glassa. Il solaris si fermò davanti alla facciata dell’edificio, da dove la luce si diffondeva proveniente da alte porte doppie. All’interno c’era un altro paio di porte.

«È questa la stazione?» chiese Delanna, sentendosi più sollevata. «Sì,» rispose Maggie.

Delanna annuì con approvazione. Aveva pensato che il terminale della ferrovia sarebbe stato ancora più primitivo dello spazioporto, forse nulla di più di una baracca con una panchina.

«Apri la porta,» ordinò Delanna al solaris. Il tettuccio si aprì, ma non del tutto. Delanna fu costretto a spingerlo con la sacca. «Vuoi che ti accompagni?» le chiese Maggie.

«No,» rispose Delanna.

«Ti terrò informata sul tuo caso via radio. Qualche volta i temporali e le macchie solari disturbano le trasmissioni, dunque chiamerò quando posso. Se non ricevi mie notizie, puoi chiamare tu.»

«Temporali,» ripeté Delanna in tono inespressivo. «Meraviglioso!» Sporse la gambe fuori dal solaris e, con una contorsione, riuscì a far uscire anche il resto del corpo. Quando si avviò verso la stazione illuminata a giorno, Maggie la chiamò. Delanna si fermò e si voltò a guardare indietro.

«Se proprio non vuoi concedere a Keramos una possibilità, almeno sii buona con Sonny. Gli devi molto.»

«Io non gli devo nulla,» replicò Delanna, ma Maggie aveva chiuso il tettuccio e il solaris stava già facendo inversione.

Il terminal ferroviario di Grassedge non era certo paragonabile a qualsiasi terminal di Gay Paree, ma sembrava più promettente di qualsiasi altro edificio Delanna avesse visto fino a quel momento a Grassedge. Si avviò sul vialetto pavimentato a mosaico fino al bordo esterno della torta nuziale, leggermente sorpresa di scoprire che era lo stesso tipo di mosaico che i commercianti avevano usato, senza badare a spese, per i vialetti che conducevano alle porte dei loro negozi nel centro di trasporto di Gay Paree, rimodernato da poco.

Guardò l’orologio. Mancavano venti minuti alla partenza del treno: un intervallo di tempo più che sufficiente per trovare qualche negozio di vestiti. Forse, con un po’ di fortuna, uno di essi avrebbe accettato carte di credito. Su quel mondo tanto periferico era impossibile che fosse disponibile la lettura di stato istantanea e dunque i negozianti non avrebbero avuto alcun modo per appurare che le sue carte di credito erano scadute. Delanna avrebbe potuto permettersi di acquistare un intero guardaroba nuovo di zecca.

CAPITOLO QUARTO

La biglietteria era la prima cosa che si incontrava una volta superate le porte, però non era situata dentro la stazione vera a propria, bensì nel piccolo atrio delimitato dalle due coppie di porte. Non era neppure una vera biglietteria, ma un cavalletto con un’asse sopra e un cartellone degli orari attaccato all’elaborata parete di ceramica alle spalle. Una perfetta metafora dell’intero maledetto pianeta, pensò Delanna, compresi gli uomini male in arnese in fila di fronte a essa.