Erano tutti uomini che non si radevano da almeno una settimana e non facevano il bagno da almeno un mese e si girarono tutti a guardare Delanna quando entrò, come se fossero sopraffatti dalla gioia di vederla. Delanna andò a mettersi in quella che presunse fosse l’estremità della fila disordinata, stando bene attenta a mantenere la distanza maggiore possibile tra lei e gli uomini.
«Passi pure avanti, signorina,» la invitò l’uomo davanti a lei, facendole segno di avanzare con una mano nerastra. La fila ondeggiò, si aprì e Delanna si ritrovò davanti alla biglietteria, chiedendosi se quello fosse uno dei modi in cui si manifestava la cavalleria locale, oppure se il cerchio di uomini si sarebbe improvvisamente chiuso intorno a lei.
«Dove vuole andare?» le chiese il bigliettaio. La domanda le fece comprendere di non avere la più pallida idea di quale fosse la sua destinazione. Milleflores non poteva avere una stazione ferroviaria e Delanna non sapeva quale fosse la città più vicina che ne avesse una. Quando aveva lasciato Keramos per andare a scuola non esisteva neppure la linea ferroviaria e non riusciva a ricordare che la madre le avesse scritto qualcosa sulla costruzione di una stazione.
Studiò il tabellone alle spalle della biglietteria, sperando di leggere un nome citato nelle lettere della madre. Si Chrome Lode, China Dome, Richmond Furnace, Last Chance, Cermet Summit. Non ne riconobbe nessuno, tranne Last Chance.
«Non riesce a decidere, signorina?» le chiese un minatore dall’aria sudicia con una barba molto folta, invece della solita peluria. «Perché non viene all’Anaconda?»
«Sì,» confermò il suo amico, ovviamente sbronzo per la troppa ambrosia bevuta. «La faremo divertire davvero un sacco.»
«Non vada con quei mangiatori di minerale.» intervenne un altro, coperto dalla testa ai piedi di polvere grigio-nerastra. «Se vuole conoscere dei veri gentiluomini, deve venire all’lmpareggiabile. Stavo per prendermi una settimana di riposo, ma — al diavolo! — tornerò con lei e le mostrerò la strada. Mi chiamo Frank Fuller. E lei, signorina?»
«Io voglio andare a Milleflores,» disse Delanna rivolta al bigliettaio, tentando di parlare a bassa voce. «Qual è la stazione più vicina?»
«La stazione più vicina?» rispose il bigliettaio con voce inespressiva. «A Milleflores?»
«Milleflores?» ripeté il minatore che aveva appena affermato di chiamarsi Frank Fuller. «Sta andando dalla parte sbagliata, signorina. In quella direzione non c’è nulla, tranne polvere, sale e altra polvere, esattamente in questo ordine. Lei non può sprecare il suo fascino con un mucchio di pesta-frutti. Lei deve venire all’lmpareggiabile.»
«Ho bisogno di un biglietto per Milleflores, o per la stazione più vicina,» sibilò Delanna al bigliettaio.
L’uomo la guardò di nuovo in modo inespressivo.
«Sembra che lei non possa andare a Milleflores in ogni caso,» la incalzò il minatore barbuto, «dunque perché non viene con me e…»
Delanna spinse il proprio denaro verso il bigliettaio. «Mi dia un biglietto per Milleflores,» ordinò.
L’uomo si limitò a fissare il denaro ammiccando, poi il suo volto si illuminò improvvisamente. «Lei è la moglie di Sonny Tanner, vero?»
No, pensò Delanna, assolutamente no. «Sì,» rispose invece.
Il bigliettaio prese una custodia rossa. «Ecco il suo biglietto. Jay Madog ha detto che sarebbe passato a prenderlo.» Delanna tentò di dargli il denaro, ma lui Io spinse di nuovo verso Delanna. «Ha già pagato Mad Dog. E così tu sei la moglie di Sonny. Cavolo, scommetto che Cadiz Flaherty starà schiumando di rabbia! Sono tre anni che tenta di prendere al laccio Sonny, senza riuscirci. E poi lui sposa te così, di botto. Devi averlo davvero colpito.»
Mi piacerebbe molto colpirlo, pensò Delanna. Lui, te e un mucchio di altre persone. Tentò di prendere la custodia del biglietto, ma il bigliettaio la allontanò. «Sei stata su Rebe Primo, giusto? Ma come avete fatto voi due a innamorarvi, visto che Sonny era qui e tu andavi a scuola?»
«Non l’abbiamo fatto,» replicò in tono secco Delanna, poi capì immediatamente che era la cosa sbagliata da dire di fronte a quella banda di tipacci. Ovviamente la faccenda non era affare loro, però questo non poteva certo dirlo. No, adesso doveva dire qualcosa che avrebbe soddisfatto il bigliettaio, in modo che si decidesse a darle finalmente il biglietto, permettendole di andarsene di lì.
«Non l’avete fatto?» commentò il bigliettaio assumendo la stessa espressione stolida di quando Delanna gli aveva chiesto un biglietto per Milleflores.
«Volevo dire che non ho dovuto innamorarmi di lui: lo conoscevo fin da quando ero bambina e immagino di averlo sempre amato.» Il volto del bigliettaio conservò la sua espressione vuota. «E, ovviamente, ci scambiavamo delle lettere.» L’espressione del bigliettaio divenne ancora più stolida, ammesso che fosse possibile. «Ci scrivevamo delle lettere. Ma ora devo sbrigarmi. Sonny arriverà da un momento all’altro.» Allungò una mano verso il biglietto e riuscì finalmente a prenderlo. «Grazie,» disse rapidamente e iniziò a farsi largo tra la folla di uomini. «Scusatemi, scusate, chiedo scusa.»
«Hai detto di essere la moglie di Sonny Tanner?» chiese Frank Fuller, piantandosi di fronte a Delanna.
«Sonny Tanner non si sarebbe mai sposato,» obiettò il minatore barbuto. «E se ci avesse provato, Cadiz Flaherty avrebbe avuto qualcosa da ridire.»
«Immagino sia inutile chiederti in che modo tu sia riuscita ad accalappiare Sonny,» affermò il minatore sbronzo. Lanciò un’occhiata eloquente alla gonna corta di Delanna.
«Lei dice che gli scriveva delle lettere,» intervenne il bigliettaio.
«Be’, allora qualcuno mi dia subito un pezzo di carta!» esclamò il minatore barbuto. «Anch’io voglio una moglie!»
«Cosa gli dicevi in quelle lettere?» le chiese qualcuno, Delanna non riuscì neppure a vedere chi fosse.
«Scommetto di sapere cosa gli diceva!» urlò il bigliettaio. «E non era certo ‘Caro Sonny’!»
«Ora basta!» gridò Delanna, sbattendo la sacca sul bancone della biglietteria. «Ne ho abbastanza di questo buco infernale che chiamate pianeta e ne ho abbastanza di voi gratta-sudiciume! Sono venuta per comprare un biglietto e prendere un treno, non per essere molestata da un branco di sudicioni zotici e ignoranti! Ora chiudete il becco e toglietevi dai piedi!»
«Andiamo, Mrs. Tanner, ci stavamo soltanto divertendo un po’,» si difese il bigliettaio.
«E non mi chiami Mrs. Tanner!» gridò Delanna. «E neppure signorina!» Afferrò la sacca, preparandosi a vibrarla contro lo stomaco di qualcuno, se fosse stato necessario. Frank Fuller arretrò, sollevando le braccia coperte di polvere come per difendersi, ma sul volto aveva stampato un sogghigno irritante.
Delanna passò davanti ai minatori con andatura decisa e oltrepassò le porte interne.
«Dove è diretta?» le chiese con aria leggermente timorosa un uomo che indossava il berretto da conduttore. Meglio così. Questo significava che aveva sentito la sfuriata di Delanna.
Delanna non avrebbe accettato espressioni stolide da parte del conduttore quando rispose, «Milleflores.» Tese il biglietto verso di lui.
Il conduttore aprì la custodia e vi guardò dentro. «Superi il cancello su cui c’è scritto Last Chance,» la indirizzò con un tono di voce sorprendentemente educato, poi indicò un’altra coppia di porte.
Delanna gli strappò il biglietto di mano e spinse le porte. Dietro di lei, udì qualcuno commentare, «Povero Sonny. Qualcuno dovrebbe avvertirlo. Si è ficcato in un bel guaio.» Le porte si chiusero alle sue spalle e Delanna entrò nella stazione.
L’edificio non era fatto di piani sovrapposti, ma era un unico, vasto ambiente, il cui soffitto si restringeva ogni dieci metri fino a culminare, molto in alto, in un lucernario. L’intera sala era ricoperta di mattonelle di ceramiche con incredibili sfumature rosse e verde pallido, fiamme e tozzi alberi che bordavano il secondo livello e una serie di archi in uno stridente colore turchese su cui erano scritti gli stessi nomi del tabellone: Si Chrome Lode, Last Chance, Richmond Furnace, Cermet Summit; ovviamente gli archi conducevano ai treni.