Anche il pilota li salutò. «Quello è il veterinario dello spazioporto, Doc Lyle. L’altro è il capitano della carovana della prateria, Jay Madog. Senza dubbio il veterinario deve prelevare dei campioni di sangue da queste oche e probabilmente Jay vuole controllare i manifesti di carico per vedere di quanto spazio ha bisogno per il prossimo viaggio verso est. E poi penso che debba anche firmare delle licenze di software.»
«Oh,» commentò Delanna in tono deluso.
Raggiunsero gli uomini, «…per caso hai visto qualche mandarino reale l’ultima volta che sei stato lì?» stava chiedendo il veterinario.
«Neppure uno,» rispose l’uomo più giovane.
Entrambi si girarono a guardare la cassa.
«Le oche sono lì dentro?» chiese il veterinario mentre infilava una mano oltre il bordo del buco nero; evidentemente stava cercando un interruttore, poiché la profonda oscurità venne improvvisamente inondata di luce. L’interno del magazzino ospitava alcuni contenitori, che però non riuscivano a riempirlo neppure per metà. «Dove sono i loro permessi di importazione? Una volta tanto mi piacerebbe tornare a casa in tempo per l’ora di cena.»
«Eccoli,» rispose il pilota. «Lì dentro c’è qualcuno in attesa di un passeggero?»
«Non c’è nessuno.» Il veterinario andò incontro al pilota, che, senza fermarsi, gli tese un fascio di fogli. «Comincia a farle uscire dalla cassa,» ordinò mentre era già impegnato a esaminare i documenti. «Entro subito.»
Il pilota chinò la testa e scomparve oltre la bassa entrata. Delanna si rese conto che non sarebbe riuscita a superare il montante senza battervi la testa.
L’uomo più giovane, Jay Madog, i cui capelli neri gli cadevano disordinatamente sulla fronte, si avvicinò alla cassa che continuava a muoversi. «E lei chi sarebbe?» chiese, tendendo le braccia verso Delanna.
Delanna esitò, guardò la porta che si avvicinava sempre di più, poi saltò giù. Madog l’afferrò per la vita e l’aiutò a scendere. Dopo averla deposta a terra, la tenne stretta un istante di troppo mentre i suoi polsi premevano contro i seni di Delanna. Poi la lasciò andare, sollevò un braccio verso la parte superiore della cassa e prese la sacca da viaggio e il portadocumenti. Mentre offriva quest’ultimo a Delanna, le chiese di nuovo, «E allora qual è il suo nome, signorina?»
«Mancano dei documenti,» intervenne il veterinario. «Non trovo il permesso di importazione di questo maiale.»
«È in fondo,» gli spiegò l’uomo dai capelli scuri, poi, giratosi di nuovo verso Delanna, aggiunse, «Mi permetta di presentarmi. Io sono Jay Madog. E quel tizio che mi sta rompendo le scatole con i documenti è Doc Lyle.» Il suo sorriso si allargò; Delanna decise che si trattava di un sorriso decisamente gradevole.
Strinse la mano offertale da Madog. La stretta dell’uomo era ferma, ma non dolorosa come quella di alcuni ragazzi su Rebe Primo. Ai ragazzi piaceva sempre pavoneggiarsi, ma Delanna era sicura che Jay Madog non avesse alcun bisogno di farlo. «Come sta, Capitano Madog?» replicò cortesemente, come le avevano insegnato a scuola.
«Tutti mi chiamano Jay,» replicò lui, continuando a portare la sacca da viaggio e conducendo Delanna oltre la porta del magazzino.
«Hrrrumph!» Delanna sentì esclamare il veterinario, si girò e vide che la stava studiando al di sopra del fascio di fogli. «Lo chiamano anche Cane Pazzo, e per un buon motivo.»
Jay non le lasciò ancora andare la mano. «Non credere a nulla di quello che si dice sul mio conto, se prima non l’hai visto con i tuoi occhi,» la avvertì. «Io non lo faccio,» replicò il veterinario, poi tornò ai suoi documenti.
«E non farlo neppure tu,» proseguì Jay rivolto a Delanna, che si girò a guardarlo. Jay le stava sorridendo. «La gente dei lanzye spettegola decisamente troppo, ma non è che si possa biasimarli molto, visto che non c’è nient’altro da fare.»
«E immagino che a te questo non dispiaccia troppo,» commentò Delanna mentre allungava la mano nel tentativo di prendere la sua sacca: non aveva tempo da perdere con il dongiovanni locale, anche se apprezzava il suo comportamento amichevole. E poi non voleva che nessun altro portasse la sacca, e il suo contenuto.
Ma Jay rifiutò di cedere la sacca e indicò una panca accanto a un recinto per il bestiame. «E io cosa posso farci?» replicò assumendo un’espressione esageratamente innocente.
«Scommetto che riusciresti a pensare a qualcosa, se solo ci provassi,» commentò Delanna, seguendolo verso la panca, «ma, da quel che ricordo di Keramos, arrecheresti un grosso dispiacere all’intera popolazione.»
Jay rise. «Ecco una donna che mi capisce! E per giunta una donna con dei bellissimi capelli rossi. Ma dove sei stata per tutta la mia vita? E ora che ti ho trovato, dov’è che stai?»
«Non sto da nessuna parte,» rispose Delanna, continuando a tenere d’occhio la sacca. «Partirò domani pomeriggio.»
Jay rivolse un’occhiata al pilota, che annuì. «È vero. Ha prenotato un posto per tornare sulla Scoville domani pomeriggio. Non ha neppure portato giù il suo baule.»
Jay sembrò assolutamente desolato. «Ma perché qualcuno dovrebbe scendere su Keramos per un giorno solo?» le chiese.
«Dovrei riuscire a sbrigare i miei affari in poche ore,» gli spiegò Delanna. «Ma una domanda ancora migliore sarebbe: perché chiunque dovrebbe rimanere su Keramos per più di un giorno?»
Il veterinario, che li aveva seguiti all’interno del magazzino, emise di nuovo uno sbuffo sprezzante.
«Sono venuta qui solo per vedere un avvocato,» annunciò Delanna, allungando di nuovo la mano verso la sacca.
Jay si affrettò a nasconderla dietro la schiena. «Be’, ma se abbiamo solo una notte a disposizione,» commentò, avvicinandosi a Delanna, «abbiamo il dovere di sfruttarla al massimo.»
«Jay!» esclamò Doc Lyle. «Smettila di infastidire i turisti e va’ a controllare il tuo carico. Oppure vieni ad aiutarmi con queste oche.»
«Andremo al lago a fare un picnic, Delanna,» proseguì Jay, ignorando le parole del veterinario. «E magari ci concederemo una nuotata di mezzanotte, se non fa troppo freddo.»
«Ma tu non devi prendere il treno di mezzanotte?» chiese Doc Lyle.
«Una nuotata serale,» si corresse Jay. «Oppure potremmo accendere un falò e guardare le stelle.»
Delanna rise e scosse la testa. «Mi dispiace,» si schermì, «ma domani mattina devo svegliarmi presto per incontrare l’avvocato.» Questa volta riuscì a togliergli di mano la sacca e se la mise a tracolla, in modo che Jay non potesse più impadronirsene, poi si avviò verso il veterinario e il pilota, che stavano aprendo la cassa piena di oche che emettevano starnazzi allarmati.
Jay la seguì. «Allora ti accompagnerò in albergo.»
«Solo dopo che avrai controllato il carico,» intervenne il veterinario. «Non ho alcuna intenzione di rimanere qui per tutta la notte. E non hai anche delle licenze di software da firmare prima che la navetta decolli?»
«Anch’io voglio tornare su,» intervenne il pilota.
«E va bene, andrò a prendere le licenze,» si arrese Jay. «Ci vediamo stasera,» sussurrò a Delanna, le fece l’occhietto, poi uscì dal magazzino.
Il pilota e il veterinario avevano aperto la cassa e stavano spingendo le oche starnazzanti in un recinto.
«Qualcuno avrebbe dovuto venirmi a prendere allo spazioporto,» annunciò Delanna.
«Solo un attimo,» si scusò il veterinario, allungando le braccia verso un’oca che si era rifugiata nell’angolo opposto della cassa. Quando riuscì ad afferrarla, il pennuto starnazzò come se fosse sul punto di essere macellato.