«Grazie, Chancy,» rispose Sonny, poi trascinò Delanna lungo il viottolo.
I tre uomini e Chancy iniziarono a parlare di nuovo l’istante in cui Sonny e Delanna si furono avviati. Il cuore di Delanna iniziò a battere forte, ma nessuno li seguì attraverso il cortile verde immerso nell’ombra.
Delanna fece per prendere la chiave, ma Sonny stava già aprendo la porta. «Dove hai preso la chiave?» gli chiese lei.
«Me l’ha data Chancy» rispose Sonny, precedendola nella stanza. «Ha detto che odia vedere dei novelli sposi che litigano.»
«Noi non siamo sposi novelli,» ribatté Delanna. Si erano fermati appena oltre la soglia. «Voglio ringraziarti per avere salvato…»
Sonny avvicinò un dito alle labbra.
«Per avermi riportato il mio cappello. Sai quanto significhi per me.»
Lui sogghignò. «Certo, ti sta benissimo.»
Delanna aprì la porta. «Bene, buona notte,» gli augurò.
«Devo parlarti di alcune cose,» annunciò Sonny, chiudendo la porta.
«Quali cose?» Delanna si tolse il cappello di Cadiz e vi infilò dentro una mano per prendere Cleo. Lo scarabeo strinse l’orecchio di Delanna con le zampe e si sistemò lì. «E non dirmi che devi rimanere qui a beneficio di Doc Lyle, perché è andato via.»
«Non si tratta di Lyle,» ribatté Sonny, liberando i capelli di Delanna dalla presa di due delle zampe di Cleo. «Vedi, su Keramos, quando ci si sposa…» Staccò Cleo dall’orecchio di Delanna.
«Noi non siamo sposati!» ribatté in tono enfatico Delanna, tentando di liberare un ricciolo di capelli da una delle giunture di Cleo. «E non voglio sapere nulla dei vostri costumi matrimoniali locali. In effetti, non voglio sentire una parola di più su questo pianeta dimenticato da Dio. Ho già sentito e visto troppo.»
Cleo improvvisamente ritrasse tutti gli arti e si raggomitolò. Sonny la tolse dalla testa di Delanna e gliela passò.
«Qualsiasi altra cosa tu voglia dirmi,» proseguì Delanna, «tipo che siamo seduti su una linea di faglia o che le scimmie sacrificano le spose novelle, potrà aspettare fino a domani mattina. Io me ne vado a letto.» Poggiò Cleo sul letto. Lo scarabeo zampettò fino al centro del materasso e iniziò a farsi il nido tra i cuscini di pizzo.
«Be’, in effetti, andare a letto è proprio quello di cui volevo parlarti. Vedi, su Keramos, quando le persone si sposano…»
«Noi non siamo sposati,» ripeté Delanna, «e se hai in mente di reclamare i tuoi diritti coniugali…»
«Shh,» disse Sonny, inclinando la testa di lato. Si avvicinò alla finestra e scostò leggermente le tende.
«E non tentare di usare di nuovo con me quella solfa di «Doc Lyle sta tornando». Ci hai già provato nella sala da…»
«Shh.» Sonny si allontanò dalla finestra e andò dall’altro lato del letto. Scostò le tende della finestra che si apriva su quel lato e fece passare la mano lungo il davanzale.
«È per questo che hai salvato Cleo?» gli chiese Delanna. «Pensavi che ti sarei stata tanto grata da caderti tra le braccia?»
Sonny smise di fare qualsiasi cosa stesse facendo alla finestra. «Io non pensavo nulla,» ribatté. «Stavo pensando a te. Io…»
«Ci scommetto. Stavi pensando a come entrare nella mia stanza con qualche pretesto. ‘Shh. C’è qualcuno alla finestra. Forse sarà meglio che rimanga per la notte.’ Be’, non funzionerà. Devi essere un vero pazzo per avere pensato che avrebbe funzionato.»
Sonny aprì la porta. «Sarò nel solaris, se deciderai di avere bisogno di me.»
«Non avrò bisogno di te!» gli gridò dietro Delanna, poi sbatté la porta.
«Qual è il problema, Sonny?» chiese una voce maschile all’esterno della finestra. Sembrava quella di Chancy. «Voi due avete avuto un altro litigio?»
Delanna scostò cautamente la tenda e guardò fuori. Chancy e i tre uomini con cui lo aveva visto parlare erano al centro del cortile. Delanna chiuse a chiave la porta e poi si guardò intorno, cercando qualcosa con cui sbarrarla.
Cleo si era distesa sui cuscini come un ragno che tesseva il pizzo. Delanna la sollevò con gentilezza, prese tutti i cuscini, tranne uno, e riempì lo spazio tra la porta e il letto con i cuscini e gli asciugamani che riuscì a trovare. Poi aprì la sacca, tirò fuori la sua camicia da notte e incastrò la sacca tra i cuscini e il letto. Cleo era strisciata sul cuscino di Delanna, che la scostò e si mise a letto.
Qualcuno bussò alla porta. «Vattene,» gridò Delanna e poi, improvvisamente, pensò, E se lì fuori c’è davvero Doc Lyle? Il suo cuore iniziò a martellarle in petto. «Chi è?» chiese.
«Sono io, Mrs. Tanner. Chancy. Andiamo, lasci rientrare Sonny. Si è pentito, qualsiasi cosa abbia fatto.»
«O non abbia fatto!» esclamò un’altra voce. Ci furono più risate di quante potessero produrne due uomini. Chi altro c’era lì fuori? Delanna si mise a sedere sul letto, le coperte di pizzo tirate fino al collo, guardando con aria dubbiosa la porta e chiedendosi se avrebbe dovuto tentare di spostare il letto.
«Forse Mrs. Tanner si rabbonirà se le cantiamo un paio di canzonane,» disse una terza voce quando le risate si furono calmate.
«Una buona idea,» approvò Chancy. «Mrs. Tanner, non so se lo sa o no, essendo nuova del nostro bel pianeta, ma, su Keramos, quando due persone si sposano, abbiamo l’abitudine di cantare per farle addormentare. Ora, sappiamo che lei e il suo sposo novello avete avuto una piccola discussione, ma dopo che ci avrà sentito cantare, sappiamo che farete pace. Un, due…»
Dall’esterno della finestra di Delanna provenne una terribile cacofonia. Pensò di riconoscere un tamburo a braccialetto e un trifono. O forse le oche erano fuggite e qualcuno le stava macellando. Cleo tentò di strisciare sotto le coperte. Delanna si tappò le orecchie con le mani. Almeno non può diventare peggio di così, pensò. Il trifono emetteva dei trilli, seguendo quella che Delanna immaginò fosse la melodia, ma era impossibile. Sembrava quasi un’antica melodia natalizia.
Poi iniziarono a cantare e non vi fu alcun dubbio: poteva diventare peggio.
«Andiamo, Mrs. Tanner,» gridò Chancy. «Questo non la spinge a perdonarlo?»
Delanna infilò la testa sotto le coperte. Non servì a nulla.
CAPITOLO SESTO
Delanna riuscì a godere di esattamente tre ore di sonno. Sapeva che si trattava solo di tre ore poiché, perfino con la testa infilata sotto ogni pesante cuscino di pizzo nella stanza, riuscì ancora a sentire un’allegra versione di «Tre del mattino/Non ci farete entrare?» sulla melodia di «Jingle Bells» e poi Chancy batté sulla porta, gridando, «Sono le sei. È ora di colazione.»
Era troppo stanca perfino per pensare a mangiare, ma aveva paura che i cantori della notte precedente potessero arrivare a stanarla con «O venite, novelli sposi» e testi su uova e pancetta. Si alzò, indossò i pantaloni e la camicia a fiori datagli da Maggie e si pettinò i capelli. Aveva l’impressione di avere dormito per dieci minuti.
Durante la notte Cleo era strisciata sotto il letto e si era raggomitolata in una palla delle dimensioni di un pugno nell’angolo meno raggiungibile. Delanna strisciò sotto il letto. «Povera piccola, ti hanno spaventato a morte con quelle canzoni tremende, vero? Povero tesorino mio.»