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Delanna guardò l’orizzonte grigio-marrone. Era impossibile vedere qualsiasi veicolo della carovana, tranne il solaris di Jay, che si sporse dall’altro lato.

«Pensavamo che vi foste perse nella tempesta di polvere,» commentò Sonny.

«E che vi foste uccise a vicenda,» aggiunse Jay. «Immaginavo che non avremmo trovato più nulla, tranne tracce di artigli.»

«Stavamo parlando,» spiegò Delanna.

«È così,» intervenne Cadiz. «Delanna mi stava illustrando le vostre interessanti abitudini. Erano così interessanti che ci siamo dimenticate di non perdere contatto con la carovana.»

Sonny e Jay sembrarono stupefatti.

«Be’, sono felice che il solaris sia a posto,» commentò Jay. «Delanna, ti piacerebbe viaggiare con me per un po’? Ho una cuccetta su cui potresti schiacciare un pisolino.»

«No, grazie,» replicò Delanna. «Penso che viaggerò con Cadiz.»

«Proprio così,» confermò Cadiz con un sorriso dolce. «Abbiamo molte cose di cui parlare.»

CAPITOLO SETTIMO

Cadiz rifiutò di cedere il sedile di guida a Sonny, che così si sistemò sul retro del solaris, piegato in avanti e con il mento sulle ginocchia in modo potere vedere fuori dal tettuccio e, senza dubbio, ascoltarle parlare. Ma adesso le due ragazze viaggiavano in silenzio. Di tanto in tanto, Cadiz rivolgeva un’occhiata a Sonny e ridacchiava tra sé e sé, un comportamento che faceva apparire un’espressione accigliata sul volto di Sonny, ma non lo spingeva a fare alcun commento.

Il suo sguardo era concentrato sul lontano orizzonte; aveva occhi chiari con ciglia lunghe e nere, un filo di barba lungo la mascella volitiva. Poi qualcosa mutò nella sua espressione e, anche se i suoi occhi non si erano mossi, Delanna capì che adesso l’attenzione di Sonny si era concentrata su di lei. Si appoggiò lentamente allo schienale e le sorrise. Delanna si sentì arrossire e distolse in fretta lo sguardo.

«Cosa c’è?» chiese Cadiz, sporgendosi in avanti per poi girarsi verso Sonny. «Oh, lei sa sorridere. Tesoro, dovresti farlo più spesso. Quell’espressione arcigna che hai avuto tutto il giorno ti dà l’aria di una prugna secca.»

Delanna fissò fuori dal finestrino, lasciando che i cespugli marroni e gli occasionali alberi privi di foglie le passassero accanto come macchie confuse fino a quando sentì il calore del rossore che svaniva. Non importa che aspetto abbia Sonny, si disse severamente. L’unica cosa importante per me è ricevere l’eredità e andarmene da questo pianeta.

«Accelera, Cadiz,» ordinò Sonny.

Delanna si arrischiò a guardarlo ed emise un sospiro di sollievo rendendosi conto che Sonny aveva di nuovo rivolto la propria attenzione verso l’orizzonte.

«Non posso accelerare di più. Siamo già al massimo,» replicò Cadiz.

«Ma stai rimanendo di nuovo indietro,» le fece notare Sonny.

«Me ne sono accorta,» rispose Cadiz. Stava controllando i quadranti sul cruscotto. «Stiamo assorbendo i raggi solari dalla batteria troppo in fretta. Sarà meglio che chiami Jay.»

«Non ancora,» replicò Sonny mentre allungava un braccio e faceva scattare più volte un interruttore.

«Ho già alzato la vela solare,» lo informò Cadiz in tono apparentemente irritato.

Ma Sonny non le prestava ascolto: si era incuneato tra i sedili per poggiare le mani sull’albero della trasmissione al centro del pavimento. «Tenta di scalare marcia. Quest’albero è addirittura bollente.»

Delanna osservò Cadiz abbassare con il pollice una leva sul volante e il solaris ebbe un lieve sussulto. Il gemito del motore divenne più alto, anche se il solaris continuò a rallentare.

Iniziarono a seguire un sentiero di erba battuta che saliva su basse collinette oppure girava loro intorno e che, con il passare del tempo, li separò sempre più spesso dalla carovana.

«Fermati, Cadiz. Quest’albero sta diventando ancora più bollente.»

«Sarà meglio che chiami Jay,» rispose lei. «Ormai non riesco più neppure a vedere la bandiera.»

«Fammi prima provare ad aprire la carrozzeria e fare entrare un po’ d’aria per raffreddare la parte inferiore.»

Cadiz sospirò, ma fece fermare il solaris. Sonny aprì i ganci del tettuccio, uscì all’esterno e aprì altri ganci sulla carrozzeria, poi la tirò verso l’alto in modo che si sollevasse di qualche centimetro lungo l’orlo del veicolo. Quando tornò dentro e richiuse il tettuccio, Cadiz fu costretta a sollevare il mento per vedere oltre il cofano del veicolo. Si inerpicarono lungo un’alta collina, discesero senza alcun problema lungo l’altro versante e giunsero a metà del versante della collina successiva.

«Cos’è questa puzza?» chiese Delanna, rendendosi improvvisamente conto che nell’aria secca e polverosa c’era una nuova sfumatura acre.

«Un motore,» spiegò cupamente Sonny.

«O forse tutti e due,» commentò Cadiz. «Adesso posso chiamare Jay?»

«Chiamalo pure e spegni quei dannati motori: così li stai bruciando.»

«Io li sto bruciando?» ribatté Cadiz. «Sei tu quello che non ha voluto farmi fermare mezz’ora fa.»

Sonny si limitò a scuotere la testa.

«Immagino che Sonny pensasse che scalare marcia e aprire la carrozzeria sarebbe stato d’aiuto,» intervenne Delanna.

Sonny annuì impercettibilmente e allungò un braccio oltre di lei per aprire il gancio sopra le loro teste. Quando Cadiz fece fermare il solaris, Sonny spalancò il tettuccio e fu costretto a scavalcare Delanna per uscire. Gettò il cappello a terra, poi strisciò sotto il solaris.

«Jay, mi senti?» stava dicendo Cadiz nel microfono.

«Sì, ti sento.» Udirono la voce di Jay provenire da entrambi gli altoparlanti. «Di quanto siete rimasti indietro? Per caso voi ragazze dovete parlare di nuovo?»

«Qui abbiamo un problema, Jay,» spiegò Cadiz. «Stiamo consumando tanta energia solare quanta riusciamo ad assorbirne e il nostro albero di trasmissione è bollente.»

«Il motore numero uno è andato,» annunciò Sonny quando strisciò vìa da sotto il solaris. Aveva lo sguardo rivolto verso il cielo. Delanna pensò che stesse fissando il sole, che ormai sfiorava l’orizzonte occidentale. Sonny scosse la testa. «Lo avevo appena fatto riparare a Grassedge.»

«E abbiamo perso il motore numero uno,» aggiunse Cadiz al microfono.

Udirono Jay emettere un fischio. «Rimanete lì,» ordinò. «Tornerò indietro per rimorchiarvi.»

Sonny spostò il pannello solare in modo che fosse perpendicolare ai raggi del sole, poi rimase in piedi con le mani in tasca, appoggiandosi al solaris. Cadiz uscì dal solaris e Delanna la seguì, portandosi dietro Cleo, grata di quell’opportunità di sgranchirsi le gambe.

Delanna fece un respiro profondo. Senza il polverone sollevato dal resto della carovana, l’aria era quasi piacevole, per quanto fosse leggermente calda e secca. L’erba sotto i suoi piedi era fragile e si spezzava con un crepitio a ogni passo che faceva. Dietro di loro, le dolci colline erano di un uniforme colore marrone; non c’era nessuna traccia dei campi verdi e irrigati che aveva potuto osservare dal finestrino del treno il giorno precedente.

Tanto per fare qualcosa, Delanna iniziò a camminare sull’erba schiacciata verso la sommità della collina, ma i tacchi alti la rendevano troppo goffa per spingersi così lontano. Sedendosi, Delanna si girò a guardare il solaris. La sua linea snella era allungata per avere un’aerodinamica migliore, le ruote erano molto all’interno della carrozzeria e montate su supporti triangolari; il solaris ricordava un insetto volante in un momento di riposo. Perfino il rimorchio che trainava era stato costruito in maniera più o meno aerodinamica: era lungo, sottile e finiva a punta. Sonny doveva avere tolto l’incerata, poiché le oche stavano sporgendo i becchi da dietro le sbarre. Ma qualcuno ha dato loro da mangiare? si chiese improvvisamente Delanna. Con riluttanza, si alzò e tornò indietro per andare a controllare, portando Cleo con sé. Dopo avere dato da mangiare alle oche, avrebbe nascosto Cleo nel sacco del mangime.