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«La verità è che nessuno pensa come uno Straniero, tranne, forse, un altro Straniero, cosa che io di certo non sono,» si difese Cadiz, togliendo il mestolo dalla pentola per assaggiare. «Ha bisogno di un altro po’ di sale,» commentò. «Non è che ti andrebbe di saltarci dentro?» Iniziò a ridere. «No, diventerebbe troppo salato. Che ne dici di infilare solo la testa?» Scoppiò a ridere a crepapelle.

Delanna la ignorò e continuò cupamente a tentare di passare la spazzola tra i ciuffi di capelli appiccicosi.

Jay si alzò, smettendo di fare qualsiasi cosa stesse facendo accanto al solaris, poi si avvicinò a Delanna.

«Ho una doccia sonica nel mio solaris,» affermò. «Se vuoi, puoi usarla.»

«Oh, ma questa mi pare…»

«Abbiamo dell’acqua che può usare per lavarsi,» affermò Sonny, interrompendo Delanna quando apparve dall’oscurità alle spalle di Jay.

L’acqua era una prospettiva ancora migliore rispetto alla doccia sonica. Delanna era sul punto di dirlo, quando Cadiz chiese, «Quale acqua? Per caso la nostra acqua potabile?»

«Delanna è mia moglie,» affermò Sonny, rivolto non a Cadiz, ma a Jay. «Non ha bisogno della tua doccia sonica.»

«Mi piacerebbe molto usare la tua doccia,» affermò Delanna, rivolgendo un’occhiata rabbiosa a Sonny. «Grazie per l’offerta, Jay. Cadiz, hai qualche vestito da prestarmi?»

«Sì,» rispose Cadiz in tono cauto. Passò a Sonny il mestolo e iniziò a frugare nel suo zaino.

Aggrottando la fronte, Sonny immerse il mestolo nella pentola e ne agitò il contenuto. Lo stufato tracimò oltre i bordi e sfrigolò nel fuoco.

«Devi girarlo, Sonny, non montarlo,» lo avvertì Cadiz senza sollevare lo sguardo. Un istante dopo passò a Delanna un involto di vestiti.

«Grazie,» le disse Delanna, poi si girò verso il veicolo di Jay. «Questo è molto gentile da parte tua,» disse a Jay, perfettamente consapevole che Sonny e Cadiz la stavano sentendo. «Non potrei sopportare di viaggiare fino al lanzye coperta di sale. Non sono davvero cinquemila miglia, vero?»

«Adesso sono un po’ più di quattromila e cinquecento,» replicò Jay. Anche se il sole era tramontato, Jay fu ben attento a camminare dietro i solaris con le loro vele sollevate. O forse aveva scelto il percorso meno illuminato dai fuochi da campo.

Quattromila e cinquecento miglia… dunque quel giorno avevano percorso cinquecento miglia. «A questa velocità, ci vorranno dieci giorni,» affermò Delanna, sentendosi quasi altrettanto scoraggiata di quanto si era sentita quella mattina.

«No, ce ne vorranno più di venti. Una volta giunti nella Pianure, potremo procedere a velocità dimezzata. Se non piove.»

Jay si fermò, il piede poggiato su una roccia, la mano tesa per aiutare Delanna a salire lungo una serie di cenge, fino alla cima di uno spuntone roccioso piatto dove era parcheggiato il suo solaris. Le rocce erano nude come ossa.

«Pioggia?» ripeté Delanna in tono incredulo, stringendo la mano di Jay in modo da saggiare la superficie della cengia prima di appoggiare l’intero peso del corpo sui piedi nudi. «È difficile credere che da queste parti cada una sola goccia di pioggia.»

«Alla radio abbiamo sentito di una lunga serie di temporali a est di qui. Guarda laggiù,» la invitò Jay, indicando verso est mentre Delanna saliva su un’altra stretta cengia. «Riesci a vederli?»

Quando Delanna si girò, ondeggiando leggermente, Jay le lasciò andare la mano e le cinse i fianchi per permetterle di riprendere l’equilibrio. Delanna guardò nella direzione indicatale. Il cielo era di un colore rosa pallido, sopra la testa di Delanna stavano già spuntando le stelle. Vicino all’orizzonte c’era una striscia di rosa più scuro. Delanna l’aveva già notata durante la sua passeggiata e aveva sperato che fossero le montagne da cui erano racchiusi i lanzye.

«Vedi quella linea di nuvole?» chiese Jay, salendo finalmente sulla cengia con lei. «Lì sta piovendo, il che significa guai sulle pianure.»

«Perché?» gli chiese Delanna. Jay non le aveva ancora lasciato andare i fianchi. «È per colpa del fango?»

Jay rise. «Vorrei che il fango fosse l’unico problema che dovremo affrontare. No. L’intera pianura è formata da rocce di sale cristallizzato. Quando piove, l’acqua scava crepacci e buche tanto grandi da inghiottire un solaris. Dovremo eseguire sondaggi sul grado di erosione del sottosuolo e questo ci costringerà a rallentare. Speravo che potessimo passare a nord di qui, ma non sembra molto probabile.»

«No,» confermò Delanna, osservando la sottile striscia di nuvole. Adesso era rossa, mentre il cielo sovrastante aveva assunto una sfumatura di un arancione rosato. Due stelle, molto vicine, spiccavano con la loro fievole luminosità contro lo sfondo di colore intenso.

«Il cielo ha un colore meraviglioso, vero?» chiese Jay, avvicinandosi di più.

«Sì,» replicò Delanna. Si girò verso ovest e, nel farlo, si scostò da Jay. «Guarda il tramonto!» Si avvicinò al bordo opposto della cengia. «Cos’è quello?» chiese, indicando una macchia scura molto lontana dietro di loro. «Anche quello è un temporale?»

«No.» Jay si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla. «È solo un incendio. Probabilmente appiccato da quelle maledette scimmie.»

«Le scimmie incendiarie?» chiese Delanna, pensando a quello che le aveva detto Cadiz su quelle creature. «Sono pericolose, vero?»

«Sono una maledetta seccatura: rubano il legname dei coloni, appiccano incendi. Qualche volta ne appiccheranno uno che brucerà tutte le pianure fino ai lanzye.» La sua mano scivolò lungo la spalla di Delanna. «Ma non si spingono mai fin qui. Delanna…»

A Delanna non rimase altro che scendere dalla cengia. «Ma perché li appiccano?» chiese frettolosamente.

«Sono rettili. A sangue freddo. Appiccano gli incendi di notte per mantenere alta la loro temperatura corporea.» Il braccio di Jay si strinse intorno a lei. «Ma tu non devi preoccuparti delle scimmie o di qualsiasi altra cosa quando ci sono io con te, Delanna.»

Non devo preoccuparmi di nulla, a parte te, pensò Delanna, ricordando la storia raccontatale da Cadiz sulla moglie di Miller e le gemelle Spellegny. Si grattò il braccio. «Sarà meglio che faccia quella doccia prima che finisca per grattarmi a morte,» affermò, poi salì sulla cengia successiva.

«Hai ragione.» Jay la superò e poi si girò per aiutarla a percorrere gli ultimi metri. Aprì la portiera del solaris e si fece da parte per farla entrare prima di lui. Delanna salì a bordo e Jay la seguì. «Una rilassante doccia sonica,» commentò Jay, indicando con la mano un angolo del veicolo protetto da una tendina, «una buona cena, un po’ di ambrosia…»

Delanna aveva detto a Cadiz che sapeva prendersi cura di se stessa, ma adesso si chiese se fosse vero. Il veicolo di Jay era piccolo ma lussuoso; non solo era dotato di una doccia sonica, ma aveva anche un’unità di lavaggio chimico per i vestiti e i piatti, un’unità per la cottura dei cibi e un vero letto. Ed era ovviamente progettato per sedurre le mogli dei coloni: il letto occupava quasi l’intero interno del veicolo ed era coperto da una pelliccia di un rosso vivo. Delanna si chiese se fosse appartenuta a qualche scimmia incendiaria. Accanto al letto, a portata di mano, era sistemato un tavolino con inserite delle bottiglie ornamentali. Una rilassante doccia sonica, un po’ d’ambrosia…

«Puoi gettare i tuoi vestiti nell’unità di lavaggio chimico. Basta premere il pulsante,» la invitò Jay, passando rasente al letto per arrivare a una credenza. «I vestiti di Cadiz sono troppo piccoli per te.» Le gettò una vestaglia. «Puoi indossare questa fino a quando i tuoi vestiti non saranno pronti.»

Andò al terminale che era inserito nella parete opposta a quella della doccia sonica, si sedette e lo accese. «Darò un’occhiata a quel temporale e poi preparerò la cena,» annunciò, toccando alcune icone. Sullo schermo apparve un’immagine multicolore, ma che non somigliava assolutamente a una mappa.