Delanna, stringendo contro il petto la vestaglia e l’involto di vestiti datogli da Cadiz come se fosse già svestita, entrò nella cabina della doccia e tirò la tendina di plastica chiara. Darò un’occhiata a quel temporale. Bene, pensò, poi si chiese quante altre donne impolverate Jay avesse invitato per una rilassante doccia sonica e un po’ d’ambrosia. Entrambe le gemelle Spellegny? Lizabeth Infante?
Aprì di nuovo la tendina. «Jay, penso che…» iniziò.
Lui si girò. «Vuoi un po’ di intimità?» le chiese, rivolgendole un sorriso ironico. «Solo un attimo, poi andrò a fare il mio solito giro di controllo.» Si girò di nuovo verso il terminale. «Ho questo nuovo programma, che dovrebbe interpretare i sondaggi, ma non riesco neppure a farmi dire quanto sia lontano quel fronte di tempesta.» Toccò alcune icone, si accigliò, scosse la testa. Poi, con un sospiro, si alzò e andò alla porta. «Tornerò tra mezz’ora.» Indicò una serratura numerica accanto alla porta. «Puoi chiuderti dentro, se vuoi,» le disse, poi le fece l’occhiolino. «Tornerò tra poco.»
«Questo non…» iniziò Delanna, ma Jay era già uscito. Delanna rimase a fissare infuriata la porta. Gli uomini di quel pianeta erano così irritanti! Sonny la considerava come un oggetto di sua proprietà, Jay come un’altra conquista e, cosa ancora peggiore, una conquista che era sicuro di avere già in pugno. Tornerò tra poco.
Raggiunse la porta e attivò la serratura, poi tornò alla cabina della doccia e iniziò a togliersi i vestiti. Entrò dentro, chiuse la tendina e indossò i guanti sonici.
Attivò la batteria e iniziò a lavarsi i capelli. Una folata d’aria calda provenne da sopra la sua testa mentre si strofinava il cuoio capelluto. Non era acqua, ma era meglio di niente e costituiva un tocco di classe per un’unità portatile. Si lavò via la crosta di sale e poi si strofinò la pelle fino a quando non assunse un colore rosato e Delanna si sentì pulita, se non rinfrescata. Quando ebbe finito, appese i guanti e guardò con aria dubbiosa i vestiti datigli da Cadiz. Jay aveva ragione: Cadiz era molto più piccola di lei, ma mentre prendeva la biancheria intima, Delanna si rese conto che Jay non aveva immaginato che Cadiz sapesse scegliere così bene. Le mutandine e la canottiera erano in tessuto elasticizzato e la gonna era a portafoglio: un po’ corta, ma poteva andare. Delanna riuscì a indossare anche il top, sia pure con un po’ di sforzo; le andava un po’ più aderente di quanto preferisse, ma non era particolarmente scomodo. Tra i vestiti Cadiz aveva messo anche una spazzola. Delanna la usò per sistemarsi i capelli, uscì dalla cabina, gettò i vestiti sporchi nell’unità chimica e regolò la manopola sul lavaggio indumenti.
Si guardò intorno in cerca di un posto dove sedersi. Non vide nulla tranne il letto e lo sgabello di fronte al terminale. Delanna girò intorno al letto e si sedette al terminale. Jay aveva richiamato la mappa sullo schermo. Si trattava solo di un’immagine trasmessa dal raggio di ritorno di un satellite, ma Delanna riuscì a distinguere sulla mappa quella che doveva essere la pianura di sale: un cerchio di colore grigio smorto al centro del continente, simile a una padella, con un «manico» che si estendeva verso nord. Toccò il bordo della mappa per richiamare i pannelli di controllo, li trovò e premette il localizzatore. Un puntino giallo lampeggiò sull’orlo sud-occidentale della padella. Delanna mosse le dita in basso, verso gli alfanumerici, iniziò a digitare «lanzye.» Un altro puntino giallo iniziò a lampeggiare non appena toccò la Z. Erano lontani come aveva detto Jay; il che significava che, tutto considerato, non erano particolarmente distanti.
Disgustata, Delanna salvò la mappa di Jay in una finestra e richiamò l’immagine termografica delle caratteristiche della superficie con i sondaggi multispettro del satellite. Adesso poté vedere la linea di fuoco azzurra, incredibilmente fredda, che ostruiva la via più diretta tra i due puntini gialli e il fronte temporalesco che sovrastava come una pesante cortina la pianura di sale, dividendola in due come una pesante cortina. Se avessero scelto qualsiasi altra strada, avrebbero avuto bisogno di barche per attraversare i verdi mari interni. No, avrebbero dovuto attraversare per forza la pianura di sale.
Delanna cercò rapidamente i dati dei sondaggi nella banche dati di Jay, trovò dati vecchi solo di tre settimane e li inserì nel modello su cui stava lavorando. L’immagine mostrò una linea punteggiata che aggirava le depressioni color magenta: apparentemente era il percorso più recente per attraversare la pianura di sale lungo il suo bordo orientale. Il resto della pianura aveva assunto un colore giallo zafferano, il che significava che non c’erano dati disponibili. Il puntino giallo più vicino non era che una pallida scintilla. Jay non aveva scherzato quando aveva parlato di pericoli. Delanna pensò di dare un’occhiata alle immagini del sottosuolo, ma doveva andare a vedere se i suoi vestiti erano asciutti. Annullò la sua richiesta e richiamò la mappa di Jay dalla finestra.
«Adesso sei bellissima,» affermò Jay.
Delanna si girò di scatto sullo sgabello. Jay era sulla soglia e la stava osservando. Ecco a cosa è servito chiudere la porta, pensò Delanna. «Se la doccia sonica riesce a provocare effetti del genere, allora quando ho comprato questo solaris ho fatto un vero affare.»
Delanna si alzò. «Grazie per avermela lasciata usare,» gli disse. «E per avermi permesso di usare l’unità di lavaggio.» Con un gesto indicò l’unità di lavaggio in cui stavano ancora ruotando i vestiti. «Adesso mi sento molto meglio.»
«Hai un aspetto magnifico.» Jay iniziò a girare intorno al letto per avvicinarsi a Delanna. «Sapevi che i tuoi capelli sono perfino più luminosi del tramonto a cui abbiamo appena assistito?»
«Ehm… ora dovrei proprio andare,» balbettò Delanna, dirigendosi verso l’unità di lavaggio. «I miei vestiti dovrebbero essere quasi pronti.»
Jay la precedette. «No,» rispose, dopo avere dato una rapida occhiata ai controlli. «Ci vorrà almeno un’altra mezz’ora. Abbiamo un mucchio di tempo.» Aprì un pannello a muro sopra l’unità di lavaggio. «Cosa preferisci da bere? Ambrosia?»
«No, grazie,» rispose Delanna. «Non mi piace il suo sapore.»
«Allora un po’ di succo di scimmia.» Jay prese una tazza di ceramica e vi versò un liquido chiaro da una grande caraffa smaltata d’azzurro. Passò la tazza a Delanna e prese un’altra tazza.
«Succo di scimmia?» chiese Delanna, scrutando la tazza con aria dubbiosa.
«È acqua minerale frizzante con dentro un po’ di succo di frutta,» le spiegò Jay, versandosene anche lui una tazza. «È chiamato succo di scimmia perché d’inverno le scimmie incendiarie vivono intorno alle sorgenti termali, non perché dentro c’è un po’ di carne di scimmia macinata.»
Delanna ne bevve un sorso, con una certa cautela. L’acqua poteva anche essere sgorgata da una sorgente calda, ma era fresca e Delanna non si era resa conto di quanta sete le avesse fatto venire tutta l’acqua salata che aveva ingurgitato. Vuotò la tazza e ne chiese un’altra. «Ha un sapore di rosa,» affermò.
Jay le versò una seconda razione, mettendo la mano su quella di Delanna in modo da tenere ferma la tazza. «E tu sembri una rosa,» affermò, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Delanna. Toccò la tazza di Delanna con la sua. «Brindo alle rose e ai tramonti e alle cene romantiche…» Si sporse verso di lei. «… E a qualsiasi cosa venga dopo…»
«A proposito di cene,» affermò Sonny.
Delanna si girò di scatto: Sonny era appoggiato allo stipite della porta.