«Lei non è uno…»
«Scarafaggio,» finì per lei Harry quando notò Cleo, che si era rannicchiata ai piedi di Delanna. «Sonny ha detto che non fai che dire questa frase. Però di sicuro somiglia a uno scarafaggio, e per giunta a uno scarafaggio bello grosso.» Passò a Delanna la ciotola e il frutto gocciolante e si chinò per prendere Cleo. Lo scarabeo si ritrasse completamente e Harry scoppiò a ridere, deliziato. «Ti nascondi lì dentro, Cleo?» chiese lui, battendo gentilmente sulla piastra toracica. «Oh, ma senti quant’è liscia!» Fece cadere qualche goccia di succo sulle piastre di Cleo e il liquido rifletté i raggi del sole. «Ohh,» mormorò Harry, girando Cleo in modo che le sue piastre catturassero meglio i raggi del sole. «Guarda qui. Ma è bellissima!»
Il carapace di Cleo si sollevò leggermente: lo scarabeo sapeva quando qualcuno lo stava ammirando. Harry continuò a fissarlo a bocca aperta, aspettando che succedesse qualcos’altro. Delanna poggiò il frutto nella ciotola e allungò una mano per accarezzare il carapace di Cleo. Lo scarabeo si ritrasse di nuovo e Harry guardò Delanna, come se fosse convinto che Delanna avesse il potere di costringere Cleo a fare qualcosa che l’animale non voleva fare. «Ci vorrà un po’ di tempo prima che si abitui a te, Harry,» gli spiegò Delanna in tono gentile. «Probabilmente la cosa migliore che potresti fare per abbreviare le cose è metterla giù e aspettare che sia lei a venire da te.»
Harry poggiò Cleo accanto alla peonia e si accovacciò accanto a lei, con il naso a non più di trenta centimetri di distanza. Lo scarabeo rimase raggomitolato a palla mentre Harry lo fissava con aspettativa.
«È meglio che andiamo a sbrigare le nostre faccende, Harry,» suggerì Delanna, prendendolo per mano. Cleo non avrebbe certo familiarizzato con Harry nei prossimi quindici secondi, ovvero, almeno secondo Delanna, il lasso di tempo massimo per cui un bambino di sette anni sarebbe rimasto paziente. «Cosa stavi facendo, per caso sarchiavi le erbacce?» gli chiese Delanna, dando un’occhiata alle piante nella ciotola.
«No, facevo colazione,» rispose Harry, allungando una mano nella ciotola per prendere il frutto che aveva mangiato a metà. «E devo portarne qualcuno anche a Wilkes e a Sonny. Solo perché devono aggiustare il solaris, io devo raccogliere la colazione anche per loro. Però loro non mi aiuterebbero mai con le oche! Non è giusto, ecco cosa.»
«Anch’io dovevo prendermi cura delle oche, quando ero piccola,» gli rivelò Delanna.
«E scappavano via anche da te?» le chiese Harry.
«Sì, eccome se scappavano! Ma solo fino a quando non imparai a ingannarle,» spiegò Delanna. Si erano allontanati di un paio di metri da Cleo, che era ancora ritratta nel suo carapace. «Che cosa dovresti raccogliere, Harry?»
«Raccogliere,» ripeté Harry, inghiottendo l’ultimo boccone di frutto. «Oh, ma la colazione. Tutto quello che è maturo; di solito, pomarance,» spiegò, sollevando il frutto rosso-arancione. Ecco cos’era. In effetti, il frutto sembrava davvero un incrocio tra un pomodoro e un’arancia.
«Come riesci a imbrogliare le oche, Delanna?» le chiese Harry.
Delanna si rese conto che in quella parte del giardino crescevano esclusivamente ortaggi e che non sapeva riconoscere la maggior parte di essi. «Tu raccogli e io ti reggo la ciotola,» propose Delanna a Harry. «E mentre raccogli, ti racconterò in che modo sono riuscita a imbrogliare le oche.»
Ovviamente sarebbero bastate poche frasi per spiegare il trucco. Ma il piano di Delanna era di tenere Harry occupato con qualcosa che non fosse Cleo — che appena adesso si stava estendendo con cautela e li osservava con diffidenza — e di rimanere al sole, in modo che i suoi capelli potessero asciugarsi. Nel frattempo avrebbe immaginato quali parti di quelle piante fossero commestibili osservando Harry mentre le raccoglieva. Il raggiungimento di tutti quegli obiettivi richiedeva una storia molto lunga e così Delanna iniziò da quando aveva aiutato Doc Lyle a vaccinare le oche allo spazioporto.
Harry la stette ad ascoltare con espressione affascinata, mentre entrambi strisciavano a quattro zampe nel giardino fino a quando il bambino non si fermava per strappare una pianta dalla radice oppure per raccogliere solo le foglie di un’altra. Gettava tutto nella ciotola, dove Delanna ne assaggiava dei pezzetti. Qualche volta Harry si immergeva completamente nella storia e Delanna doveva esortarlo a muoversi per continuare a raccogliere le verdure. Erano giunti all’estremità opposta del giardino, dove i rampicanti e le foglie erano pili spessi e più alti: probabilmente si trattava della sezione del giardino che, quell’anno, era fiorita prima. Lì Harry divenne più selettivo, evitando di raccogliere i frutti più grossi e probabilmente più acerbi. Adesso Cleo li stava seguendo più da vicino; Delanna la intravide abbastanza spesso da intuire che anche lei stava esplorando l’ambiente circostante: talvolta si allontanava di un filare o due di piante, qualche altra volta si avvicinava di più e Delanna sentiva le piccole unghie delle scarabeo sfiorarle i capelli.
«Pensi che adesso abbiamo raccolto abbastanza verdure, Harry?» gli chiese dopo avere terminato la sua storia. «Ormai la ciotola è quasi piena.»
Harry tornò indietro di corsa per dare un’occhiata alla ciotola e scrollò le spalle. «B.T. è via, dunque non dobbiamo raccogliere nulla per lui, ma Sonny è tornato e poi ci sei anche tu.»
«Quando era via, riempivi tutta questa ciotola?» gli chiese Delanna, immaginando che probabilmente B.T. e Sonny mangiavano porzioni eguali e dunque dovevano solo raccogliere qualche altra pianta per lei.
Harry scosse la testa. «Non usavo una ciotola,» rispose. «B.T., Wilkes e io ci fermavamo qui e mangiavamo tutto quello che volevamo.»
«Bene,» commentò Delanna, misurando a occhio la quantità di verdure raccolte, «se avessimo qualche uova d’oca, penso che basterebbero per preparare una bella frittata.»
«Ma noi abbiamo delle uova!» rispose Harry in tono allegro. «Ce ne sono due nel pollaio. Andrò subito a prenderle.» Balzò in piedi, pronto a correre verso il pollaio, poi guardò Delanna e sbarrò gli occhi. «Non hai ancora paura delle scimmie incendiarie, vero?»
«Perché me lo chiedi?» replicò Delanna, sicura di non volere saperlo. «Per favore, non dirmi che c’è una scimmia incendiaria alle mie spalle. È Cleo che mi tocca i capelli, vero?» Si girò.
Era davvero Cleo, che aveva infilato un’unghia tra i capelli di Delanna mentre si raggomitolava a palla nel palmo coriaceo di una scimmia incendiaria. Istintivamente, Delanna allungò una mano verso lo scarabeo, ma la scimmia lanciò Cleo di lato, gli occhi sempre fissi sul movimento dei capelli di Delanna, poi si portò appena fuori della portata delle braccia della ragazza con i passi danzanti caratteristici della sua specie. Un’altra scimmia prese al volo Cleo.
«Dalle un colpetto sul muso,» consigliò Harry a Delanna.
«Daglielo tu,» replicò Delanna. Adesso c’erano quattro scimmie incendiarie e Delanna non riuscì a immaginare in che modo creature tanto grandi si fossero avvicinate tanto senza che lei le avesse viste oppure sentite.
«Non posso,» rispose Harry. «Non sono abbastanza alto. E non servirebbe a niente neppure se battessi le mani.»
«Non spaventarle, oppure fuggiranno portandosi dietro Cleo,» lo avvertì Delanna. La scimmia che aveva in mano Cleo le stava carezzando le scaglie, evidentemente affascinata dalla loro lucentezza. Probabilmente la scimmia pensava che si trattasse di fuoco, come era capitato per i capelli di Delanna, che prese il pettine dalla cintura e iniziò a passarlo tra i capelli. La scimmia smise di accarezzare Cleo e la osservò. Le altre scimmie — adesso erano sette, ma all’esterno del giardino ce n’erano delle altre — fecero alcuni passi verso di lei con andatura elastica, ma quella che reggeva Cleo rimase immobile, fissando Delanna con i suoi occhi giallo-arancioni che non ammiccavano mai.