«Ricordo abbastanza di Keramos per sapere che non voglio vivere qui,» rispose Delanna. «Ho già dato istruzioni all’avvocato di vendere la terra e immagino che sia riuscito a trovare un acquirente.»
Sonny non rispose nulla neppure questa volta, ma continuò a camminare con un’andatura rapida e regolare che Delanna trovò difficile imitare. Per l’incontro con l’avvocato aveva indossato un vestito di taglio classico: una semplice gonna corta, una camicetta fatta su misura e un gilè, ma le scarpe con i tacchi alti di metallo e aperte sul davanti non erano certo adatte alla strada dissestata. Dopo pochi minuti iniziò ad avere il respiro affannoso e la città non sembrava più vicina di quanto fosse stata in precedenza.
Il sole stava tramontando sull’orizzonte piatto, arrossando i campi e l’aria. A molte miglia di distanza si era alzata una bassa nebbiolina. «Cos’è?» chiese Delanna, fermandosi per indicarla e sperando che anche Sonny si fermasse, in modo da permetterle di riprendere un po’ di fiato.
Sonny si schermò gli occhi con la mano. «Fumo.»
«Fumo? Vuoi dire che si tratta di un incendio della prateria?» Sua madre le aveva raccontato di quegli incendi, le cui fiamme ruggenti potevano devastare centinaia di miglia di pianura.
«Sì,» rispose Sonny in tono assolutamente placido. «Probabilmente lo hanno appiccato le scimmie incendiarie.» Sollevò di nuovo l’asta del rimorchio.
Nelle lettere che le aveva scritto, la madre di Delanna non le aveva mai parlato delle scimmie incendiarie, dunque probabilmente non costituivano un problema troppo grave. In tutti i casi, Sonny non sembrava particolarmente preoccupato, ma anche se lo fosse stato, non lo avrebbe certo detto a Delanna.
«Come stanno i tuoi fratelli?» gli chiese per godere di un altro minuto di pausa. «Sono venuti con te?»
Sonny scosse la testa. «Siamo in estate,» affermò e Delanna suppose che significava che l’estate era un pessimo periodo per lasciare il lanzye. Ah, non valeva davvero la pena di parlare con quel tizio, perfino se questo significava avere la possibilità di riprendere fiato. Lo superò di slancio, tentando di trovare un solco abbastanza largo per i suoi tacchi, ma Sonny la raggiunse immediatamente.
«Avremo un buon raccolto, se il tempo rimane asciutto,» la informò. «Ricaveremo almeno duecento botti.»
«Che bello,» rispose Delanna, anche se non sapeva se duecento botti costituissero un buon raccolto oppure no. Sua madre non le aveva scritto quasi nulla, se non brevi accenni, sui frutteti di alberi di palle di cannone.
«Wilkes e Harry hanno sistemato la casa di tua madre,» proseguì Sonny.
«Bene,» commentò Delanna. «Questo dovrebbe fare alzare il prezzo della mia terra.»
«Hanno installato anche una pompa. In questo periodo dell’anno il lanzye è molto bello: sbocciano moltissimi fiori.»
Delanna non rispose. Stava facendo tutto il possibile per stargli dietro e non aveva la più pallida idea di quale risposta Sonny si aspettasse di ricevere dopo un’affermazione del genere. Ovviamente non poteva nutrire l’illusione che Delanna fosse intenzionata a visitare il lanzye.
«È davvero importante che l’avvocato ci incontri questa sera,» gli ricordò Delanna, nel caso Sonny non avesse ancora capito che lei sarebbe partita l’indomani mattina. «Devo assolutamente prendere la navetta che parte domani.»
Sonny si fermò al centro della strada e si girò verso Delanna. Anche se lei aveva le scarpe con i tacchi e si trovava su uno dei mucchietti di terra più alti, Sonny torreggiava ancora su Delanna. «A tua madre Milleflores non è mai piaciuto,» commentò con quel tono di voce strascicato che lo faceva sembrare un imbecille, «ma a tuo padre piaceva molto. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per conservarlo.»
Ci siamo, pensò Delanna. Ecco che arriva il grande discorso. «E…?» lo esortò a proseguire, irrigidendo la mascella.
Sonny abbassò lo sguardo per un paio di lunghi secondi. «E nulla,» concluse in tono disgustato, poi tirò l’asta del rimorchio con tanta forza che le oche starnazzarono. Non disse un’altra parola per tutto il resto del tragitto verso la città.
Quando arrivarono a Grassedge, Delanna era stanca morta per l’andatura rapida mantenuta da Sonny, che, invece, non stava neppure ansimando.
Il sole sembrava librarsi immobile all’orizzonte e solo la sfumatura bronzea assunta dalle erbe di colore scuro indicava che stava tramontando. La città di Grassedge non aveva un inizio ben definito. Sonny e Delanna superarono un prefabbricato, poi un campo, poi i resti di una capanna Quonset, intorno alla quale erano sparsi frammenti di mattonelle di ceramica di vario colore. Dopo che ebbero superato un silo ricoperto di mattonelle di ceramica leggermente discosto dalla strada e un altro campo, gli edifici divennero gradualmente più grandi e più vicini l’uno all’altro, fino a quando non formarono una linea irregolare.
Le oche si erano più o meno abituate al movimento durante il viaggio verso la città, ma non appena videro il primo vero edificio iniziarono di nuovo a starnazzare. Sonny si fermò di fronte a un edificio rivestito di assicelle. Sul tetto c’era un’insegna di legno dipinto su cui c’era scritto «Billy’s.» Su entrambi i lati dell’insegna era stata disposta una fila di scimmie di ceramica. Ogni statua aveva il braccio destro sollevato e tra di esse era stata appesa una serie di luci di Natale, in modo che ogni scimmia sembrava tenere sollevata una torcia verde, blu o rossa.
La facciata anteriore dell’edificio era ricoperta da insegne che reclamizzavano marche di birra e di liquore; la maggior parte di esse erano state ricavate dalle scatole di cartone in cui arrivavano i liquori e poi inchiodate sulla parete. Su un’insegna intagliata a mano c’era scritto «Ambrosia» e c’era anche una grande e scintillante insegna in plasequin della Watney’s Ale, ovviamente portata sul pianeta via navetta. Doveva trattarsi di un bar o di un saloon o come lo chiamavano su quel pianeta.
«Torno subito,» annunciò Sonny e la lasciò lì impalata mentre entrava dentro. Meraviglioso. La madre di Delanna avrebbe considerato quel ritorno a casa decisamente appropriato all’atmosfera che regnava su Keramos. «Sull’intero pianeta non troveresti un solo grammo di intelligenza o di buone maniere,» si era lamentata in una delle sue lettere.
Be’, forse almeno su questo sua madre si era sbagliata. Jay Madog si era comportato in maniera decisamente educata e l’avvocato doveva essere intelligente. La lettera che le aveva inviato era stata scritta in un ottimo stile, anche se, con grande delusione di Delanna, si era mantenuta sul vago; ovviamente nessuno dei due avrebbe piantato in asso Delanna al centro della strada in compagnia di un branco di oche.
Delanna si sedette sul bordo del rimorchio e si preparò ad aspettare, lieta di potersi concedere un po’ di riposo. Il sole scese ancora più in basso e la fila di luci colorate spiccò maggiormente contro l’edificio. Si chiese se Sonny intendesse lasciarla lì mentre lui era impegnato a sbronzarsi.
Sonny riapparve sul portico, girandosi per parlare con qualcuno all’interno. «Grazie,» lo sentì dire Delanna. «Non mi piaceva per niente la prospettiva di lasciare qui le oche in più. Ti pagherò dopo il raccolto.» Infilò un rotolo di banconote in tasca e si avvicinò al rimorchio. «Ho preso in prestito un po’ di soldi per accelerare l’invio delle oche che ho lasciato nel magazzino,» spiegò a Delanna, poi iniziò a camminare di nuovo.