«Se cambi idea…»
«Andiamo,» lo esortò Cadiz dalla soglia. «Dai, sbrigati.»
«Vengo,» rispose Jay, fissando Delanna. «Quando vuoi.»
«Grazie per avermi portato il baule,» rispose Delanna. «E grazie per il rimborso.»
«Andiamo!» ripeté Cadiz per la terza volta.
«Verrò subito qui,» replicò Jay, continuando a fissare Delanna. «Dico sul serio. Quando vuoi.»
CAPITOLO QUINDICESIMO
Sonny passò i due giorni seguenti a scavare i canali dei frutteti. Delanna lo vide a stento. Tornava tardi per la cena, mangiava in fretta e poi usciva di nuovo. «Devo sfruttare tutta la luce che ho a disposizione,» spiegò a Delanna.
«Non posso aiutarti?» gli chiese la prima sera, quando Sonny si trascinò in casa stanco morto.
«No, è tutto okay,» rispose lui. «Solo una persona per volta può fare funzionare una scavatrice.»
«Ma ci deve pur essere qualcosa che io possa fare,» insistette Delanna e quasi aggiunse, Io non sono mia madre, io voglio lavorare.
«Occupati solo delle oche,» rispose Sonny, «e annota i rapporti del tempo.»
Delanna gli obbedì, anche se farlo la teneva impegnata la maggior parte della giornata e, tra un rapporto e l’altro, era costretta a sorbirsi una quantità incredibile di pettegolezzi. Il bambino di Mary Rees aveva un’infiammazione alla pelle. Il figlio di Neder Gustafson si era rovesciato con il solaris, slogandosi un braccio, Jay Madog stava tentando di rubare Cadiz Flaherty a B.T. Tanner.
«Più ciliegie di terra di quante ne entrino nei sacchi che abbiamo…»
«…l’unico compratore di raccolti onesto sul pianeta, o almeno così credevo fino a quando non mi ha offerto dei prezzi che sarebbero un insulto per un albero di palle di cannone rachitico con le bolle sulla corteccia.»
«Mel Flaherty sta facendo provvista di legname con i ragazzi Tanner…»
«Il barometro è sceso leggermente qui a Blue Rug, ma non ci sono nuvole di cui valga la pena di parlare. E come mai stanno facendo legna se Sonny non ha ancora finito di scavare?»
«…non pensi che abbia a che fare con l’avere usato noccioli di ciliegie di terra tritati come pacciame l’autunno scorso, vero?»
Mrs. Siddons commentò che il figlio di Neder Gustafson stava andando troppo veloce e che B.T. non avrebbe dovuto portare dei bambini a tagliare alberi, suggerì a Mary Rees di applicare amido di grano sull’infiammazione e diede a sua figlia una nuova ricetta per la torta alle pomarance che sua figlia doveva assolutamente provare.
Era impossibile rimanere seduti lì ad ascoltare per ore quel profluvio di chiacchiere. Delanna si lavò, mise nei sacchi le pomarance che Cadiz aveva portato in casa, attese che Mrs. Siddons iniziasse a dettare un’altra ricetta e poi corse fuori per raccogliere un altro secchio di frutti.
Mrs. Siddons stava ancora elencando gli ingredienti quando Delanna tornò dentro, così uscì di nuovo fuori e diede da mangiare alle oche, che stavano starnazzando per la fame.
Fu facile condurle nel recinto, dove Cleo, che ormai sapeva in quale punto fosse meglio aspettare, tentò di introdursi di soppiatto insieme a loro. Delanna riuscì ad afferrarla appena in tempo, solo per vedersela portare via da un paio di scimmie incendiarie, ma almeno questo servì a distrarre Cleo dalle oche e permise a Delanna di occuparsi delle pomarance.
Raccolse un altro secchio mentre Mrs. Siddons spiegava a sua figlia come preparare i pintuck e lavò e mise nei sacchi le pomarance sentendo una discussione su quanto caldo facesse. «Non ho mai visto i vestiti appesi asciugarsi più in fretta. Ho tolto il primo asciugamano non appena finito di stendere l’ultimo.»
Delanna attese qualche minuto, sperando che Mrs. Siddons facesse un rapporto sul tempo meno vago, poi andò fuori a cogliere altri frutti.
Si abituò a raccogliere un secchio di pomarance tra un rapporto e l’altro, portandolo in casa e mettendo i frutti immediatamente nei sacchi, il che le permetteva di dare un po’ di riposo alla schiena.
I rapporti sul tempo giungevano a intervalli irregolari e Delanna li annotava, anche se avrebbe potuto impararli a memoria. Erano tutti dello stesso tenore: tempo secco e caldo, e neppure un alito d’aria che si muovesse da qualche parte.
A mezzogiorno le scimmie incendiarie tornarono a irritarla, spiandola tra le piante di pomarance e facendola sussultare quando le toccavano i capelli. Cleo non si vedeva da nessuna parte. Dopo aver lavato e messo nei sacchi il decimo secchio di frutta, tornò in giardino portandosi dietro di nuovo la scopa, ma le scimmie incendiarie erano così insistenti che finalmente tornò in casa per immaginare come salire in soffitta per appendere i sacchi che aveva già riempito.
Trovò una botola nel soffitto della cucina e, in soffitta, alcuni ganci a cui attaccò i colli dei sacchi. Faceva un caldo tremendo e Delanna stava gocciolando di sudore prima di rendersi conto che, a un’estremità della soffitta, c’erano un ventilatore e alcuni cavi che seguì fino a un collettore solare. Vi inserì i cavi e il ventilatore iniziò a ruotare, rinfrescando un’aria resa quasi disgustosamente dolciastra dal profumo delle pomarance.
A metà del pomeriggio iniziò a fare troppo caldo per lavorare. Delanna andò a sedersi sul portico, ma neppure lì c’era un filo d’aria e i suoi capelli erano tanto pieni di succo di pomarancia e di farina che le mosche iniziarono a ronzarle immediatamente intorno.
Quegli insetti l’avrebbero mangiata viva, se non si fosse lavata, ma Delanna non aveva neppure la forza di mettere a riscaldare l’acqua per farsi una doccia. Si tolse i vestiti appiccicosi, indossò il costume, prese un asciugamano e la saponetta di Jay, controllò dove si trovasse Cleo — era ancora impegnata a guatare le oche — poi si avviò verso la sorgente.
Nel bosco faceva leggermente più fresco, ma neppure troppo, e non c’era alcun segno di vita, neppure una scimmia incendiaria in agguato. Si chiese dove fossero finite. In qualche posto fresco e all’ombra, probabilmente, oppure a loro piaceva quella temperatura?
Quando arrivò alla fonte, scoprì dove fossero andate le scimmie: tre di esse erano sedute nell’acqua fino al collo, perfettamente immobili. Non stavano dormendo, ma non si mossero neppure quando Delanna entrò nella sorgente.
Si lavò in fretta i capelli con il sapone, tenendo d’occhio le scimmie tutto il tempo, ma loro continuarono a rimanere immobili. Quando si fu avvolta un asciugamano intorno ai capelli e iniziò a tornare, loro erano ancora lì, sedute nell’acqua, immobili come statue.
Non si era neppure preoccupata di asciugarsi, ma Mrs. Siddons non aveva esagerato: quando Delanna entrò di nuovo in casa, il costume era già asciutto. Ma l’evaporazione dell’acqua l’aveva rinfrescata, almeno momentaneamente, così sfruttò quella sensazione di frescura per pulire la cucina e per iniziare a preparare la cena. Poi si cambiò con un vestito pulito che aveva preso dal baule, si sedette sul portico con i diari della madre e li lesse provando una sorta di perverso fascino. Doveva sapere fino a che punto si fosse spinta la madre, voleva scoprire se quello che temeva era vero: la madre aveva spogliato Milleflores per mandare lei a scuola.
Era perfino peggio di quanto avesse temuto. La madre aveva impedito che Sonny frequentasse la scuola dei lanzye, convincendolo che la scuola via radio era tutto quello di cui aveva bisogno, visto che, dopo avere pagato le rette della scuola di Delanna, non erano rimasti soldi sufficienti. Ed era vero. I libri contabili dimostravano che ogni centesimo ricavato dalla vendita dei raccolti era stato inviato a Delanna; i Tanner non avevano ricevuto nulla. Era riportata una complicata operazione contabile per ottenere, mediante baratto, gli alberelli necessari per piantare il frutteto settentrionale e una nota particolarmente agghiacciante: «Ho venduto la scavatrice a Emil Vanderson, in modo che Delanna possa avere il sedicesimo compleanno che merita.»