Выбрать главу

Dopo un minuto, Sonny le chiese, «E North Cutting?»

Delanna non era sicura di dove si trovasse quel lanzye, ma non importava. «Secco e torrido. Ogni lanzye ha riferito la stessa cosa.»

«Tutti hanno fatto rapporto? Nonostante le macchie solari?»

«Tutti tranne Hatton Creek,» riferì Delanna.

Sonny scosse la testa. «Quello è molto a sud di qui,» ma stava ancora osservando il fronte nuvoloso, che si era scurito fino ad assumere una sfumatura rosa venata di grigio.

«Sei preoccupato che le piogge arrivino prima del previsto?» gli chiese Delanna.

Sonny scosse la testa. «Quelle non sono nuvole stratiformi.»

Non disse che tipo di nuvole fossero e Delanna non glielo chiese. Rimasero seduti lì, dondolando i piedi nell’acqua e osservando la prima luna che sorgeva. Qualsiasi cosa lo avesse preoccupato, adesso Sonny sembrava più tranquillo. Si sporse sulle mani e osservò il resto delle stelle spuntare una alla volta. Iniziò a soffiare una lieve brezza, che fece frusciare le foglie e asciugò i capelli di Delanna. L’aria profumava di boccioli di fior-di-rosa e di qualcosa di debole e pungente.

«Mi piace qui,» dichiarò Delanna.

Sonny annuì, guardandosi intorno. «Non venivo qui da quando eravamo bambini.»

«Davvero? Ero convinta che venissi sempre qui dopo avere lavorato tutto il giorno. È così rilassante.»

«Gli alberi fanno cadere un mucchio di foglie e di rami,» rispose Sonny.

«Non ho impiegato molto tempo per ripulire la sorgente,» gli fece notare Delanna.

«È più rapido fare la doccia,» ribatté Sonny.

Delanna annuì. Dopo avere lavorato nei campi tutto il giorno, pulire la sorgente, anche se erano necessari solo pochi minuti, sarebbe stato un impegno di troppo.

«Anche nel giardino della mia scuola su Rebe Primo avevamo una sorgente,» gli rivelò Delanna. «Ma non era naturale come questa, era artificiale. E non aveva un profumo così bello, però di notte andavamo sempre a nuotare. In effetti, era proibito. Chiudevano i cancelli alle nove perché avremmo dovuto rimanere a studiare nelle nostre stanze. Ma qualche volta…» Gli raccontò di come percorrevano lo scalone di marmo in punta di piedi con i costumi da bagno e gli asciugamani, di come imbrogliavano la serratura del giardino usando una parola d’ordine che lei aveva sentito usare per caso da uno dei monaci.

«In seguito, una delle ragazze capì che la parola d’ordine dei giardini funzionava anche con la porta laterale che dava sulla strada. L’unico problema era che la porta non aveva sensori acustici all’esterno, e così non potevamo usarla per tornare dentro e dovevamo rimanere fuori fino al mattino, quando i monaci non aprivano di nuovo il cancello principale.»

Continuò a chiacchierare, raccontandogli dove erano state e cosa avevano fatto, ripetendogli la storia che si era inventata a beneficio del monaco, che non ci aveva creduto neppure per un nanosecondo.

Mentre Delanna parlava, Sonny rimase seduto accanto a lei, in silenzio, senza fare alcun commento o domanda, non ridendo neppure quando gli raccontò quello che aveva detto il monaco sulla loro scappatella durata tutta la notte; finalmente Delanna tacque.

«Qual è il problema?» le chiese Sonny. «Perché hai smesso?»

«Temevo di iniziare ad annoiarti.»

Sonny scosse la testa. «Mi piace molto starti ad ascoltare.»

«Non dovrei essere solo io a parlare,» replicò Delanna. «Dimmi com’è stato crescere qui a Milleflores.»

Sonny sembrò a disagio. «Non c’è molto da dire,» affermò, poi tacque di nuovo.

«Cosa facevate tu e B.T. per divertirvi?»

«Molto poco.»

Quei tentativo di fare parlare Sonny era fallito in partenza. Senza dubbio era stato molto diverso essere lì quel pomeriggio in compagnia di Jay, che non doveva mai essere incoraggiato a parlare. Che non doveva essere mai incoraggiato, punto e basta.

Ma era proprio per questo che era bello: era totalmente diverso dallo stare lì con Jay. Non sarebbe mai potuta stare seduta accanto a Jay in quel modo, dondolando i piedi nell’acqua e godendosi la notte. Sarebbe stata troppo impegnata a respingere i suoi complimenti e le sue avance.

Con Sonny non aveva bisogno di fare nulla del genere. Si sentiva al sicuro accanto a lui nella penombra e quasi felice che fosse così silenzioso. La brezza mormorava fresca sulle sue spalle bagnate e le creature notturne iniziarono a intonare i loro versi, che scivolarono sommessamente come musica sull’acqua, quasi come una ninnananna. Adesso la prima luna era sorta e Sonny e Delanna osservarono il suo riflesso creare cerchi argentei intorno alle dita dei loro piedi.

«Dimmi di più sulla tua scuola,» disse Sonny dopo molto tempo. «Era grande, vero?»

In effetti era stata relativamente piccola: aveva avuto solo duemila studenti. Ma quella cifra era superiore all’intera popolazione dei lanzye, per non parlare degli iscritti alla loro scuola, che aveva un solo insegnante. «Sì, era molto grande,» rispose Delanna.

«Invece io ho sempre creduto che fosse piccola,» replicò Sonny, «come quella di Grassedge, fino a quando Ser… tua madre non mi disse la verità.»

Delanna poteva immaginarlo. Aveva letto di quell’episodio nel diario di sua madre. «Ho letto la lettera di Delanna ai ragazzi dei Tanner. Ma perché lo faccio? Sonny ha chiesto quale fosse il nome del suo insegnante. Come se l’Abbazia fosse una comune scuola dei lanzye. Sono troppo ignoranti perfino per immaginare una vera scuola!

C’era davvero da stupirsi che Sonny fosse tanto silenzioso, rifletté Delanna, quando, per anni e anni, sua madre aveva criticato qualsiasi cosa dicesse, ridicolizzandolo e facendolo sentire stupido e ignorante? Rabbrividì.

«Hai freddo?» le chiese Sonny.

«Un po’,» rispose Delanna, strofinandosi le braccia. Stava calando l’oscurità e la brezza sulle sue spalle ormai era fredda.

«Dovremmo tornare,» commentò Sonny.

«Lo so,» sospirò Delanna. «Devo lavare quei piatti.»

«E io devo andare al frutteto occidentale,» replicò Sonny.

Scivolò in acqua e tese le mani verso Delanna, che le strinse e lo seguì. L’acqua era meravigliosamente calda.

Sonny non le aveva lasciato andare le mani. Galleggiò verso la riva, con il volto verso di lei, anche se era troppo buio per vedere la sua espressione, mentre l’acqua li carezzava come se fosse fatta di soffici nuvole, sospendendoli nel tempo, nell’oscurità profumata.

«Ohhh,» sospirò Delanna. «Questa sorgente è assolutamente meravigliosa.»

«Sì, è meravigliosa,» ripeté Sonny, e Delanna desiderò vedere il suo volto.

I suoi piedi toccarono il fondo e si alzò, uscendo a metà dall’acqua e stringendo ancora le mani di Sonny. Anche lui si alzò. Erano proprio sotto la prima luna, il cui sentiero argenteo illuminava l’acqua e i loro corpi bagnati.

«Dovremmo avviarci,» ripeté Sonny, ma non si mosse.

«I piatti,» gli ricordò Delanna.

«La scavatrice,» affermò Sonny, senza muoversi. Rimasero immobili, avvolti dalla luce lunare.

A Delanna mancò il fiato, come se Sonny l’avesse di nuovo tirata sott’acqua. «Dovremmo…» balbettò.

Sonny stava fissando qualcosa oltre le spalle di Delanna. Aggrottò la fronte e la tirò per le mani, facendola mettere accanto a lui.

«Cosa…» esclamò Delanna.

«Shh,» sussurrò lui e annuì verso l’estremità opposta della sorgente. «Abbiamo compagnia.»

Delanna aguzzò gli occhi nell’oscurità, oltre la scia della luna. Accanto alla riva c’era la scimmia incendiaria che lei aveva soprannominato Ragazzone, immersa fino al collo nell’acqua. Vide le scaglie brillare nella luce della luna.

«È solo una scimmia,» commentò allora.

«Lo so,» replicò Sonny, ma l’espressione del suo volto rimase accigliata.