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Quella spiegazione la fece pensare a Cleo. Sperò che lo scarabeo stesse bene.

Ma certo che sta bene, si disse Delanna. Ogni volta che, a bordo della nave, aveva messo Cleo nella sua gabbia, si era raggomitolata su se stessa e aveva dormito fino al suo ritorno. Ma sulla nave non c’erano state delle oche starnazzanti a svegliarla. E se si fosse spaventata?

Sarà meglio che andiamo dall’avvocato, pensò Delanna. E sarà meglio che abbiamo un appuntamento. E sarà meglio che abbia pronti quei documenti, in modo che possa firmarli per andare poi a salvare Cleo.

Sonny si era fermato ancora una volta. «Portami da…» fece Delanna, ma lui era già scomparso di nuovo, questa volta in un grande edificio simile a un fienile con un piccolo cartello in plastica luminosa su cui c’era scritto «Ferramenta Sakawa.» Anche qui c’era una fila di scimmie, apparentemente di metallo, che stringevano tra le zampe quelle che sembravano torce elettriche.

Ma cosa stava facendo Sonny? Stava chiedendo in prestito altri soldi? O faceva compere? Se continuavano così, non sarebbero riusciti a incontrare l’avvocato prima di mezzanotte. Ma molto probabilmente lo scopo di Sonny era proprio questo: non voleva che Delanna vendesse la sua terra; lo aveva lasciato intuire fin troppo chiaramente quando aveva affermato che il padre di Delanna aveva amato molto Milleflores.

Aguzzò lo sguardo lungo la strada, tentando di capire dove potesse trovarsi l’ufficio dell’avvocato. Non riuscì a vedere neppure un edificio che somigliasse sia pure remotamente a un complesso di uffici, ma di sicuro avrebbe potuto chiedere a qualcuno. «Usando parole di una sola sillaba,» borbottò Delanna, prendendo la sacca da dove era stata incastrata accanto alla gabbia delle oche, «visto che ogni abitante di questo pianeta è un imbecille.»

Si voltò a guardare lungo entrambi ì lati della strada, chiedendosi dove andare per chiedere indicazioni. Tranne la ferramenta Sakawa, la città sembrava essere fatta interamente di bar, tutti dotati di scimmie e insegne di cartone. Esitò, e stava guardando dubbiosamente il bar accanto al negozio di ferramenta Sakawa, quando Sonny uscì dal fienile in compagnia di un uomo basso e tarchiato che indossava un berretto da baseball.

«È bellissimo,» stava dicendo Sonny. «Verrò a prenderlo non appena avrò concluso questa faccenda dell’avvocato.»

«Ah, sì, ne ho sentito parlare,» rispose l’uomo basso. «Arriverà con la navetta di domani?»

«No. È già qui.»

«Già qui?» ripeté l’altro uomo, spingendo indietro il berretto e scoprendo la fronte. «Be’, ma allora dove diavolo è? L’intera città era ansiosa di dare un’occhiata a tua…»

«Devo andare,» lo interruppe Sonny. «Abbiamo un appuntamento con l’avvocato.» Attraversò la strada, dicendo da sopra la spalla, «Tornerò non appena possibile.» Si avvicinò al rimorchio ed esclamò «Andiamo!» rivolto a Delanna, come se fosse stata lei a fare aspettare lui.

Si avviò a un’andatura tanto rapida che spaventò le oche, facendole ammutolire, dimentico del fatto che Delanna doveva portare la sua sacca.

«Aspetta!» gridò una voce di donna alle loro spalle. Sonny si girò per dare un’occhiata, poi accelerò ancora di più l’andatura. Le oche emisero un basso borbottio di protesta. «Sonny Tanner!» gridò la donna. «Aspettami! Voglio parlare con te!»

Anche Delanna si girò. Una donna con un largo cappello sformato si era piantata al centro della strada, a mezzo isolato di distanza, ma Delanna vide che non faceva alcun tentativo di raggiungere Sonny. Anzi, era perfettamente immobile, con le mani sui fianchi dei jeans molto attillati. Era più giovane di Sonny e i suoi capelli, quei pochi che Delanna riuscì a vedere sotto il cappello, erano biondi.

«Sonny Tanner, ci sono alcune cosette che hai trascurato di dirmi!»

«Oh, per amor del cielo!» esclamò Sonny. Lasciò andare l’asta del rimorchio e si voltò. «Tu rimani qui,» ordinò a Delanna. «Tornerò tra un minuto.» Raggiunse rapidamente l’altra ragazza. «Cosa ci fai qui, Cadiz?»

La ragazza gli andò incontro, con le mani ancora sui fianchi. «Cosa ci faccio qui? Cosa diavolo credi di fare sgattaiolando via senza neppure degnarti di dirmi cosa stai facendo?»

«Ho detto a B.T. di spiegarti cosa stava succedendo e…»

«B.T.!» lo interruppe Cadiz, quasi sputando le parole. «Non hai avuto il coraggio di dirmelo di persona e così hai pensato di mandare il tuo fratello idiota.»

«Adesso non arrabbiarti con B.T. per tutta questa faccenda. Non è stata colpa sua.»

«B.T.? Ma perché dovrei sprecare sia pure un briciolo di energia per arrabbiarmi con lui?» Cadiz avvicinò improvvisamente una mano al petto e iniziò a osservare le unghie dell’altra mano. «A un imbecille come B.T. non sarebbe mai venuto in mente che, in un momento del genere, potresti avere bisogno delle persone che ami.»

«E così sei venuta tu,» commentò Sonny, sollevando il berretto da baseball per passarsi una mano tra i capelli. «Come sei arrivata qui?»

«Mi ha portato Jay Madog,» rispose Cadiz, gettando indietro la testa in un gesto di sfida. «E date le circostanze, non hai alcun diritto di essere geloso.» Indicò Delanna con un gesto. «È lei?»

«Sì,» rispose Sonny, tentando di dirigerla verso uno dei bar. «Ma adesso calmati, Cadiz.»

Delanna non riuscì a udire il resto della loro conversazione. Ebbe l’impressione che fosse Sonny a parlare per la maggior parte del tempo, il che era una vera sorpresa, ma qualsiasi cosa disse, non sembrò calmare Cadiz che, a un certo punto, si tolse il cappello e lo gettò a terra.

«Io voglio conoscerla!» esclamò Cadiz in un tono di voce abbastanza alto da farsi udire da Delanna, poi raccolse il cappello e si avvicinò lentamente. «E così tu sei la figlia di Serena,» commentò, girando intorno a Delanna mentre batteva ritmicamente il cappello contro la gamba. «Be’, non so proprio di cosa mi preoccupavo.»

Sonny disse rapidamente, «Cadiz, questa è Delanna Milleflores. Delanna, questa è Cadiz Flaherty. È una nostra vicina. La sua famiglia vive nel lanzye confinante con Milleflores.»

«Come va?» chiese Delanna, offrendo la mano a Cadiz e osservandola con una certa sorpresa: nonostante il cappello, Cadiz era decisamente carina. Aveva corti capelli biondi e grandi occhi azzurri. Delanna aveva sempre sentito dire che, su pianeti come Keramos, le donne scarseggiavano. Se questo era vero, non riusciva a immaginare perché una ragazza carina come Cadiz corresse dietro a qualcuno come Sonny Tanner.

«E così sei tu la ragazzina per cui Serena ha speso tutti i suoi soldi per mandarla a scuola su un altro pianeta?» chiese Cadiz, rivolgendo un’occhiata di disgusto alla mano tesa di Delanna. «Non sembra che il suo investimento abbia dato grandi frutti.»

«Almeno ho imparato le buone maniere,» ribatté Delanna, poi ritrasse la mano.

Cadiz non rispose, infilò i pollici nei passanti del pantaloni e sputò nella polvere ai piedi di Delanna. «Quelle cose che porti ai piedi sono scarpe? Non è che saresti disposta a vendermele, vero? Mi serve qualcosa per spaventare le scimmie.»

«Dobbiamo andare dall’avvocato, Cadiz,» intervenne Sonny.

Cadiz sputò di nuovo e si rimise il cappello. «Immagino che resisterà al massimo due giorni, se le scimmie incendiarie non se la prendono prima,» commentò rivolta a Sonny. Attraversò la strada, dirigendosi verso Billy’s, poi salì sul portico del locale. «Le ho viste strappare un arto dopo l’altro a degli esseri umani per impadronirsi di una semplice scatola di fiammiferi, dunque figuriamoci cosa le farebbero per avere quelle scarpe!» gridò verso di loro, poi scomparve oltre la porta.

«Le scimmie incendiarie non uccidono gli esseri umani,» spiegò Sonny a Delanna.

«Insisto nel vedere l’avvocato adesso,» replicò Delanna a denti stretti.