Si avviò verso la sorgente, aspettandosi che facesse ancora più caldo sul sentiero tra i cespugli, ma si era alzata una brezza che soffiava da sud-est e quando uscì dal boschetto, vide sopra le montagne un fronte nuvoloso come quello per cui Sonny aveva mostrato tanto interesse quella sera alla sorgente, solo che era più vicino. E più scuro.
Cleo non si vedeva da nessuna parte, come del resto le scimmie incendiarie. La superficie della sorgente sembrava immobile e calda. Delanna camminò sulle rocce fino al bordo della polla per vedere meglio le nuvole e quasi vi cadde dentro.
Dopo tutto, le scimmie incendiarie c’erano davvero: si trovavano sulla riva opposta della polla, lo stesso posto in cui lei e Sonny avevano visto Ragazzone la sera precedente. Adesso erano tutte lì, l’intera banda, immerse nell’acqua fino al collo.
Delanna le guardò, volse di nuovo lo sguardo verso il fronte nuvoloso, poi tornò direttamente alla casa e alla radio. «Valley View Lanzye,» stava dicendo qualcuno. «Trentasette gradi.»
Delanna sfogliò gli appunti che aveva preso, cercando Valley View. «Cinquantuno gradi e tempo asciutto,» avevano riferito quella mattina. Un calo di quasi quindici gradi nel giro di un paio d’ore! Cambiò frequenza. «Quarantasei gradi,» annunciò Mrs. Siddons, «e vento forte. Nuvole a sud-est,» aggiunse, poi interruppe la comunicazione.
Delanna fissò la radio, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare. Sarebbe andata a chiamare Sonny, se avesse saputo dove stava lavorando, ma lui non lo aveva scritto e suonare il clacson del solaris non sarebbe servito a nulla. Probabilmente non era tanto vicino da poterlo sentire.
Tornò sul portico. Da lì non riusciva a vedere la linea di nuvole, ma di sicuro a Milleflores la temperatura non era scesa: sembrava la stessa della mattina precedente. E di quella ancora prima. E forse le scimmie si comportavano sempre in quel modo, quando non giocavano con Cleo.
Però Delanna tornò in casa, prese un cesto e iniziò a raccogliere il resto delle pomarance e a metterle nel lavandino, senza preoccuparsi di perdere tempo a lavarle. Vuotò il cesto e andò nell’orto della cucina per portare dentro le verdure e gli ortaggi, raccogliendo tutto quello che fosse minimamente maturo, e alcuni mimkin e pomodori che non lo erano.
Quando ebbe finito, vide che le nuvole ormai sfioravano le cime degli alberi dei frutteti; si era alzato il vento, che arruffava le foglie e increspava l’acqua nel truogolo delle oche. Non c’era ancora alcun segno di Sonny. O di Cleo. Se il tempo peggiora, pensò Delanna, l’ultima cosa di cui ho bisogno è di andare in cerca di uno scarabeo fuggiasco. Mise l’ultimo dei piselli giganti, quasi maturo, sul bancone e si diresse di nuovo verso la sorgente.
La brezza era diventava vero e proprio vento, le nuvole coprivano metà del cielo; erano scure e avevano un’aria minacciosa. «Cleo!» gridò. «Vieni, Cleo! Ti lascerò aiutare a dare da mangiare alle oche!»
A metà strada dalla sorgente, intravide lo scarabeo alla base di un albero, mentre cinguettava rivolta a qualcosa nel cespuglio. Non appena vide Delanna, zampettò velocemente in un cespuglio redssie, ma Delanna si tuffò verso di lei e la afferrò per un angolo del carapace. «Cosa ci fai qui fuori, Cleo?» le chiese. «Stai infastidendo qualche povero uccello?»
Cleo lottò selvaggiamente, ma Delanna riuscì a non perdere la presa e a riportarla in casa. «Questo non è il momento di fare la cattiva,» la rimproverò, portandola in camera da letto. «Sta arrivando un temporale.» Scaricò Cleo sul letto e accese la radio, controllando tutte le frequenze.
«…Hashknife. Nuvole di polvere così alte che sembrano montagne in movimento…»
«…le piogge sono arrivate. Non le ho mai viste venire così in fretta.»
«Dotted Line. Trentasétte gradi e pioggia…»
«…portatele dentro prima che…»
«…non è un acquazzone. Ci siamo.»
«Rimani qui,» ordinò Delanna a Cleo, chiudendo la porta della camera da letto, poi corse di nuovo fuori. Cos’altro avrebbe dovuto fare? Ah, sì, doveva fare provvista di legna. Riempì la cassetta con dei ciocchi che prese dalla pila sul retro della casa. Il distillatore era ancora lì, non era stato ancora scaricato dal rimorchio. Delanna lo spinse, rimorchio e tutto, nel capanno, sbarrò la porta e andò a ritirare i vestiti che sbattevano selvaggiamente sulla corda.
Un’oca starnazzò verso di lei quando iniziò a tornare in casa, le braccia cariche di vestiti. Delanna li scaricò sul letto accanto a Cleo e corse fuori per radunare le oche. Iniziò a farle allontanare dal truogolo e a farle entrare nel recinto, pensando che almeno questo fosse più facile di bloccare Cleo, quando giunse una folata di vento; ululò attraverso il boschetto, disperse le oche e, subito dopo, cessò. Ovviamente le oche non erano ancora entrate nel recinto; adesso erano tutte all’esterno.
«Fantastico,» borbottò Delanna, iniziando a radunarle di nuovo e a contare le teste ogni volta che ne arrivava un’altra. Il maschio mancava e le altre oche si rifiutavano assolutamente di collaborare. Avrebbe dovuto prendere un po’ di grano per attirarle nel recinto, ma sarebbe andato bene anche un po’ di tutto quel pane in cucina, e la casa era più vicina. Corse dentro, afferrò il pane e andò a sbattere contro Sonny.
«Le piogge stanno arrivando!» le gridò al di sopra del vento che adesso stava ululando forsennatamente.
«Lo so!» gli gridò di rimando Delanna e lo superò. «Le oche! Bisogna radunarle e portarle nel recinto.»
Sonny le tolse il pane di mano e Delanna lo seguì di corsa. Stava iniziando a piovere: grosse gocce che non facevano che aumentare il terrore delle oche, che starnazzavano e correvano in circolo, senza neppure accorgersi del pane che Sonny tendeva loro. In preda alla disperazione, Delanna abbrancò l’oca più vicina e iniziò a correre verso il pollaio.
«Dobbiamo portarle dentro una alla volta!» gridò a Sonny, ma lui non era abbastanza agile per rincorrerle. Delanna spinse l’oca starnazzante nel pollaio e corse a prenderne un’altra. Sonny ne aveva bloccate due contro il recinto e Delanna riuscì a mettersene una sotto il braccio. Fu l’ultima volta che due oche furono vicine. Delanna fu costretta a correre avanti e indietro, portando un’oca per volta, mentre Sonny cercava di evitare che il resto dei pennuti non si disperdessero fino al ritorno di Delanna. La ragazza afferrò un’oca, ma Sonny gliela tolse di mano, esortandola a prenderne un’altra, cosa che Delanna fece; allora Sonny prese anche quella.
Adesso era iniziato a piovere sul serio e il vento spinse le gocce diagonalmente nelle nuvole di polvere, fino a quando piovve praticamente fango. Delanna si tuffò verso l’ultima oca e si rialzò stringendo un mucchio di piume caudali sporche di fango.
«Andiamo!» gridò Sonny.
Delanna sentì sulla mano la puntura di qualcosa di diverso dalle gocce di pioggia, così come l’oca, che iniziò a correre in preda al panico, le ali spalancate — l’unica cosa che non avrebbe dovuto fare, perché il vento la sollevò e Delanna riuscì ad afferrarla per le zampe quando l’oca era già a mezz’aria. Si girò e vide il sogghigno sporco di fango di Sonny, poi, lottando contro il vento, si diressero verso il pollaio. La temperatura aveva subito un calo drastico. Delanna stava congelando.
Una volta entrati nel pollaio, contarono in fretta le oche. «Ci sono tutte,» annunciò Sonny. «Porterò loro del cibo,» gridò. «Tu va’ in casa. In quelle nuvole c’è un mucchio di grandine.»
«Danneggerà le palle di cannone?»
«No, ma di sicuro può danneggiare noi. Va’!»
Delanna corse verso la casa sotto la pioggia, che adesso stava cadendo in grosse gocce gelide. La porta della cucina era aperta e stava sbattendo. Delanna la chiuse e iniziò a chiudere anche i battenti.