La porta della camera da letto era aperta. Per un secondo, non riuscì a ricordare se l’avesse lasciata aperta quando aveva portato dentro i panni e poi, con un tuffo al cuore, seppe di averlo fatto. «Cleo!» gridò, ma lo scarabeo non era né sul letto, né sotto di esso.
Delanna uscì di corsa sul portico, andando di nuovo quasi a sbattere contro Sonny. «Cleo è fuori!» annunciò con il fiato mozzo.
«Non l’avevi portata in casa?» le chiese Sonny con un’espressione stupita.
«Certo che l’ho portata in casa. Ma è scappata!» Delanna aprì di scatto la porta e il vento gliela strappò dalla mano. Non sarebbe mai riuscita a chiuderla da sola, ma Sonny era proprio dietro di lei. Insieme, riuscirono a chiudere la porta.
«Penso di sapere dove sia andata,» affermò Delanna e si avviò lungo il sentiero che conduceva alla sorgente.
La pioggia si era trasformata in palline di ghiaccio che si stavano accumulando in rivoletti mentre Delanna proseguiva lungo il sentiero, rischiando continuamente di scivolare. Cercò freneticamente nei cespugli su entrambi i lati, poi, davanti a sé, intravide un mucchietto di fango in movimento che poteva essere solo Cleo; lo scarabeo stava avanzando a fatica tra le pozze d’acqua. «Cleo!» gridò Delanna.
Lo scarabeo non si girò neppure, ma si allontanò nella direzione opposta alla massima velocità, dirigendosi verso l’albero sotto il quale Delanna l’aveva trovato in precedenza. Delanna corse verso di lei, scivolò nel fango e quasi cadde. Recuperò l’equilibrio, maledisse la propria stupidità, sollevò lo sguardo e vide Sonny, che, con aria trionfante, teneva sollevata Cleo per una zampa anteriore.
«L’ho presa!» esclamò in tono allegro, poi i cieli si aprirono.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
«Corri!» esclamò Sonny, poi avvolse Cleo nella giacca e lui e Delanna iniziarono a correre lungo il sentiero, piegati su se stessi come se fossero sotto il fuoco del nemico.
E lo erano davvero. I chicchi di grandine erano duri come pallottole e altrettanto grandi. Anzi, erano ancora più grandi. Delanna sentì un colpo alla spalla, come se qualcuno le avesse tirato una pietra, poi abbassò lo sguardo verso il terreno e vide chicchi di grandine grandi quanto i noccioli delle ciliegie di terra. Allora si piegò ancora di più e portò le mani sopra la testa.
Sonny non poteva godere neppure di quella ben misera protezione: le sue mani erano impegnate a bloccare Cleo, che, sorprendentemente, stava ancora lottando. Delanna vide un chicco di grandine grande come un ciottolo colpire la fronte di Sonny. Allungò una mano verso Cleo, ma Sonny scosse la testa. «Va’ ad aprire la porta!» gridò.
Delanna corse avanti, salì sul portico, scivolò sullo strato di grandine che lo copriva e allora usò entrambi i piedi per dare un violento calcio alla porta, spalancandola. Sonny la superò ed entrò in casa. Delanna lo seguì a razzo e la porta sbatté con violenza alle sue spalle, quasi colpendola. Delanna rimase senza fiato, gocciolando sul pavimento.
Sonny lasciò andare Cleo, che si lanciò verso la porta e iniziò a graffiarla con le unghie. Sonny cominciò a chiudere i battenti. Aveva la camicia macchiata da grosse chiazze di umidità e il sangue gli scorreva da un taglio sulla fronte.
«Ma tu stai sanguinando!» esclamò Delanna.
Sonny si toccò la ferita con la mano. «È solo un taglietto. Prendi Cleo,» replicò, prendendo di nuovo lo scarabeo e dandolo a Delanna, poi fece per aprire la porta.
«Ma cosa stai facendo?» gli chiese Delanna, lasciando quasi cadere Cleo per la sorpresa. «Lì fuori sta grandmando.»
«Devo portare dentro le pomarance.»
«Tutte quelle mature sono già dentro,» lo informò Delanna.
Sonny aprì lo stesso la porta. «Allora sarà meglio che vada a vedere se riesco a salvare qualcuna delle verdure.»
«Anche quelle sono già dentro. E il distillatore è nel capanno.»
Sonny lasciò andare la porta e la guardò. «Sei meravigliosa,» commentò.
«E tu sei bagnato fradicio. E sanguini.» Delanna poggiò Cleo sul pavimento e andò a prendere il medikit.
«Starò bene non appena avrò acceso il fuoco. Quanta legna c’è nella cassetta?»
«L’ho riempita questo pomeriggio. E nella dispensa ci sono altri due carichi. Ho chiesto a Wilkes di portarli dentro prima che andasse via.»
«Tu sei davvero meravigliosa,» ripeté Sonny. «Hai pensato a tutto.»
«Sta’ fermo,» gli ordinò Delanna. Gli pulì il taglio con il disinfettante, poi vi applicò un cerotto a pressione. «Ti sei fatto male da qualche altra parte?»
«Non penso,» rispose Sonny, iniziando a battere i denti. «Quel chicco di grandine, o meglio quella pietra, mi ha fatto venire un bel bozzo.»
Si inginocchiò accanto al camino e iniziò ad accumulare rametti uno sull’altro, fino a formare una piramide. Delanna gli passò il fiammifero. Sonny lo accese e lo avvicinò ai trucioli di legno; il fuoco prese subito e avvampò, emanando un confortante calore.
Sonny mise un ciocco nel camino e tese la manica per osservarla. «Vedi,» gridò al di sopra del frastuono della pioggia. «Si è già asciugata.»
Delanna fu costretta a leggergli le labbra per capire quello che le stava dicendo: improvvisamente il tamburellare della grandine si era trasformato in un vero e proprio bombardamento. «Sta peggiorando!» gridò Delanna in un attimo di silenzio improvviso che la colse di sorpresa, facendola scoppiare a ridere.
«Non hai mica bisogno di gridare,» replicò Sonny al di sopra dello scrosciare della pioggia, poi le sorrise.
«La grandinata è finita?» chiese Deanna, scostando leggermente uno dei battenti per guardare fuori dalla finestra. La pioggia cadeva in fitte cortine insieme a qualche chicco di ghiaccio, spostando continuamente lo strato bianco di grandine che ormai ricopriva il cortile.
«Va e viene,» spiegò Sonny. «La grandine potrà ricominciare a cadere in qualsiasi momento. E senza preavviso. Ecco perché è una fortuna che non siamo costretti a uscire in questo inferno.»
Vi fu uno scoppio di tuono e poi un forte rumore metallico.
«Come adesso?» chiese Delanna, sollevando lo sguardo verso il soffitto. Sembrava peggio che mai: un’ininterrotta cacofonia punteggiata da tremendi stridii.
Sonny aveva aggrottato la fronte. «Questa non è grandine,» commentò, poi si alzò. «Sembrano le oche. Hai chiuso la porta del pollaio?»
«Sì,» rispose Delanna. Erano sicuramente le oche, ma sembravano completamente isteriche, come lo erano state quando Cleo aveva tentato di entrare nel loro recinto, solo che adesso i loro starnazzi sembravano ancora più disperati.
«Deve essere volato via il tetto del pollaio,» affermò Sonny. «Dovremo portarle in casa. Qui dentro abbiamo dei sacchi?»
Delanna capì di non avere pensato a tutto. «Ce n’è qualcuno fuori, accanto alle greppie,» rispose. Ma si trovavano in un capanno aperto. Ormai i sacchi dovevano essere completamente zuppi d’acqua, dunque come avrebbero fatto a infilare delle oche frenetiche in quei sacchi fradici?
Evidentemente Sonny si era posto la stessa domanda, perché si stava guardando intorno, in cerca di qualcosa in cui mettere le oche. Potevano usare delle corde per immobilizzarle? No, non sarebbero mai riusciti a legarle bene nel fango. Le pentole erano troppe piccole e sarebbe potuto ricominciare a grandmare da un momento all’altro.
«I sacchi dovranno andare bene,» affermò Sonny, esattamente quello che stava pensando Delanna. Sonny si avviò verso la porta.
Cleo zampettò freneticamente lungo il pavimento, raggiungendo la porta con un buon metro di vantaggio su Sonny.
«Oh, no, tu non uscirai di qui!» esclamò Delanna, chinandosi a prendere lo scarabeo. «Non andrai da nessuna parte.» Portò Cleo in camera da letto e prese la giacca impermeabile. «Vuoi anche tu una giacca, Sonny?» gli gridò, indossando la giacca e chiudendo bene la porta della cucina, in modo che Cleo non potesse uscire, ma Sonny era già andato via. Delanna si calò in testa il cappuccio e si tuffò nel temporale dietro di lui.