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E andò a urtare contro Sonny. Lui la spinse di nuovo dentro, chiuse la porta e la sbarrò alle loro spalle.

«Ma dove sei andato?» gli chiese Delanna con voce tremante per il sollievo.

«Fuori, a controllare le oche,» rispose Sonny, iniziando a battere i denti.

Era completamente zuppo, il cerotto sulla fronte era fradicio, la camicia e i pantaloni gli si erano incollati addosso, l’acqua gli colava dai capelli sul volto. E c’era anche del sangue che scorreva lungo la guancia e andava a macchiare il colletto bagnato della camicia.

«Sei ferito!» esclamò Delanna. «Fammi vedere!»

Sonny si toccò la testa con la mano e la ritrasse macchiata di rosa. «Sto bene.» Riuscì a stento a pronunciare quelle parole, tanto i suoi denti stavano battendo con violenza. «Quei chicchi di grandine sono davvero grossi come pietre.»

«Presto, vieni accanto al fuoco e togliti quei vestiti, oppure ti buscherai la polmonite. Su Keramos avete la polmonite?»

«S-s-s…» balbettò Sonny, battendo i denti, poi ci rinunciò e annuì.

«Togliti quella camicia,» gli ordinò Delanna. «Ti vado a prendere un asciugamano e una coperta da metterti addosso.»

Delanna allontanò la cassa di ambrosia dalla porta della camera da letto e la aprì. Cleo la superò di corsa, diretta verso la porta sul retro e iniziò a rigarla con le unghie. Non riuscì a uscire, visto che la porta era sbarrata, dunque Delanna la ignorò. Strappò la coperta dal letto, prese un asciugamano e un paio di pantaloni e tornò nella stanza principale.

Sonny era ancora dove l’aveva lasciato: stava tentando di sbottonarsi un polsino della camicia, ma le mani gli tremavano a tal punto che non riusciva a fare uscire il bottoncino dall’asola.

«Ci penso io,» si offrì Delanna. «Vieni accanto al fuoco.» Scavalcò Ragazzone, ancora sdraiato lì, e iniziò a sbottonare il polsino. «Non avresti dovuto uscire di nuovo,» lo accusò, liberando il bottone dal tessuto fradicio. Allungò una mano verso l’altra manica.

«Io v-volevo essere sicuro che R-ragazzone non avesse s-spento l’unità di r-riscaldamento o q-qualcosa del genere.»

Delanna gli sbottonò l’ultimo bottone della camicia e si girò per prendere uno degli asciugamani. «Avresti potuto rimanere ucciso,» lo rimproverò, girandosi di nuovo verso di lui. «Le oche sarebbero state…»

Sonny si stava togliendo la camicia, lottando per liberare le braccia dalle maniche bagnate.

«Cosa sarebbero state?» le chiese Sonny, poi venne scosso da un brivido.

«Cosa?» chiese Delanna in tono inespressivo. Il fuoco illuminava il petto nudo di Sonny, conferendogli la stessa sfumatura dorata delle fiamme. Riuscì a liberare il braccio dalla manica.

«Hai detto, ‘Le oche sarebbero state…’»

«Bene,» concluse Delanna e gli passò la coperta. «Le oche sarebbero state bene. Pensi che Ragazzone starà bene?» proseguì rapidamente. «Dovrei andare a prendere una coperta anche per lui?»

«Andrò a prendergliela io,» replicò Sonny.

«No. Tieni,» disse Delanna, passandogli i pantaloni. «Questi sono un paio di quelli che mi ha prestato B.T. Mettili e poi siediti accanto al fuoco. Non voglio ritrovarmi con due scimmie congelate.»

«S-solo con una,» replicò Sonny, obbedendole. Indicò le zampe della scimmia, che sembravano meno chiazzate di prima. «Si sta già scongelando.»

Delanna andò comunque a prendere una coperta — si trattava di una vecchia coperta di colore rosa — e la usò per coprire la scimmia. Ragazzone si agitò, come se volesse protestare, ma non tentò di togliersela di dosso. Cleo si avvicinò e lo osservò con curiosità.

«Vedi?» commentò Delanna. «Il tuo compagno di giochi è proprio qui. Non hai bisogno di uscire fuori per andare a cercarlo.»

Andò a prendere il medikit e alcune bende e si inginocchiò accanto a Sonny per curargli i tagli.

«Anche tu d-dovresti toglierti q-quella roba bagnata di dosso,» le ricordò Sonny.

«Lo farò tra un minuto,» replicò Delanna, scostandogli dal volto i capelli bagnati per trovare la ferita. «Hai un bozzo grosso come un uovo d’oca.»

Sonny le rivolse un sorriso. «Immagino che il paragone sia appropriato, visto che ero andato a controllare le oche.»

Delanna gli asciugò il taglio. «E probabilmente sarà l’unico uovo di oca che avremo per settimane, dopo la paura che ha fatto prendere loro Ragazzone.» Poggiò una benda quadrata sulla ferita e ordinò, «Tienila lì per un minuto,» poi si alzò.

Mise il bollitore sul fuoco, raccolse il mucchietto degli indumenti bagnati di Sonny e li gettò nel lavandino, poi andò in camera da letto e si tolse i vestiti. Non erano fradici come quelli di Sonny, tranne gli orli dei pantaloni e le calze. La giacca impermeabile l’aveva aiutata a non infradiciarsi.

Indossò un paio di calze asciutte, poi aprì il baule della madre e mise la stessa camicia da notte che aveva indossato per sbaglio la prima mattina che aveva trascorso a Milleflores. La coprì con la vestaglia che aveva usato nel dormitorio della scuola e tornò nell’altra stanza.

L’acqua stava bollendo. Delanna preparò una tazza di tè per Sonny, che la prese con mani ancora tremanti, aggiunse un altro ciocco al fuoco e tornò in camera da letto per prendere un’altra coperta dal baule della madre.

«G-grazie,» balbettò Sonny quando Delanna gliela poggiò sulle spalle. «Sei proprio sicura di non a-avere bisogno di una di queste coperte? Devi essere congelata.»

In effetti, andare avanti e indietro l’aveva riscaldata: era Sonny che sembrava intirizzito fino all’osso. Ma quando Delanna si sedette accanto a lui, si tolse una delle coperte dalle spalle e gliela offrì.

«Sto bene,» rispose Delanna, avvicinandosi al fuoco. «O starò bene non appena i miei capelli si saranno asciugati.» Vi passò attraverso le dita, guardando Ragazzone; la scimmia non aveva più la pelle chiazzata e stava stirando le braccia e le gambe davanti al fuoco, come un gatto. «Pensi che le altre scimmie incendiarie stiano bene?» chiese Delanna a Sonny, immaginando la grandine che si accumulava nella sorgente termale.

Sonny avrebbe potuto anche leggerle nella mente. «La sorgente è abbastanza calda per fondere qualsiasi tipo di ghiaccio. E se inizia a grandinare di nuovo, le scimmie andranno semplicemente sott’acqua. Sono in grado di rimanere senza respirare per molto tempo.»

«Quanto durerà il temporale?»

«Un giorno. Forse due,» rispose Sonny. «Il che potrebbe essere un bene.»

Delanna fissò il fuoco, pensando a loro due, chiusi in casa insieme per due giorni, al sicuro, al caldo, da soli.

«Un bene?» gli chiese.

«Per il raccolto,» rispose Sonny. «La grandine farà cadere le palle di cannone e questo servirà ad accelerare il turno di Milleflores per effettuare il raccolto. Dunque spero che grandini tutta la notte.»

Come in risposta al suo desiderio, una nuova scarica di grandine tamburellò sul tetto con un frastuono assordante. Sia Sonny che Delanna sollevarono lo sguardo verso il tetto.

«Il tuo desiderio è stato subito esaudito!» gridò Delanna e Sonny le urlò qualcosa che lei non riuscì a capire.

«Bevi il tuo tè!» gridò Delanna, indicando la tazza. Sonny obbedì, bevendolo a grandi sorsi, ma la bevanda calda non sembrò sortire alcun effetto. Sonny non smise di rabbrividire, anche se adesso il fuoco emanava molto calore, tanto che Ragazzone si era addormentato rannicchiandosi davanti al camino. Sonny si strinse al corpo entrambe le coperte, ma, a intervalli di pochi secondi, il suo corpo veniva scosso da un forte brivido. E se avesse preso un raffreddore, oppure si fosse ammalato?

«Vuoi un altro po’ di tè?» gli chiese Delanna, aggrottando la fronte.

«S-sembra che non riesca proprio a riscaldarmi,» si scusò Sonny.

Delanna pensò a cosa avrebbe potuto aiutarlo. «Non hai dell’alcol?»

«Ho un po’ di ambrosia,» rispose Sonny. «Andrò a prenderla.» Si tolse di dosso le coperte e si avviò verso la porta a piedi nudi.