Il giudice sospirò e si agitò sulla sedia. — Concludete — disse.
— Se uno uno tre otto sarà consumato, e non distrutto, la perversione si diffonderà. Bisogna distruggerlo. È l’unico verdetto logico, efficace e giusto che si possa avere.
— Finito? — chiese il procuratore.
Sia l’avvocato accusatore sia il difensore annuirono.
Il giudice disse: — Il prossimo caso.
Il procuratore si mise a leggere un’altra imputazione. L’accusatore tornò alla console e prese a sfogliare delle schede. Nella cabina di THX il difensore si tolse la cuffia.
— Ve ne andate? — chiese THX, togliendosi di scatto la cuffia.
— Certo. Il vostro caso è chiuso, e io ho centinaia di altri casi che mi aspettano.
— Ma cosa…
— Il computer sta analizzando il vostro caso. Il procuratore v’informerà del risultato.
— Ma… Aspettate!
Con un ultimo sorriso, il difensore se ne andò. THX fece per alzarsi dalla sedia, ma un robopoliziotto gli mise una mano p: sante sulla spalla, costringendolo a stare giù.
L’altro robot raccolse la cuffia di THX e gliela porse. THX notò che il procuratore lo stava guardando. Si infilò la cuffia.
Il procuratore lesse la risposta del computer: — … uno uno tre otto, prefisso THX, è nato in riproclinica, come da documentazione. Indice di condanna trentadue settantotto punto nove due sette appendice da quattro quattro cinque a sei uno tre: evasione da medicinali tre due uno, tre nove nove, e perversione sessuale dolosa. Reputato organicamente eccellente. Il soggetto va consumato, in ordine all’economia.
THX rimase seduto, sorpreso. «Consumato? Non vuol dire distrutto?» I robopoliziotti lo presero per le braccia e lo condussero via. Al suo posto nella cabina arrivò un altro imputato.
Nella sala del tribunale continuò il brusio di dozzine di casi discussi. THX non vide LUH entrare nella cabina situata all’altro lato della sala. Per pura coincidenza, il suo avvocato difensore fu lo stesso di THX.
11
Il robopoliziotto accompagnò THX nell’infinita vacuità bianca della prigione. Aveva con sé la sbarra elettrificata. THX camminava di malavoglia. Era depresso, senza speranze, ma stranamente non aveva paura.
— Mi uccideranno, vero? Mi distruggeranno?
Il robot rispose con la voce di OMM: — Va tutto bene. Sono qui con voi. Benedizione dello Stato. Benedizione delle masse. Sarete consumato, e nel consumo espierete i vostri peccati. Siate contenti di avere la possibilità di purificare la vostra anima servendo le masse. Meditate e siate felici.
THX si fermò di botto. — Siate felici? Quando mi uccideranno?
Il robot continuò a camminare un po’ prima di accorgersi che il prigioniero era rimasto indietro. Si voltò lentamente, fissò i suoi occhi elettro-ottici su THX e gli si diresse incontro. La sbarra era puntata contro la sua faccia.
— Continua a camminare — disse il robot, con voce di poliziotto, non più di OMM.
THX lo guardò. Quello fece un altro passo. La sbarra dondolava piano davanti agli occhi di THX. «Devi rimanere viva» disse una voce nella sua mente. «Vivo.»
THX lasciò cadere un po’ in avanti la testa, e la sbarra si allontanò. Il robot riprese a camminare: THX lo seguì, con la testa ciondoloni.
Gli parve che passassero ore. Alla fine vide, in distanza, una chiazza colorata, una forma solida. Il robot si dirigeva là. Cercò di aprir bene gli occhi per vedere di cosa si trattava.
Era un gruppo di persone strette intorno a strani oggetti che sembravano casse oblunghe. Avvicinandosi, THX vide che le casse erano in realtà dei lettini, sistemati in cima a strutture di plastica azzurre che parevano contenere cassetti e sportelli, sotto il materasso. Dieci letti, nove persone, ognuna col suo pigiama bianco gualcito.
Il robot si avvicinò al gruppo, piantò la sbarra in terra e disse semplicemente:
— THX uno uno tre otto.
I presenti, otto uomini e una donna, lo guardarono un attimo, poi se ne disinteressarono. Solo uno continuò a fissarlo: era SEN 5241.
THX lo riconobbe dopo un attimo. SEN gli sorrise con aria canzonatoria e gli si avvicinò.
— Lo so che mi hai denunciato tu — disse, calmo.
THX non disse niente.
— Sto abbastanza bene qui però — aggiunse SEN, con una scrollata di spalle.
THX guardò gli altri. Uno, chiaramente cieco, stava sull’orlo del letto e fissava il mondo con occhi vuoti. Vicino a lui un vecchio dalla faccia buona parlava con un ragazzo pieno di foruncoli. La donna sedeva tutta sola, pareva di cattivo umore. «O forse è una demente» pensò THX guardando più attentamente i suoi occhi spiritati. Da un altro lato c’era un uomo gigantesco, chiaramente pazzo: rideva e calciava, con la bava che gli scendeva lungo il mento.
Con un brivido, THX capì che quelli sarebbero stati i suoi compagni per il resto dell’esistenza.
— Sto facendo alcuni piani — continuò a dire SEN — ma non è facile…
Prese a braccetto THX e lo condusse al letto vuoto. — Ecco, questo è il tuo. — THX affondò nel materasso; era morbido, quasi comodo.
SEN si sedette vicino a lui. Parlava a voce bassa e si guardava intorno come se fiutasse pericolo. — Cominciamo dall’inizio. Ci vorrà un po’ di tempo prima che tu veda il mio piano completo. Per il momento quindi tienti lontano dalle cose che non capisci, eh? Mi renderesti tutto più difficile. È il minimo che tu possa fare. D’accordo?
«Siamo intrappolati in quest’inferno e lui fa dei piani?» THX avrebbe voluto urlare.
— Cos’hai? Perché non mi rispondi? Non fare così.
Il vecchio dalla faccia buona, una faccia rugosa con acquosi occhi azzurri e guance pendenti, si avvicinò e si chinò verso THX.
— Va tutto bene — disse. — Ora sei al sicuro. Sei fra amici, compagno. Mi chiamo PTO zero tre quattro zero.
THX si voltò dall’altra parte. PTO si strinse nelle spalle, guardò SEN, poi se ne andò scuotendo la testa.
SEN sussurrò: — Sei uno stupido. — Poi, sorridendo e sempre guardandosi intorno, si alzò e tornò al suo letto.
THX rimase immobile sul letto. Uno dei prigionieri più giovani faceva esercizi di ginnastica sul pavimento. Seduto-sdraiato, seduto-sdraiato. La donna, in trance, borbottava parole sconnesse. THX notò che aveva i vestiti laceri in più punti. Un uomo magro dall’aria fragile stava in ginocchio, lontano dai letti, e dipingeva enormi figure rosse, asimmetriche, sul pavimento.
Il gigante idiota si dondolava sull’orlo del letto e ogni due-tre minuti faceva un urlo da lacerare le orecchie.
SEN contava pacchi di cibo che aveva accumulato. «Parte del suo piano» pensò THX, disgustato. In silenzio si sdraiò, preparandosi a dormire.
Il tempo perse tutto il suo significato. THX dormiva e mangiava, ascoltava i compagni, li osservava trascinare le loro vite intorno a quei dieci letti. Al suono di una nota musicale e al lampeggiare di una luce blu, arrivava il cibo negli appositi bidoni. SEN riusciva sempre a ottenere da qualcuno almeno un cubo extra di roba. Molti glieli diede THX, che aveva sempre poca fame.
Varie volte THX si svegliava di soprassalto durante il sonno e vedeva il gigante idiota, TRG 3442, che lo guardava fisso.
THX non parlava mai. Le parole erano completamente inutili, inadeguate, insensate. Gli altri invece parlavano, parlavano continuamente.
PTO e SEN discutevano sempre di improbabili nessi logici. Spesso si intrometteva DWY 1519, un uomo magro e nervoso che riusciva a ravvivare la conversazione quando questa stava languendo.
— Perché ci tengono qui? — Fu PTO a fare una volta questa domanda retorica. — Perché non ci distruggono subito? Dal punto di vista economico non è giusto. Molto diverso da…