— Faceva freddo?
THX continuò a camminare. SEN era in piedi accanto a un letto, con le gambe divaricate, come un imperatore che osservasse i suoi dominii.
— Aspettate — disse. — Fatemi parlare con lui. So io come si trattano queste cose.
THX gli passò accanto, diretto al proprio letto.
PTO lo guardò da vicino. — Non devi aver paura. Sei di nuovo al sicuro.
DWY andò da SEN. — Dài, chiedigli dell’aria. Sembra che gli manchi il respiro.
SEN annuì e andò al letto di THX. Si sedette vicino a lui e disse: — Bisogna che affrontiamo i fatti, sai? Siamo tornati alla realtà pratica. Io sono un uomo pratico. Bisogna dimenticare il lato personale delle cose.
Dietro SEN, DWY annuiva con forza. THX era stanco morto, così stanco da non sentire più nemmeno la fame. Senza una parola si distese ben bene nel letto.
— A me sembra deficiente — disse DWY.
SEN, seccato, ribatté: — Perché non trovi qualcos’altro da fare?
— Perché non parla? Non ci sente? — DWY si allontanò dal letto. — Io credo che non ne abbia un’idea.
THX provò a dormire. Ma SEN continuava a stargli vicino. E PTO blaterava una lezione di storia a CAM. Sentiva male alle gambe e gli ronzavano le orecchie.
— Voglio aiutarti — disse in un sussurro SEN. — E tu mi puoi aiutare. Ecco, tieni un po’ di cibo.
THX lo guardò. SEN gli porgeva uno dei cubi che era solito ammucchiare. THX lo fissò torvo.
— Capisci — continuò SEN — siamo tutti sulla stessa barca. Ma tu vuoi andartene. Tu non sei come gli altri. Che cos’hai visto là?
THX si voltò dall’altra parte.
— Appena mi avrai fatto una descrizione particolareggiata della barriera, potrò cominciare a delegare le responsabilità. Mi occuperò io di fare uscire tutti di qua incolumi.
«La barriera» pensò THX. «L’unica barriera è la tua stupidità.» Poi rivide con la mente LUH e aggiunse amaramente: «E la mia».
Improvvisamente si sentì uno strillo acuto. THX guardò e vide DWY e CAM lottare sul pavimento vicino al letto di TWA. Continuarono a lottare e urtarono così forte il letto di TWA che questi, dopo essergli quasi caduto addosso, si alzò e tirò via il ragazzo dalla stretta di DWY.
— Mi ha preso il mio cibo! — strillò CAM, cercando di tornare a lottare. — Me l’ha rubato!
DWY teneva in mano un cubo marrone rotto, con gli orli screpolati. Per tutto il pavimento erano sparse le briciole.
TWA si voltò a guardare DWY. — Allora? — disse con tono minaccioso, lasciando andare CAM.
— Cre… credevo fosse il mio — disse piagnucoloso DWY. — Non lo sapevo.
SEN scosse la testa e disse a THX: — Guardali. Sono penosi. Hanno cominciato a frugare anche nel «mio» letto, nelle «mie» cose. Tutto per loro vogliono. Per loro. Dopo tutto il mio risparmiare, il mio digiunare. — Scosse la testa come un missionario deluso.
Poi, con un sospiro, aggiunse: — Ma non li si può nemmeno biasimare, vero? Dobbiamo però trovare qualcosa, qualche motivazione da dargli. In modo che siano indotti a lavorare in squadra.
«Parole» pensò T’HX. «Stupide, insensate parole, Parla solo per sentirsi ascoltare, per sentirsi importante.»
— Quello che conta sono le informazioni — disse SEN. — Dobbiamo ottenere informazioni. So che adesso sei dalla mia parte. Ho qui un contratto.
Sorprendentemente, tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta. — Ecco. — Lo porse a THX. — C’è scritto che tu sei dalla mia parte. Collaboreremo e convinceremo gli altri.
THX avrebbe voluto ridergli in faccia, ma capì che non era il caso di farlo.
SEN teneva il pezzo di carta con mano tremante. Poi, bruscamente, lo rinfilò in tasca.
— Be’ — disse con un sorriso forzato — sarà per un’altra volta.
15
Un robopoliziotto venne a prendere IMM. L’afferrò per il bavero della camicia, ma la stoffa era così liscia che gli rimase in mano. IMM stava lì imbronciata, coi seni piccoli e sodi attraversati dalla cicatrice. Era una situazione quasi comica. THX pensò che il robot forse se ne sarebbe andato con la camicia vuota. Invece buttò in terra la camicia e prese per un braccio IMM. Lei lo seguì, con lo sguardo appannato di sempre.
THX si addormentò. Quando la nota musicale avvertì dell’arrivo del cibo, THX prese i cubi dall’apposito distributore sotto il materasso. Mangiò tutti i cubi che c’erano, non ne lasciò per SEN. A volte di cubi ce n’erano due o tre, e di solito uno. Spesso la nota e la luce azzurra segnalavano, ma non arrivava niente nel distributore. «Non fa mai la stessa cosa due volte di seguito. Lo fanno per non annoiarci? O per non annoiarsi loro?»
DWY affilava un cucchiaio sfregandolo contro l’orlo della struttura del suo letto. Si rifiutò di dire come aveva avuto il cucchiaio. Ogni giorno lo affilava un po’. E diceva che avrebbe trovato il modo di tornare libero. Un cucchiaio affilato contro robot di acciaio.
SEN, dopo uno dei pasti, tenne un discorso. Stava in piedi e parlava a voce alta.
— I più non se ne sono accorti — disse — ma si è formato un «nuovo schieramento» che rappresenta uno sviluppo eccitante, «salutare». Questo schieramento è già una nuova maggioranza: avrà conseguenze sul futuro di noi tutti. Abbiamo bisogno di una nuova unità, un’unità che non scoraggi il dissenso. Noi «abbiamo bisogno» del dissenso. — Indicò PTO per illustrare le sue argomentazioni.
Quando tutti si furono girati verso PTO, SEN continuò: — Ma ci vuole un dissenso «creativo». Le nostre voci non costituiscono un coro armonioso. Però le differenze sono di intonazione, non di sostanza.
«Ho già sentito questo discorso» pensò THX. «Era il nastro di un vecchio discorso politico. L’ha mandato a memoria, parola per parola!»
— Ora, l’esigenza fondamentale del nuovo schieramento — continuò SEN — è di comunicare coi suoi elementi piuttosto che mantenere linee parallele destinate a non incontrarsi mai. Una volta che abbiamo messo a fuoco il nuovo movimento, saremo in grado di ottenere una nuova unità.
— E cosa sarebbe? — disse PTO.
— Guardate! — gridò CAM.
Si voltarono tutti. Un robopoliziotto portava un altro prigioniero. Era piccolo come un bambino.
— Un bambino!
— No, un cavernicolo.
Era spaventosamente brutto. Pelo lungo e arruffato in testa come in faccia, denti che lampeggiavano in mezzo a quella roba, e vestiti che somigliavano alla capigliatura o alla pelle di qualche animale estinto da tempo. Gli occhi erano incavati. Braccia e gambe corte e deformi.
Il poliziotto che aveva portato in braccio il mostro, lo lasciò cadere in terra senza tante cerimonie. Batté la sbarra tre volte e annunciò:
— Soggetto indefinibile; designazione sei quattro tre tredici due otto quattro.
SEN sembrava aver perso la consueta sicurezza. Fissava il mostro con gli occhi fuori dalla testa.
PTO spiegò a CAM: — Un cavernicolo. Vivono nella struttura superficiale. Visto? Sono deformi. È una cosa abbastanza unica, sai: ce ne sono stati solo altri due qui. Puzzano, vero? — Il vecchio era molto fiero di essere così informato.
TWA mosse con prudenza qualche passo verso l’essere. Questi digrignò i denti e ringhiò. Ma TWA si avvicinò ancora, e gli diede un calcio. Il cavernicolo strillò facendo un salto indietro, poi scappò via di gran carriera e saltò in grembo a DWY. DWY urlò terrorizzato. — Via! Via! — Cercò freneticamente di cacciar via l’intruso usando gambe e braccia.
Il cavernicolo, con urla acutissime, saltò da un letto all’altro finché ne trovò uno distanziato di parecchi metri dagli altri. Vi si rannicchiò, diventando una specie di palla pelosa, tutto tremante e mugolante.
«Ha più paura di noi» pensò THX.
Gradatamente tutti tornarono alla normalità. PTO alle sue storie pedagogiche con CAM. SEN ai discorsi politici e alla raccolta di cibo. THX guardò il cavernicolo. Era così piccolo e così spaventato. Tranne quando digrignava i denti.