Si tirò in piedi, stando attento a rimanere sotto la protezione della struttura metallica. Stette lì ore e ore, a guardare allarmato i cavernicoli che lo fiutavano e gli giravano intorno, incerti.
«Perché non fanno qualcosa?» si chiese. Poi capì che «stavano» facendo qualcosa: aspettavano. Aspettavano che la fame e lo sfinimento lavorassero per loro. Perché combattere un gigante quando si può aspettare che il gigante stesso crolli da solo?
Adesso il buio sembrava un po’ meno fitto. Dopo un pezzo, cominciò a farsi un po’ di luce dappertutto. Non era vera e propria luce, come quella dei livelli inferiori, o anche come quella che aveva visto prima, appena arrivato lì. Era una mezza luce fioca e grigiastra, fredda e che in qualche modo dava un’impressione di umidità.
Ma era sufficiente per vedere i cavernicoli. Ce n’erano quattro accovacciati, tutti pelosi e selvaggi, a una dozzina di metri da THX. Non avevano armi. Erano piccoli e spaventosamente rozzi.
— Andate via! — gridò THX, — Lasciatemi in pace!
Non si mossero.
«Ce ne sono solo quattro» pensò. «Se non li metto in fuga, aspetteranno che mi addormenti o che svenga dalla fame.»
Tirò un gran respiro, raccolse tutte le sue forze e si precipitò contro di loro. Si dispersero urlando.
THX rise e li guardò scomparire in lontananza. Ma qualcosa gli cadde sulla schiena e si sentì mordere la spalla. Qualcos’altro gli cadde addosso, buttandolo a terra.
Gli erano tutti addosso e lo mordevano, lacerandogli la pelle con le loro unghie. THX urlò, ne scrollò via uno, colpì con le mani gli altri, cercando di mettersi almeno in ginocchio. I cavernicoli continuavano ad arrampicarglisi addosso: dovevano essere sei, o otto, o chissà quanti.
Gliel’avevano fatta, erano riusciti a farlo venir fuori all’aperto, dove potevano attaccarlo meglio. Era furioso per esser stato così stupido, e la furia aumentò la sua capacità di lotta. Se li scrollò di dosso, si alzò in piedi, ne raccolse due, uno per mano, e li scagliò lontano. Li colpì con calci e pugni. Usò uno come una clava per spaccar la testa a un altro. Ringhiò e urlò, combattendo come un animale in una giungla.
Scapparono via. Si trascinarono dietro due di loro e lasciarono gli altri a giacere immobili sul pavimento lurido. THX rimase in piedi tremante: sentiva il sangue colargli in una spalla, in faccia, nelle gambe. Aveva le mani tutte livide e scorticate.
«Torneranno» pensò.
Adesso la luce era più forte, quasi come quando era arrivato. Ma sembrava avere un’inclinazione opposta a quella di prima.
THX scosse la testa. «Non posso stare qui» si disse. «Tanto vale farla finita e andare Fuori.»
S’incamminò barcollando, tutto sanguinante, verso il raggio di luce più vicino. Alzò gli occhi e vide un tunnel d’accesso, con una scala incorporata alla parete. Oltre una specie di griglia, in cima, riusciva a vedere un colore azzurro-grigiastro.
«Forse basta un solo respiro nell’aria velenosa che c’è Fuori per morire. E cos’altro ci sarà là? Ma sarà sempre meglio che essere mangiati dai cavernicoli.»
Cominciò a salire, piano, esitando. Si sentì quasi sollevato vedendo che la griglia era bloccata dalla ruggine. Però, con feroce determinazione, si mise a spingerla, prima con una mano poi con tutt’e due, poi con le spalle, sudando per lo sforzo.
Le sbarre di metallo con stridore spaventoso cominciarono lentamente a cedere, mentre una pioggia di frammenti di ruggine gli cadeva sugli occhi. A THX sembrò quasi che gli scoppiassero i polmoni. E la griglia finalmente, con riluttanza, si aprì. Salì, tutto dolorante. Si tolse via dalla faccia la ruggine e la sporcizia. Fatto qualche passo sulla superficie, notò che dal proprio corpo si allungava un’ambra di se stesso strana e singolare.
Si girò e dovette ripararsi gli occhi con le mani, e gridò tutto il suo timore e la sua ammirazione per l’enorme sfera rossa del sole nascente che gli stava di fronte. Com’era immenso! Com’era gigantesca la sua forza! Pur chiudendo gli occhi, l’immagine gli rimaneva stampata davanti.
THX si allontanò barcollando dalla botola e socchiuse gli occhi: l’immagine scintillante del sole gli martellava ancora davanti. Stette lì fermo per parecchi minuti, domandandosi se sarebbe diventato cieco. Poi la vista gli tornò normale, e allora si accorse che stava assorbendo un piacevole tepore.
Notò che il terreno era tenero e ricoperto di verde. Alzò gli occhi con prudenza stando attento a evitare il sole, e vide lì vicino delle enormi masse verdi, che si scuotevano ritmicamente. Per la prima volta nella sua vita, THX senti la brezza, tiepida e piena di vita.
Sentì sopra la testa un suono flautato e vide qualcosa che volava con ali piene di piume, fischiando una serie di note modulate. Sopra, nell’aria, c’erano specie di soffici piumini bianchi che non somigliavano a nessuna cosa a lui conosciuta e viaggiavano silenziosamente su uno sfondo azzurro.
Qui, in superficie, c’era calma, ma non silenzio assoluto. L’aria stessa pareva sussurrare. Le grandi piante verdi, alte e piene di diramazioni, dondolavano e stormivano.
Dando un’occhiata al grande spazio aperto che si estendeva in tutte le direzioni, THX si rese conto di trovarsi su un leggero rialzo. Il pendio scendeva davanti a lui e andava a finire in un nastro argentato che, splendente e increspato, attraversava il paesaggio. Pareva acqua, un torrente d’acqua che bagnava serpeggiando la terra verde.
E guardandolo, THX vide che c’erano delle creature che si muovevano lungo l’argine. Socchiuse gli occhi, concentrandosi per distinguere bene i contorni.
Erano persone!
Non cavernicoli, ma persone. Esseri umani. Avevano strani vestiti, di vari colori. Non avevano la testa rasata, ma i capelli lucidi e bellissimi. Non sporchi e arruffati come quelli dei cavernicoli. Alcuni erano donne: più piccole e più esili, con la vita sottile e aggraziate.
Erano circa otto persone e portavano con sé dei contenitori rotondi.
Si fermarono e le donne si inginocchiarono accanto al torrente e immersero i contenitori nell’acqua.
Una donna alzò gli occhi nella sua direzione. Rimase per un attimo immobile, poi si alzò in piedi e lo indicò con la mano. Gli altri allora guardarono e si misero a chiamarlo, facendogli cenno di avvicinarsi. THX senti in distanza le loro voci che lo invitavano.
Sentì le lacrime bagnargli la faccia.
Quel posto, la Superficie, era un paradiso! Che pazzi erano, sotto!
THX si girò a guardare la botola da cui era uscito. Dava sul folle mondo di formiche che lui aveva lasciato per sempre. No, non per sempre, pensò a un tratto.
«Tornerò, un giorno. Solo una volta. A prendere LUH.»
E cadde in ginocchio e baciò la calda, dolce terra.