— Mi fai male!
Lui smise.
— No, non smettere.
— Ma…
LUH gli prese le mani e se le rimise sul seno. — Non smettere. Non smettere mai.
5
Erano stesi sul letto insieme, svegli.
Una voce diceva, nella mente di THX: «Potresti perdere tutto. Tutto».
«Ma prima ero infelice» si disse, «Tutto era normale, ma io ero infelice.»
«Infelice. Pensi che sarai felice adesso? Se ti scoprono, sarai distrutto. E anche lei. E sarà colpa tua.»
Si voltò a guardare LUH, che lo stava guardando con la faccia preoccupata e consapevole.
— Credevo volessi un nuovo compagno di stanza — disse lui improvvisamente.
— Cosa? Oh, no. Chi ti ha detto questo?
— SEN.
— Non è vero. Mente. No, ho bisogno di te!
Lui le mise un braccio sotto la testa e la tirò a sé.
— Ero così spaventata — disse LUH. — Così sola. Desideravo terribilmente toccarti, e che tu mi toccassi. Dopo che ti ho indotto a diminuire i sedativi avevo paura di… di che tipo di persona ti saresti rivelato.
— Rivelato?
— Oh, scusami. Non so quello che ho fatto. Avrei dovuto lasciarti in pace.
«Sì» pensò THX. Ma disse: — No, non dire così.
Si udì il suono della sveglia.
THX si drizzò, sorpreso. — Che ora… Che turno è?
— Son le tre, credo.
— Le tre! Faremo tardi!
Si alzò e si diresse in bagno. — Su, che facciamo tardi.
— Non prendere niente — disse LUH.
— Cosa? — THX si guardò allo specchio: aveva gli occhi gonfi, l’aria stanca.
— Cerca di non prendere niente, ti prego — stava dicendo LUH.
— Ci proverò — disse. Ma aveva le mani che tremavano.
Il suo turno di lavoro fu un incubo. Non riusciva a concentrarsi. Continuava a pensare a LUH. Il supervisore lo rimproverò due volte. Sapeva che quei rimproveri passavano alla registrazione permanente del Controllore. Ma nonostante la ‘tensione del lavoro, gli sguardi dei supervisori, la pancia in subbuglio e le mani tremanti, THX si sentiva non felice forse, ma diverso. Le cose e le persone, intorno, non gl’importavano. Capì che non gli erano mai importate. Era LUH che contava. Era l’unica che gli interessasse.
Finito il turno, lasciò il centro montaggio e si avviò con gli altri.
— Ho fatto quarantatré richieste di trasferimento — sentì che diceva uno — ma non ho avuto una sola parola di risposta. DRG, il mio superiore, pensa che sia più adatto a lavorare all’ufficio fantasia…
— Andate in fretta, prego. Non fermatevi e non bloccate le zone di passaggio.
— Non fermatevi nelle aree modulo-dispersive. Il monossido di carbonio è a quota ottocento.
D’un tratto vide LUH sull’orlo dello scivolo. Lo stava cercando e quando lo vide, si fece strada tra la folla per raggiungerlo.
— Cosa fai qui? — le gridò, cercando di superare il rumore intorno.
— Pensavo… THX, ho paura.
La prese per un braccio e la guidò in mezzo al traffico dei pedoni. — Tu non hai diritto di accesso a questa sezione. Controlleranno la tua scheda. Andiamo via di qui.
Si diressero in fretta verso la scaletta a spirale che attraversava lo scivolo come un ponte. THX camminava a testa bassa, come se non volesse farsi riconoscere da nessuno. Salirono sulla scala, e da lì passarono al grande ponte a forma di ragno. Sotto di loro, lo scivolo era gremito di operai.
Le diramazioni più esterne della fascia semovente procedevano a velocità di passeggio, ma la parte centrale era velocissima, piena di gente che copriva ogni centimetro quadrato. Tutti con la testa rasata, vicini eppure estranei l’uno all’altro, asessuati, in piedi e fitti come animali diretti al macello.
Una donna anziana inciampò e cadde sul lato più esterno della fascia lenta. Cercò di alzarsi, ma la gente la calpestava. Finalmente un robopoliziotto la prese per un braccio e l’aiutò a rialzarsi.
— Vecchia scema! — brontolò una voce maschile. L’uomo continuò a lamentarsi, finché fu trascinato via e la sua voce fu riassorbita dal brusio della folla.
THX e LUH non rallentarono il passo fin quando non ebbero raggiunto una delle aree commerciali. Anche lì, la folla che si agitava freneticamente e le solite voci dall’alto.
— Se comprerete più di cinque dendriti alla volta avrete la sesta con solo il tre per cento di crediti in più. Comprate all’ingrosso, risparmiate.
Quasi senza respiro, LUH si appoggiò al braccio di THX e lo costrinse a rallentare. THX la guardò: aveva un’espressione molto seria.
— Stavi per fare un errore col circuito di trasferimento, prima di pranzo, vero? — disse lei. Ma non era una domanda.
— Stavi guardando?
Lei annuì.
Lui si arrabbiò. — Non devi fare queste cose! Si insospettiranno. Il Controllore guarda voi osservatori.
— Ma dovevo vederti. Non posso starmene seduta tutto il giorno lì sapendo che solo toccando un tasto posso vederti.
THX scosse la testa. — Se non starai più attenta, ci farai arrestare entrambi.
— Scusa.
— Scusa tu — disse lui. — Sai, non riesco a lavorare così. Ho bisogno di qualcosa. Sono troppo teso sul lavoro, non posso concentrarmi. Non devo pensare a niente, per potermi concentrare.
— Puoi farcela da solo. So che puoi.
— No. Gli esseri umani non possono fare quel tipo di lavoro senza nessun aiuto. Se sbaglio è finita. Lo sai bene. Vorresti vedermi fatto a pezzi?
— Non voglio perderti — disse lei.
Camminavano piano, l’uno accanto all’altra. THX guardava davanti a sé, la bocca atteggiata a una smorfia amara.
LUH disse: — Se tornassi a usare i sedativi, i tuoi sentimenti verso di me non sarebbero più gli stessi. Faresti rapporto e mi denunceresti per evasione.
Lui si fermò. — No! Non potrei mai, ora. Lo so!
— Non puoi saperlo.
THX scosse la testa e disse: — Se prendo i sedativi, tu soffri. Se non li prendo, soffro io.
— Puoi vivere benissimo senza sedativi — disse lei, decisa. — Sono certa che puoi.
THX si sentiva impaurito ed eccitato. — Devo inserire un meccanismo di scorrimento, al prossimo turno. Non ci posso riuscire se sto come adesso. Ci sono già state tre esplosioni questo…
— Ce la puoi fare anche senza etracen — insistette lei.
La gente li guardava, perché stavano in mezzo alla zona acquisti senza «andare» da nessuna parte, senza «,comprare» niente, limitandosi a parlare tra loro. Non soli, non isolati, ma insieme.
— Forse ce la farò senza l’etracen — disse THX. — Ma poi? Non si può durare per sempre, lo sai. Non si può vivere senza le pillole.
— Si può invece! Io lo faccio! Altri lo fanno!
— I nati-naturalmente — disse lui. Poi, vedendo come lei l’aveva presa, si pentì di aver parlato.
Piano, con calma e determinazione, LUH disse: — Fisicamente non c’è nessuna differenza tra i nati-naturalmente e i nati-in-clinica. È solo un fatto di condizionamento. Si può vincere il condizionamento. Ma devi volerlo.
— Io voglio stare con te.
— Allora andiamo via — disse lei all’improvviso. — Possiamo andarcene da qui, vivere in superficie…
— In superficie? — Si sentì disorientato. — Lassù vivono soltanto i cavernicoli. È tutto radioattivo, l’aria è velenosa.
LUH scosse la testa. — No, non ci credo. Sono balle.
«È troppo» pensò THX. «Tutto si sta rovesciando. Nuovi sentimenti, nuove idee. Devo aver tempo per pensare, per capire.»
LUH si diresse all’entrata della sotterranea più vicina. — La mia serie di turni è finita. Tu hai ancora un turno, vero? Possiamo andarcene prima che cominci la prossima serie.