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«E come se non bastasse, il Vecchio Scartafaccio vuole che gli metta in ordine alfabetico i permessi di uscita per la gita scolastica.»

L’ultimo test era qualcosa chiamato il Rick. La dottoressa Lejeune non lo conosceva. Chiese a Sherri se poteva utilizzare il telefono nell’ufficio del signor Paprocki per chiamare il dipartimento di psicologia all’università.

«È un test sulla capacità di ragionamento, sul senso di responsabilità e sull’attaccamento al dovere,» disse l’assistente laureato.

«Anche sulla fedeltà?» chiese lei.

«Ah, certo. Infatti, il dottor Young del dipartimento di fisica lo ha utilizzato proprio in un suo progetto. Voleva testare le probabilità di scoppio di una storia d’amore fra quarantenni.»

«Mettiamo che uno prenda 692 nel Rick, quante sono le probabilità che si faccia coinvolgere in una relazione extraconiugale?»

«692?» disse l’assistente. «Nulle. Settecento è il massimo della fedeltà.»

Perfetto, pensò la dottoressa Lejeune. «Non è che per caso avete il risultato del test fatto al dottor Andrew Simons?»

«So che il dottor Young gli ha fatto il Rick, ma non sono sicuro se…»

«Non fa niente,» lo interruppe la dottoressa. «Già lo so quanto ha preso.»

Carolyn controllò la pancia di Wendy per due settimane, ma non vide mai sintomi di varicella, benché alla fine si ritrovasse con cinque pazienti distribuiti fra il letto di Wendy, il letto matrimoniale e il divano in salone. «Non posso prendermela,» le disse Wendy, tirandosi giù la maglia dopo il solito controllo alla pancia. «C’è una partita oggi pomeriggio. Devo subentrare io. Sarah Perkins s’è ammalata ieri. L’allenatore Nicotero ha dovuto chiamare il time-out e farla sostituire.»

Proprio quello mi serve, pensò Carolyn, accompagnandola agli allenamenti. Un time-out. Peccato che il gioco che faccio non li preveda.

«Ho ristretto la scelta a Vassar, Carleton e Tufts,» disse Liz quando Carolyn rientrò. Era sdraiata sul divano a tamponarsi la lozione di calamina sulle gambe mentre leggeva gli opuscoli delle università. «Mamma, è importante un videoregistratore in camera?»

Squillò il telefono. «Mi dispiace tanto di doverti sempre disturbare,» disse Sherri, «ma non c’è altro da fare. È Shannon Williams. Ho chiamato sua madre in banca. Dici che ho fatto bene?»

«Lei c’era?»

«Non so,» rispose Sherri, a voce bassa. «Ha risposto lui al telefono e ha detto che non c’era, ma mi sembrava proprio furioso e credo che lo fosse davvero. Allora la vieni a prendere?»

«Arrivo subito,» disse Carolyn.

Sistemò Erin nel letto di Wendy e le diede un ghiacciolo e alcuni fumetti della figlia. «Vado a prendere Shannon Williams,» disse a Liz, che aveva messo da parte l’opuscolo e guardava All My Children.

«Anche sua madre lavora in un’agenzia immobiliare?»

«No,» rispose Carolyn. Sua madre sarà in guai grossi se il marito lo viene a sapere. E com’è successo? Lo so com’è successo, pensò Carolyn. Sapeva con esattezza dov’era lui, e non stava pensando al marito o ai bambini perché in quel momento non esistevano. Quando si parla di dislocamento temporale. Era come se quel momento, quando se ne era stata al buio e aveva saputo di dover solo mettergli una mano sul collo e avvicinarlo a sé, fosse anch’esso fuori del tempo.

Solo che non lo era. La madre di Shannon Williams si stava semplicemente ingannando nella convinzione che lo fosse. Sarebbe stato bellissimo se fosse stato possibile uscire dal tempo, secondo la teoria del dottor Young, e tornare indietro ai tempi del college e della libertà totale da famiglia e responsabilità, ma questo era impossibile. E standosene lì al buio, la madre di Shannon avrebbe dovuto pensare al dolore di suo marito per quel che stava facendo. Avrebbe dovuto pensare a come portare Shannon agli allenamenti di pallavolo e dall’ortodontista, dopo aver ottenuto il divorzio.

Suonò il telefono. Era Don. «Come vanno le cose?»

«Benissimo,» rispose. «Erin Peterson è sul divano, io sto andando a prendere Shannon Williams, abbiamo finito tutti i ghiaccioli e le lozioni di calamina, e mi hai appena telefonato per dirmi che farai tardi di nuovo.»

«Già,» disse lui. «Non vorrei proprio complicarti la vita con tutti quei bambini cui devi stare dietro, ma qualcuno ha cancellato il nastro con la musica per gli esercizi a terra e domani c’è una gara importante. Per fortuna Linda ha una doppia piastra a casa, adesso ci andiamo. Torno il prima possibile. E senti, cerca di rilassarti un po’. Mi sembri stanca morta.»

«Grazie,» disse Carolyn fredda. Aprì il frigorifero. Avevano anche finito la gassosa.

«Questo voglio dire. Sei così irascibile. Linda pensa che tu stia facendo troppo per tutti quei ragazzini ammalati. Dice che una donna alla tua età dovrebbe stare attenta a non strafare.»

«O magari l’artrite si farà sentire di nuovo?» disse. Riattaccò il telefono, chiamò la banca e chiese di parlare con il capo ufficio prestiti.

«Dica alla madre di Shannon Williams che non mi importa se c’è o non c’è, ma sua figlia è malata e dovrebbe venirsela a prendere,» disse, e mise giù.

Squillò ancora il telefono. «Cattive notizie,» disse Sherri.

«Chiunque sia,» disse Carolyn, «che se lo vada a prendere la madre.»

«È Wendy,» fece Sherri.

Dopo tre settimane qualche bambino pieno di croste cominciò a tornare alla spicciolata, ma il dottor Young non sembrò interessato a testarli.

«Se non utilizziamo l’aula, perché almeno non spostiamo una parte dell’attrezzatura e facciamo un po’ di spazio per l’insegnante di musica?» suggerì la dottoressa Lejeune.

«Lei non sposta niente da nessuna parte,» urlò il dottor Young, con la testa calva color fucsia. «È questo tipo di atteggiamento che…»

«Lo so, lo so,» lo interruppe lei, ma scese lo stesso nell’aula di musica. Almeno poteva togliere di mezzo qualcosa in modo che l’insegnante di musica riuscisse a raggiungere il pianoforte.

Smontò la telecamera e la ripose nell’armadietto. In fondo, fra due xilofoni, c’era una torcia elettrica. Potrebbe tornare utile in caso di black-out, pensò la dottoressa Lejeune. Se la mise in tasca e si fece strada verso il pianoforte per prendere l’oscillatore temporale. La scatola grigia senza cavi era ancora sopra al pianoforte, ma le altre due più piccole erano sparite.

Salì in ufficio e telefonò a Carolyn. «Il dottor Young le ha fatto portare niente a casa?» chiese.

«Le copie trascritte dei colloqui,» rispose Carolyn, con voce sfinita. «Pensava che avrei avuto tempo di riguardarmele, ma ho un mucchio di roba da…»

«Veda un po’ se non c’è anche una scatola grigia piatta.» la interruppe la dottoressa Lejeune.

«Non credo. Aspetti un attimo,» disse Carolyn. Ci mise un bel po’ a ritornare. «Sì, c’è. Non so come ci sia finita in mezzo. Vuole che la riporti a scuola?»

«No,» rispose la dottoressa Lejeune. «Ce la riprenderemo insieme alle trascrizioni. Lei non ci pensi.»

«È sparita anche l’altra? Ce n’erano due sopra al pianoforte.»

«No, non è sparita,» disse la dottoressa Lejeune. «Lo so io dov’è.»

Anche con l’aiuto del dottor Gillis, ci vollero tre settimane per organizzare tutto, dopodiché Andrew ebbe qualche problema a trovare un volo per Los Angeles. Quello sul quale riuscì finalmente a salire era strapieno. Se ne stava incastrato fra un uomo addormentato e una bambina. Quando arrivò la hostess con il carrello delle bibite, ordinò un fermatempo.

«Chiedo scusa, signore,» disse. «Non conosco questo drink. Come si prepara?»

«Voglio una coca,» disse la bambina.

«Basta che mi dia una birra e del vino, poi li mescolo da solo,» disse lui.