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«Sì,» disse lei, «e mi sposerò e avrò due figlie, e tu sarai in Tibet.»

«E ci sarà impossibile unirci perché sarà il momento sbagliato,» aggiunse lui.

«Tutto è possibile.» disse lei. «Sono le tre e mezzo.» Fece un sorrisetto, avvicinandosi a lui. «Non controllano più le stanze dopo la mezzanotte.»

«E la tua compagna di stanza?» domandò lui, e fu quasi sconcertato dal suo improvviso sguardo di allegro stupore.

«Oh,» fece tutta contenta, «in questo trimestre Allison è in Europa.»

«Non riuscivo a trovarti,» disse Don. Stava in piedi sopra di lei con un bicchiere in mano.

«C’era Susy nel nostro letto,» disse assonnata. «Com’è andato il meeting?» Si mise a sedere e si tirò il plaid sulle ginocchia.

«Siamo arrivati secondi.» Si appoggiò sul letto e le passò il bicchiere. «Jennifer Whipple sì è sentita male e non ha potuto fare il numero alla sbarra, e Linda se n’è andata. Tu come stai?»

«Bene,» rispose lei bevendo un sorso. «Che roba è questa?»

«Un suicidio,» disse lui. «Mi ricordo che ci andavi matta al college, allora mi sono fermato al supermercato e ho comprato un po’ di succo di zenzero e…»

«Succo di zenzero!» esclamò Carolyn. «Ecco l’ingrediente che non mi veniva in mente.» Ne bevve un altro sorso. «Ha proprio lo stesso sapore di quelli che faceva Allison. Oh, a proposito di Allison, finalmente mi è venuto in mente quando ho preso la varicella. È stato il trimestre in cui Allison era in Europa. È stato stranissimo. Io… Linda se n’è andata?»

«A metà degli esercizi di volteggio. Non è nemmeno voluta venire sull’autobus con noi. Ho provato a telefonarti.»

«Per dirmi che se n’era andata?»

«No. Per dirti che hai avuto la varicella. Jennifer si è sentita male, e tutto a tratto mi è venuto in mente che l’avevi presa al college. Proprio strano che me lo fossi dimenticato, visto che ci siamo conosciuti per quello. Ti ero venuto a trovare in ospedale.»

«Mi ricordo,» disse Carolyn. «Il dottore mi fece compilare una lista di possibili contagiati, e io feci il tuo nome perché mi sedevi vicino a psicologia.»

«Avevi un aspetto spaventoso quando ti sono venuto a trovare in ospedale,» disse lui, sogghignando. «Eri piena di croste sulla pelle. E standomene lì seduto a guardarti, ebbi una strana visione di noi due sposati con due figli ed entrambi con la varicella. Mi sa che Linda questa parte non l’ha capita.»

«L’hai raccontato a Linda?»

«Certo. Mi diceva quanto eri permalosa al telefono. Ha detto che solo chi sta per prendersi una malattia può essere così acido, e tutto d’un tratto mi sono ricordato come ti ho conosciuta e gliel’ho raccontato.»

«Lo credo che se n’è andata,» disse Carolyn.

«Sì, immagino che per una ragazza del genere fosse noioso stare ad ascoltare questo vecchio bislacco che le raccontava fatti di tanto tempo fa. Tuttavia, la cosa più strana è che non mi sembra sia passato tantissimo tempo, non so se mi capisci. È come se fosse successo ieri.»

«Lo so,» disse Carolyn. «Non è l’unica cosa strana. Io…»

«Senti, cara, devo correre a scuola,» la interruppe Don. Le diede una pacca sul ginocchio. «Devo scaricare gli attrezzi. Volevo solo controllare come stavi dato che non rispondevi al telefono.»

Si avvolse il plaid intorno alle spalle e lo seguì in salotto. «Non l’ho sentito suonare,» fece lei. «E non è l’unica cosa strana. Io…»

«Ho scelto il college,» disse Liz. Se ne stava seduta sul divano a tamponarsi le braccia con la lozione di calamina. «NSC.»

«NSC?» disse Carolyn. «Mi sembrava che avessi ristretto la scelta fra Vassar, Carleton e Tufts.»

«Be’, era così, ma non riuscivo a dormire perché mi prudeva tutto, e ho pensato, papà e mamma non fanno altro che parlare di quanto era forte il NSC, quindi ho cambiato idea e l’ho scelto.»

«Era proprio forte,» disse Don. «È li che ho incontrato tua madre. Aveva la varicella e…»

«Lo so,» disse Liz. «Me l’hai raccontato un milione di volte.»

«Il vecchio bislacco colpisce ancora,» disse Don. Diede un bacio a Carolyn. «Torno fra un’ora se non mi rimbambisco all’improvviso mentre scarico la roba dall’autobus.» Diede un altro bacio a Carolyn.

«Non vedo cosa ci sia di tanto romantico nella varicella,» disse Liz dopo che se ne fu andato.

«Lo era,» disse Carolyn.

La dottoressa Lejeune andò a trovare Andrew all’ospedale dell’università. «Ti saluta Sherri Paprocki,» disse. «Vuole sapere come hai fatto a prenderti la varicella. Il periodo di incubazione è solo di due settimane, e ti sei ammalato solo cinque settimane dopo il tuo arrivo.»

«Me l’avrà attaccata la ragazzina seduta vicino a me sull’aereo per Los Angeles,» rispose lui. «Per fortuna ho deciso di non andare subito in Tibet.»

«Mi scusi,» disse Bev Frantz. Arrivò con un termometro in mano. «Le devo prendere la temperatura.»

«Bene,» disse Andrew. «Speravo di rivederla di nuo…»

Gli ficcò il termometro in bocca e guardò la scatola. Lui le sorrise. Si concentrò con la massima attenzione sulla lettura del display a cristalli liquidi.

Non sembrava che stesse male, a parte le croste ricoperte di calamina su tutta la faccia e le braccia. In effetti, sembrava stare meglio di quanto la dottoressa lo avesse mai visto in precedenza. Più felice.

La scatola emise un suono. Bev gli tolse il sensore dalla bocca e lo infilò nella sua custodia. Si voltò verso la dottoressa Lejeune. «Il dottor Young voleva vederla.»

«Davvero, dovrebbe andare a trovarlo,» disse Andrew. «Penso che si voglia scusare.»

«Dovrebbe fare le sue scuse a lei piuttosto,» disse lei, e poi lo guardò da vicino. «O no? È sicuro che sia stata la bambina ad attaccarle la varicella?»

«Guardi che Max ci tiene molto a lei,» disse Andrew. «Mi ha detto che il vero motivo di questo progetto, inizialmente, era quello di far colpo su di lei.»

«Hmmm,» fece la dottoressa Lejeune. Salutò Andrew e uscì in corridoio.

«Mi chiedo se posso parlarle due secondi del dottor Simons,» disse Bev. «Mi piace davvero, ma quando gli ho fatto l’iniezione di richiamo del colera, prima, ho avuto l’impressione che fosse innamorato di qualcun’altra.»

«Lo è stato,» disse la dottoressa Lejeune. «Di una ragazza che ha conosciuto al college. Ma è stato tanto tempo fa. Non c’è da preoccuparsi.»

Si allontanò dalla porta, girò l’angolo e andò in ufficio da Max. Era in pessime condizioni. Aveva la varicella sulla testa calva e portava indosso un paio di mezzi guanti con del nastro adesivo ai polsi. «Be’?» fece. «Le ha già chiesto di uscire?»

«Chi?» disse la dottoressa Lejeune.

«Andrew. Ha chiesto a Bev di uscire? Gli ho detto che farebbe meglio a rimorchiarsela finché ne ha la possibilità. Ho tentato di farli mettere insieme sin da quando sto qua dentro. È il minimo che possa fare.»

«Ma non aveva detto che combinare matrimoni è un surrogato del sesso?»

«È vero,» disse. «Come la mia macchina del tempo. Volevo andare indietro nel tempo e tornare giovane.»

«Ma lei non è tanto vecchio. Si è preso la varicella, no?»

«Non è successo niente, lo sapeva? Quella quantità di energia rilasciata tutta d’un colpo, e non è successo niente. Carolyn ha dormito sempre.» Alzò la mano per grattarsi la faccia e poi la lasciò cadere sulle ginocchia. Nessuno le aveva mai fatto così tanta pena in tutta la vita.

«Vuole che le spalmi un po’ di calamina?» disse lei.

«Nulla. Non è successo nulla nemmeno a lui.»

«Si è preso la varicella.» Aprì la bottiglia di calamina e gliene tamponò un po’ sulla guancia. «Lo sapeva che Carolyn, quando se la prese ai tempi del college, fu l’unico caso in tutto il dormitorio? Nessuno riuscì a capire chi l’avesse contagiata. Secondo me gliel’hanno attaccata tutti quei bambini ammalati a casa sua. E adesso Andrew ha la varicella, e nessuno capisce come sia possibile.»