«No, nemmeno la madre di Heidi Dreismeier lavora. Comunque il Vecchio Scartafaccio ha deciso che dovevo chiamare ogni singola “persona da contattare se non è possibile raggiungere i genitori” solo per essere sicuri che si possa veramente contattare e che il suo telefono funzioni correttamente. Quell’uomo è una minaccia.»
«Mamma, sono le cinque,» disse Wendy.
«Comunque,» disse Sherri, «Devo leggerti i nomi di tutti i ragazzi. Heidi Dreismeier, Monica Morales, Ricky Morales…»
«Mamma, non faccio in tempo a mangiare,» disse Wendy.
«Troy Yoder,» continuò Sherri, «Brendan James. A proposito, lo sapevi che i genitori di Brendan stanno per divorziare?»
«Stai scherzando,» disse Carolyn. «Lei è vicepresidente dell’Associazione Genitori-Insegnanti.»
«Non più. Ti ricordi quel tizio Lasciatevi Stupire che se ne andava in giro a vendere scampoli di stoffa colorata? Be’, pare che la madre di Brendan non si sia limitata ad acquistare qualche campione.»
«Mamma, l’allenatore ha detto che dobbiamo aver digerito, prima di fare l’allenamento.»
«Senti, Sherri, adesso ho da fare,» disse Carolyn. «Chiunque abbia messo il mio nome nell’indicazione di emergenza, mi sta bene.»
«Aspetta, aspetta, non è proprio per questo che ti ho chiamata. Ti ricordi quel tipo grasso e pelato dell’università che lo scorso marzo ti fece fare tutti quei test?»
«Il dottor Young?»
«Proprio lui. Insomma, è di ritorno con una squadra di ricerca e vuole che lavori per lui. Sarebbe per l’intera giornata, per circa un mese, ha detto. Ti paga meglio di quanto ti pagano per il volontariato.»
«Oh, cavolo, non lo so,» disse Carolyn, pensando alle scarpe di Wendy. «Don inizia questa settimana gli allenamenti per la ginnastica, e manca poco alla Fiera dell’Associazione Genitori-Insegnanti. Ti ha detto quanto pagano?»
«Sì, e deve proprio volerti a tutti i costi, perché ha detto che ti pagherà quello che vuoi. E dovrai cominciare il 2 ottobre.»
Carolyn tentò di sollevare la pagina di settembre del calendario con la mano che stringeva ancora il coltello da pane. «Sarebbe mercoledì prossimo, no?»
«Mercoledì prossimo ho l’appuntamento con l’ortodontista,» disse Wendy.
«Dovrò riorganizzare i miei appuntamenti. Fino a che ora rimarrai a scuola?»
«Oh, fino a verso mezzanotte se al Vecchio Scartafaccio gli gira. Quando avrò finito con le indicazioni di emergenza, dovrò rifare in ordine alfabetico l’elenco degli insegnanti assegnati all’ora di ricreazione.»
«Ti richiamo io,» disse Carolyn, e riappese.
«È impossibile che per le sei abbia digerito il polpettone,» disse Wendy.
Carolyn fece alcuni fori in un hot dog con la punta del coltello da pane e lo mise nel forno a microonde. Poi chiamò l’ortodontista e spostò l’appuntamento di Wendy alle quattro e un quarto di martedì.
«Il martedì alle quattro ho l’allenamento,» disse Wendy. «Nicotero dice che se perdiamo anche un solo allenamento non ci fa giocare.»
«Che ore libere avete martedì?» domandò Carolyn alla segretaria dell’ortodontista.
«Alle cinque e tre quarti,» rispose la donna.
«Che ne dici delle cinque e tre quarti?» chiese Carolyn a Wendy.
«Va bene,» disse Wendy.
«Giovedì c’è la Mostra all’università,» disse Liz. «Hai promesso che ci avresti accompagnato, Lisa e io.»
«Ho un’ora libera alle tre e mezza di mercoledì,» disse la segretaria.
«Oh, bene. È dopo la scuola. Mi segni pure,» disse Carolyn.
Aveva appena riattaccato, che il telefono squillò di nuovo.
«Salve, sono Lisa. Posso parlare con Liz?»
Carolyn porse la cornetta a Liz e tirò fuori dal forno l’hot dog di Wendy. Le versò un bicchiere di latte.
«L’allenatore Nicotero dice che faremmo bene a mangiare qualcosa di ciascuno dei quattro gruppi di alimenti. Carne, cereali, latticini…»
«Frutta e verdura.» concluse Carolyn. Diede a Wendy il pomodoro.
Liz riappese il telefono. «Ceno da Lisa,» disse. «Puoi portarmici quando accompagni Wendy?» Corse nella sua stanza e ne tornò con un pacco di cataloghi universitari. «Quale università hai frequentato, mamma?»
«Il Nebraska State College,» disse Carolyn.
«Ti è piaciuto?»
Avevo tutto il tempo del mondo, pensò Carolyn. Non dovevo portare nessuno da nessuna parte, e non avevo mai sentito parlare dei quattro gruppi di alimenti. La mia bevanda preferita era il suicidio, che preparavo con la mia compagna di stanza Allison mescolando insieme diversi tipi di bevande gassate.
«Ci sono stata benissimo,» disse Carolyn.
Suonò il telefono.
«Scusa se ti chiamo così tardi, tesoro,» disse Don. «Non siamo nemmeno a metà. Non aspettarmi per cena. Tu e le ragazze andate a mangiare fuori.»
L’aereo rullò sulla pista e si fermò, e tutti si precipitarono verso il corridoio. Andrew occupava il sedile accanto al finestrino. Prese la sacca da viaggio da sotto il sedile davanti a lui e si appoggiò contro lo schienale. Non avrebbe dovuto bere lo scotch sulla tratta L.A.-Denver. Aveva sperato che gli avrebbe favorito il sonno, in modo da non essere costretto ad ascoltare le chiacchiere della coppia palesemente infelice che occupava i sedili a fianco al suo.
Invece gli aveva suscitato una fantasticheria sentimentale del suo primo anno all’università, che era stato l’anno forse peggiore della sua vita. Per poco non lo avevano sbattuto fuori dal corso propedeutico in giurisprudenza, si era preso una cotta per Stephanie Forrester e poi aveva finito col farle da valletto al matrimonio. Non c’era proprio nessuna ragione per ricordare quell’anno sciagurato, tanto meno con nostalgia.
«Non ho detto che non volevo che giocassi a tennis,» disse il marito della coppia infelice. Si alzò in piedi, aprì il compartimento superiore e ne tirò fuori la valigia e l’impermeabile. «Ho solo detto che quattro lezioni al giorno mi sembravano un po’ troppe.»
«Per tua informazione.» disse la moglie, «Carlos ritiene che abbia delle grandi capacità.» Allungò la mano verso la tasca elasticizzata sullo schienale del sedile, prese l’edizione economica di Passages e la infilò nella borsa.
Andrew si ricordò del progetto del dottor Young e lo prese dalla tasca del suo sedile. Quello era il vero motivo per cui aveva preso lo scotch, cercare di cancellare dalla mente il ricordo delle idee balzane del dottor Young. La sua teoria era che il tempo esisteva non come un flusso continuo, ma come una serie di oggetti quantici separati. Questi venivano percepiti come un flusso a causa di un fenomeno di “persistenza” che si apprendeva fin dall’infanzia. Quella parte della teoria non era così male. La ricerca di Ashtekar all’università di Syracuse aveva già avanzato l’ipotesi della natura quantica del tempo, e l’idea dei blocchi di tempo percettivo di qualche durata era generalmente accettata dagli psicologi temporali. Senza di essa non potevano esistere fenomeni come la musica, che dipendeva dalle relazioni fra le note. Se il tempo fosse stato un flusso continuo, la musica sarebbe stata percepita come una singola nota immediatamente sostituita nella percezione da un’altra, invece che come uno schema di intervallo e di durata.
Ma il concetto di blocchi temporali, o odiecroni, come li aveva battezzati il dottor Young, era un concetto percettivo, non una realtà fisica. Non solo il dottor Young riteneva che i suoi odiecroni fossero reali, ma pensava anche che fossero molto più lunghi di quanto avesse sostenuto qualsiasi psicologo temporale… minuti o addirittura ore, invece dei pochi secondi che occorrevano per ascoltare una melodia. Ma la parte veramente folle della sua teoria era che questi odiecroni si potevano spostare come mattoncini delle costruzioni, e anche metterli uno sopra all’altro.