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«Cerco l’interruttore,» fece Carolyn, e ci fu uno schianto metallico.

«Rimanga esattamente dov’è,» disse Andrew. Colpì la tastiera del pianoforte producendo un baccano di note. «Ci sono quasi.» Raggiunse la cima del pianoforte con la mano e toccò prima una delle scatole quadrate di ferro, poi quell’altra. La torcia non c’era. Tastò tutta la superficie del pianoforte. «Ha spostato la torcia?» domandò.

«No,» rispose. «E lei?»

«No,» disse, girandosi nella direzione da cui proveniva la sua voce. Rovesciò il cestino. «Non vedo niente,» disse. «È buio come un pozzo da polo a polo qua. Lei dov’è?»

Per un attimo lei non rispose, ma non era necessario che glielo dicesse. All’improvviso Andrew seppe con certezza dov’era lei. Non vedeva niente; non c’era abbastanza luce perché gli occhi potessero abituarsi, ma sapeva con certezza dov’era.

«Sono vicino alla lavagna, credo,» disse lei. Non era vero. Era fra il contatore di fotoni e l’oscilloscopio, e lui avrebbe dovuto solo allungare il braccio e avvicinarla a sé. Lei aveva già alzato il viso verso il suo nel buio pesto. Lui avrebbe solo dovuto chiamarla.

E dopo? L’avrebbe resa protagonista del prossimo pettegolezzo messo in giro da Sherri? Be’, lo sapete che è successo alla madre di Wendy e Liz, no? È scappata con l’uomo degli odiecroni. «La lavagna è da questa parte,» disse lui, mettendole la mano sulla spalla e facendola voltare delicatamente in quella direzione. Tastò la superficie con la mano libera, ora assolutamente sicuro sulla disposizione della stanza. Avrebbe potuto camminare lungo lo stretto tunnel fino all’interruttore senza mai mettere un piede in fallo. «Lo sa meglio di me dov’è l’interruttore,» disse lui, lasciandole la spalla. «Tenga la mano sul portagessetti, e quando è finito continui a tastoni lungo il muro.»

«È contro il regolamento,» disse lei. «L’insegnante di musica non vuole che i bambini tocchino il muro con le mani come sto facendo adesso.»

Tutto nella sua voce lasciava intendere che non aveva alcuna idea di quanto avessero sfiorato la tragedia, e probabilmente non se ne era resa conto davvero. Era felicemente sposata con l’allenatore di ginnastica. Aveva una figlia adolescente pronta per andare al college e un’altra alla partita di pallavolo fuori città. Forse non aveva nemmeno notato che là dentro non ci si poteva muovere senza toccarsi.

«Di sicuro l’insegnante di musica farà un’eccezione, per stavolta,» disse. «Si tratta di un’emergenza.»

Sentì che lei si fermava, con la mano già sull’interruttore. «Lo so.»

Accese la luce. «Sarà meglio andare a parlare con l’insegnante della terza,» disse lei, e aprì la porta.

«Sarà meglio,» ripeté lui.

Dopo la scuola, la dottoressa Lejeune andò nell’ufficio del signor Paprocki a chiedergli se poteva utilizzare il telefono per un’interurbana al Fermilab.

«È incredibile,» disse Sherri. «Era l’ultimo uomo scapolo dello stato, e se ne va.»

«Chi se ne va’?» chiese la dottoressa Lejeune. «Il dottor Simons?»

«Già. È venuto su alle due e mezzo a dire che era in partenza, ha fatto sapere al dottor Young che se ne tornava in Tibet.»

«È tutto? Non ha lasciato messaggi?»

«No.» rispose Sherri. «Non è giusto. Mi sono comprata un intero guardaroba color fucsia.»

La dottoressa Lejeune andò a cercare il dottor Young. Era in terza classe a distribuire leccalecca. «Andrew se n’è andato,» gli disse.

«Lo so,» rispose lui. Le diede un leccalecca.

«Dice che torna in Tibet,» fece lei. «Non tenta di fermarlo?»

«Fermarlo?» disse. «E perché mai dovrei farlo? Così scontento, sarebbe solo un peso per il progetto, no? Inoltre,» — scartò un leccalecca — «lei sa utilizzare la telecamera, vero?»

«Lo ha fatto venire addirittura dal Tibet. Ha detto che era perfetto.»

«Certo,» annuì, osservando meditabondo il leccalecca. «Be’, tutti possiamo sbagliare.»

«Avrei dovuto presentarlo a Bev Frantz finché ero in tempo,» disse la dottoressa Lejeune sottovoce.

«Che cosa?» fece il dottor Young.

«Dicevo, che ne sarà del progetto?»

«Il progetto,» disse il dottor Young, infilandosi in bocca il leccalecca, «procede come previsto.»

«Cattive notizie,» disse Sherri a Carolyn quando quest’ultima arrivò a scuola la mattina dopo.

«Non mi dire,» fece Carolyn, osservando la tabella degli esami. «La madre di Pam Lopez è scappata col sacerdote luterano.»

Sherri non abboccò. «Il dottor Simons se n’è andato,» disse.

«Oh,» disse Carolyn, spostando il nome di Brendan James alla fine della prima classe. «Dov’è andato?»

«In Tibet.»

Bene, pensò Carolyn. Magari adesso la smetterai di fare la collegiale. Non hai diciannove anni e non vivi nel dormitorio. Hai quarantuno anni. Sei sposata con due bambine, ed è meglio che lui stia in Tibet invece che in quella auletta di musica dove non ci si può muovere senza strusciarglisi addosso. «E il dottor Young porterà avanti il progetto?» chiese.

«Sì.»

Anche la madre di Brendan James era sposata con due figli, pensò Carolyn, e… che diavolo ti è preso? La madre di Brendan James è ed è sempre stata assolutamente svitata, e tu ami tuo marito, vuoi bene a Liz e Wendy, e solo perché in questo periodo hanno la ginnastica, il college e la pallavolo per la testa, non c’è motivo di comportarsi come una collegiale che si è presa una cotta. «Mi chiedo chi è che lo sostituirà. Forse il dottor Young?»

«Non so. Sinceramente, non mi sembri tanto sconvolta per la sua partenza,» disse Sherri. «Be’, magari non ti importa che l’ultimo uomo scapolo a disposizione se ne sia appena andato in un altro continente, ma a me sì.»

Un altro continente, pensò Carolyn. L’università non era abbastanza lontana. Nemmeno la Duke University era abbastanza lontana. Doveva farsi tutta la strada fino in Tibet per allontanarsi da me.

«C’è sempre il signor Paprocki,» disse Carolyn, e scese nell’aula di musica.

«Il dottor Simons è dovuto partire improvvisamente,» le disse il dottor Young. Stava spiegando il funzionamento della telecamera alla dottoressa Lejeune. «Una specie di emergenza,» aggiunse.

Una specie di emergenza. «Si tratta di un’emergenza,» aveva detto Andrew, ma in effetti non se ne era reso conto affatto. Lei aveva saputo con esattezza dove si trovasse, in piedi in quel buio pesto. Non era riuscita nemmeno a vedersi la mano davanti al viso, e non aveva trovato l’analizzatore di spettro nemmeno quando ci aveva sbattuto contro, ma sapeva con esattezza dov’era Andrew. Avrebbe solo dovuto mettergli la mano dietro al collo e avvicinarlo a sé.

«Scusate il disturbo,» disse Sherri, consegnando un biglietto a Carolyn. «Cattive notizie. Hanno appena telefonato dal liceo. Liz ha la varicella.»

Andrew prese l’autobus per l’università. Qualcuno aveva lasciato una copia del McCall’s sul sedile accanto. In copertina c’era una foto di Elizabeth Taylor con la didascalia: “Siete pronti per una storia d’amore? Ve lo dice il nostro test.”

Fece il test, simulando le risposte come avrebbe potuto darle Carolyn. Si ricordò che il marito faceva l’allenatore, per cui rispose sì a “Mi sento quasi sempre sola.” Inoltre rispose sì alla domanda, “A volte ho delle fantasie su qualcuno che conosco,” benché fosse sicuro che quello era ciò che desiderava lui.

Sotto il test c’era scritto, “Assegnatevi un punto per ogni ‘sì’. Da 0 a 5: Non siete pronti. Da 6 a 10: Ci siete quasi. Da 11 a 15: Pronti o no, è il momento. Da 16 in su: PERICOLO!”

Carolyn realizzò quattro.

Fissò un attimo lo sguardo fuori dal finestrino, poi fece lui stesso il test, riformulando le domande in modo che fossero adatte per un uomo. Per eliminare ogni pregiudizio sessuale, rispose no a tutte le domande meno quelle sulla Sindrome Premestruale e ancora no a quella che diceva, “Ripenso spesso a una vecchia fiamma.” Non aveva in mente Stephanie Forrester mentre fissava fuori dal finestrino, e d’altra parte non vedeva come Carolyn Hendricks potesse considerarsi una vecchia fiamma quando lui non aveva fatto altro che sapere dov’era nell’oscurità.