— Sì, ma per tornare…
— Lo so, lo so. Tendo a divagare. Purtroppo è una necessità, capisci. Devo parlare così. Prima, quando ho detto io ti sento, stavo usando la valvola superiore di Oceano per laringe, e ho pompato aria giù dal raggio. Il tempo ne risente: quelle tre parole hanno coperto di neve Iperione… Ma siccome vi lascio vedere questo corpo, voi vorreste credere che io sono una vecchia un po’ matta, tutta sola quassù.
Fissò intensamente Cirocco.
— Tu lo pensi ancora, vero?
— Non… Non so cosa pensare. Se anche ti credessi, ancora non so cosa sei.
— Sono un Titano. E tu vuoi sapere cos’è un Titano. — Si appoggiò all’indietro sulla poltrona, e il suo sguardo si perse nel vuoto
— Quello che io sono realmente si perde ormai nel passato. Noi siamo una razza antica, questo è chiaro. Siamo state costruite, non ci siamo evolute da sole. Viviamo tre milioni di anni ed esistiamo da più di un migliaio delle nostre generazioni. In questo periodo di tempo siamo cambiate, anche se non attraverso i processi evolutivi che voi conoscete.
"Gran parte della nostra storia si è persa. Non sappiamo quale razza ci abbia costruite, né per quale scopo. Basti dire che i nostri costruttori lavoravano bene. Loro sono scomparsi, ma noi esistiamo ancora. Forse i loro discendenti vivono dentro di me, ma se così fosse hanno dimenticato la loro grandezza. Io ascolto i messaggi delle mie sorelle sparse in questa galassia, e nessuna di loro parla dei costruttori."
Chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì e aspettò.
— Hai tralasciato un sacco di particolari — disse Cirocco. — Come hai fatto ad arrivare qui? Perché sei un essere unico? Se ascolti la radio, lanci anche messaggi? Se sì, perché non ti sei messa in contatto con la Terra? Se…
Gea alzò una mano e rise.
— Una domanda per volta, te ne prego. Tu dai troppe cose per scontate. Cosa ti fa credere che io sia "arrivata" qui? Sono nata in questo sistema, esattamente come te. In questo momento, su Giapeto, mia figlia sta raggiungendo la maturità. Attorno a Urano c’è una famiglia di Titani. Formano gli anelli invisibili. Sono tutte più piccole di me. Io sono la più grande in questa zona dello spazio.
— Giapeto? — disse Gaby. — Uno dei motivi per cui noi…
— Stai tranquilla. Ti spiegherò io, e vi risparmierò un viaggio. Noi non possiamo viaggiare fra le stelle. Possiamo eseguire solo correzioni orbitali minime. Io lancio le mie uova dall’orlo esterno, dove posseggono già una velocità rispettabile a causa della mia rotazione. Cerco di mirare il meglio possibile, ma colpire il bersaglio su queste distanze è problematico, e dopo il lancio è impossibile controllare il volo delle uova.
"Quando cadono su un mondo adatto… Giapeto è perfetto: niente atmosfera, roccioso, illuminato dal Sole, né troppo piccolo né troppo grande… mettono radici. Dopo cinquantamila anni il Titano è pronto a nascere. In quello stadio ha ricoperto un intero emisfero del corpo ospite. È questo l’aspetto che Giapeto aveva settantacinque anni fa; uno dei suoi lati era molto più luminoso dell’altro.
"Poi il Titano si contrae fino a diventare una linea sottile che circonda il mondo da polo a polo. È così che ora appare Giapeto. Mia figlia si è spinta fino al nucleo del pianeta per trovare gli elementi che le servono. Temo che ormai Giapeto sia alquanto impoverito; mia nonna, e sua madre prima di lei, hanno usato a loro volta quella luna.
"Mia figlia sta sintetizzando i carburanti che le saranno necessari per allontanarsi da Giapeto, il che dovrebbe succedere fra cinque o sei anni. Quando sarà pronta, e non un solo giorno prima, perché una volta nata conterrà già tutta la sua massa definitiva, si lancerà nello spazio. È probabile che Giapeto andrà in pezzi, come il mondo che ha formato gli anelli. Poi…"
— Stai dicendo che sono stati i Titani a far formare gli anelli? — chiese Gaby.
— Non l’ho spiegato chiaramente? — Gea parve un po’ irritata, ma il racconto la riassorbì subito. — È successo molto tempo fa, e io non ho nessuna responsabilità. A ogni modo, una volta libera mia figlia assumerà la stessa rotazione che ho io. La parte di lei che diventerà il mozzo in questo momento tocca la superficie di Giapeto. Nello spazio si contrarrà, proiettando in fuori i raggi. Mia figlia aumenterà l’accelerazione, si stabilizzerà, si riempirà d’aria, comincerà a muovere dentro di sé le montagne per prepararsi alle creature che… Insomma, avete capito. Quando parlo di mia figlia vado per le lunghe, come ogni genitore, immagino.
— No, no, sono affascinata — disse Cirocco. — Anche tua figlia avrà titanidi e angeli e aerostati?
Gea ridacchiò. — Non titanidi, immagino. Se ne avrà voglia dovrà inventarseli da sola, come ho fatto io.
Cirocco scosse la testa.
— Non capisco.
— È semplice. Quasi tutte le mie specie discendono da creature che vivevano su di noi quando siamo state costruite. Ogni uovo che io lancio contiene i semi di un milione di specie, ad esempio le piante elettroniche. Non credo che ai miei costruttori interessassero troppo le macchine. Facevano crescere tutto quello di cui avevano bisogno, dai vestiti alle case, ai circuiti elettronici.
"Titanidi e angeli sono diversi. Prima di abituarti a loro, ti sei chiesta come sia possibile che sembrino così umani. La risposta è semplice. Ho usato come modello gli uomini. I titanidi sono stati facili, ma gli angeli… I mal di testa! Le vostre leggende badano più alla fantasia che alla pratica. L’apertura alare doveva essere enorme perché potessero sollevarsi dal suolo, anche se la mia gravità è bassa e la pressione dell’aria notevole. Ammetto che non assomiglino al modello biblico, ma che lavoraccio! Il problema di base era…"
— Li hai fatti tu — disse Cirocco. — In tutto e per tutto.
— L’ho appena detto, no? Ho progettato io il loro DNA. Per me è facile come lo è per voi costruire un modellino di creta.
— Li hai ideati tu. E l’idea ti è venuta ascoltando le nostre trasmissioni radio, il che significa che la loro cultura non può essere molto antica. Noi trasmettiamo da relativamente poco.
— I titanidi hanno meno di un secolo. Gli angeli sono ancora più recenti.
— Allora… allora tu sei un dio. Non voglio fare discorsi teologici, ma… insomma, mi capisci.
— Da tutti i punti di vista, nel mio piccolo angolo d’universo… sì, lo sono. — Gea aveva un’espressione soddisfatta.
Cirocco lanciò un’occhiata di desiderio alla porta. Come sarebbe stato bello uscire e dimenticare tutto quello che era successo.
Che differenza faceva se quella donna era solo una sopravvissuta impazzita dei costruttori di Gea? Aveva il controllo totale di quel mondo. Non importava niente che fosse davvero il mondo.
E, stranamente, quella donna le piaceva, nei momenti in cui si abbandonava. Poi Cirocco ricordò il motivo che l’aveva spinta a salire fino al mozzo.
— Ci sono due cose che voglio chiederti — disse, decisa.
Gea si mostrò attenta.
— Te ne prego. Si dà il caso che anch’io voglia chiederti due cose.
— Tu? Chiedere a me? — L’idea era del tutto assurda, e poi il suo coraggio se ne stava andando. Come si fa a lamentarsi dei torti subiti con una dea? — Cosa potrei mai fare per te?
Gea sorrise.
— Forse resterai sorpresa.
Cirocco diede un’occhiata a Gaby che spalancò gli occhi e surrettiziamente incrociò le dita.