Cirocco esitò un attimo. Adesso era Gea a essere impaurita.
— Sì, penso di poter sistemare la cosa.
— Grazie davvero. Non ha detto che vuole bombardarmi, e appena ha scoperto che esistevano superstiti la possibilità si è fatta ancora più remota. Ho permesso l’ingresso di alcune navette esploratrici, e ora stanno costruendo un accampamento nei pressi di Titantown. Puoi spiegargli tu cos’è successo? Non sono sicura che crederebbe a me.
Cirocco annuì, poi restò a lungo in silenzio, ma sembrava che Gea non avesse più niente da dire. Allora le chiese: — E noi come facciamo a sapere se possiamo crederti?
— Non posso offrirvi nessuna prova. Posso solo chiedervi di credere a quello che vi ho raccontato.
Cirocco annuì di nuovo, poi si alzò. Aveva cercato di farlo casualmente, ma s’accorse che nessuno se l’aspettava. Gaby appariva confusa, ma balzò in piedi anche lei.
— È stato interessante — disse Cirocco. — Grazie per le bevande.
— Ma che fretta c’è? — chiese Gea, sorpresa. — Quando vi avrò riportate giù non potrò più parlarvi direttamente.
— Puoi sempre scrivermi.
— Sbaglio, o sei arrabbiata?
— Non so. Tu lo sai? — D’improvviso era arrabbiata sul serio, e non sapeva perché. — Dovresti saperlo. In fin dei conti io sono tua prigioniera, comunque tu voglia mettere la questione.
— Non è vero, in senso stretto.
— Ho sola la tua parola. Ho solo la tua parola per molte cose. Mi porti in una stanza che sembra uscita da un vecchio film, ti presenti sotto questa forma di vecchia signora tracagnotta, mi offri cose che mi piacciono. Abbassi le luci e mi racconti una storia incredibile. Cosa dovrei credere?
— Mi spiace che tu la pensi così.
Cirocco scosse la testa stancamente. — Lascia stare. Mi sento un po’ depressa, è tutto.
Gaby la guardò, ma non disse niente. Cirocco ne fu irritata, e le parole di Gea l’irritarono ancora di più. — Depressa? Non riesco a capire. Hai fatto quello che volevi fare superando difficoltà terribili. Hai messo fine a una guerra. E ora torni a casa.
— È questo che mi preoccupa — disse Cirocco, lentamente.
— E perché?
— Non ho bevuto la tua storia. Non tutta, almeno. Se davvero vuoi che io vada a perorare la tua causa, spiegami il vero motivo che sta dietro la guerra fra angeli e titanidi.
— La pratica?
— Ripeti un po’?
— Volevo fare pratica. Io non ho nemici, e nei codici del mio comportamento non c’è niente che possa aiutarmi ad affrontare una guerra. Sapevo che prima o poi avrei incontrato la tua razza, e tutto quello che ho scoperto su di voi mette in risalto la vostra aggressività. Giornali, film, libri. Tutto è guerra, omicidio, devastazione, ostilità.
— Ti preparavi a combattere contro di noi.
— Stavo studiando la tattica, nel caso mi ci aveste costretta.
— E cos’hai scoperto?
— Che in guerra sono un disastro. Riesco a distruggere le vostre navi se mi arrivano vicino, ma questo è tutto. Voi potreste distruggermi in un secondo. Non capisco la strategia. La mia vittoria su Oceano è stata solo una prova di forza. Appena siete arrivati voi, Aprile ha rivoluzionato la tattica degli angeli, e Gene stava per fornire nuove armi ai titanidi. Anch’io avrei potuto fornirgliele, è ovvio. Ho visto abbastanza western da sapere come funzionano archi e frecce.
— E perché non gliele hai date?
— Speravo che le inventassero da soli.
— E perché non le hanno inventate?
— Sono una razza giovane. Mancano di inventiva. Colpa mia. L’originalità non è il mio forte. Il verme gigantesco di Mnemosine l’ho copiato da un film. A Febe c’è una scimmia gigantesca di cui vado molto fiera, ma è un’altra imitazione. I titanidi li ho ripresi dalla mitologia, però i loro organi sessuali sono una mia invenzione. — Sembrava così fiera di sé che a Cirocco venne da sorridere. — Insomma, posso creare i corpi, ma dare a una specie di mia creazione un senso di… insomma, la genialità di voi uomini… è una cosa superiore a me.
— Per cui ce ne hai rubato un po’ — disse Cirocco.
— Come?
— Non fare l’ingenua. C’è una cosa, alquanto importante per Gaby e Agosto e me, di cui ti sei scordata di parlare. Finora ti ho creduto, più o meno, e adesso hai finalmente la possibilità di convincermi che hai detto la verità. Perché siamo rimaste incinte?
Gea non disse niente per quello che parve un intervallo di tempo molto lungo. Cirocco era pronta a scappare. Dopo tutto, Gea era sempre una dea, e non era molto saggio farla arrabbiare.
— Sono stata io — rispose Gea.
— Credi che noi avremmo accettato?
— No, sono sicura di no. Mi dispiace, ma ormai è fatta.
— E disfatta.
— Lo so. — Gea sospirò. — La tentazione era troppo grande. Avevo la possibilità di creare un nuovo ibrido, un ibrido che incorporasse il meglio di due specie. Speravo di rivitalizzare… ma non importa. L’ho fatto, non sto cercando di scusarmi. Non è una cosa di cui vada fiera.
— Sono lieta di sentirlo. Non farlo mai più, Gea. Noi siamo essere senzienti, come te, e un trattamento del genere offende la nostra dignità.
— Adesso lo capisco — disse Gea, contrita. — È un concetto difficile da accettare.
Cirocco ammise, brontolando, che in effetti poteva essere difficile, dopo tre milioni di anni trascorsi come divinità.
— Anch’io ho una domanda — disse Gaby, all’improvviso. — Il nostro viaggio era proprio necessario?
Anche Cirocco aveva dubbi in proposito.
— Hai ragione — ammise Gea. — Potevo portarvi direttamente fin qui. Il che è ovvio, dato che ho portato Aprile fin oltre la metà strada. Avrei corso qualche rischio a lasciarvi ancora in isolamento, ma potevo rimettervi a dormire.
— E allora per quale motivo non l’hai fatto? — chiese Cirocco.
Gea alzò le mani.
— Smettiamola di prenderci in giro, per favore. Punto primo, non sapevo se vi dovevo un favore del genere. Punto secondo, ero un po’ impaurita di voi, e lo sono ancora. Non di voi personalmente, ma della razza umana. Siete inclini ad andare per le spicce.
— Questo è vero.
— Eppure siete arrivate, no? Io volevo proprio vedere se ce l’avreste fatta. E dovreste anche ringraziarmi, perché vi siete divertite moltissimo.
— Non riesco a immaginare come tu possa pensare…
— In questo momento stiamo parlando da persone oneste, ricordi? E tu scoppi di gioia all’idea di tornare a casa, vero?
— Certo, io…
— E invece si vede benissimo che non è vero. Avevi una missione, arrivare qui. Adesso non l’hai più. È stato il momento migliore della tua vita. Di’ di no, se hai il coraggio.
Cirocco era quasi senza parole. — Come puoi affermare una cosa del genere? Ho visto quasi uccidere il mio uomo, e per poco non sono morta anch’io. Gaby e io siamo state violentate, abbiamo subito un aborto, Agosto è…
— Potevano violentarvi anche sulla Terra. In quanto al resto, ti aspettavi che fosse facile? Mi spiace per l’aborto, non succederà più. Ma insisti nel dare a me la colpa di tutte le altre cose?
— No, no. Penso di credere a…
— Tu vuoi darmi la colpa, così ti sarebbe più facile andartene. Trovi difficile ammettere che nonostante tutte le cose che sono successe ai tuoi amici, cose di cui non hai colpa, hai vissuto una grande avventura.
— Questa è la cosa più…
— Capitano Jones, vorrei farti presente che tu non sei nata per fare il capitano. Oh, te la sei cavata bene, come te la cavi bene con quasi tutte le cose che fai. Ma non sei un capitano. Non ti piace dare ordini ad altra gente. Ti piace essere indipendente, ti piace andare in posti strani e fare cose eccitanti. In un’altra epoca saresti stata un avventuriero, un soldato di ventura.
— Se fossi stata un uomo — la corresse Cirocco.
— Questo solo perché è da poco tempo che le donne hanno acquistato il diritto di vivere le loro avventure. Lo spazio era l’unica frontiera disponibile, ma è tutto troppo freddo, troppo tecnologico. No, non fa per te nemmeno lo spazio.