— Niente di troppo interessante, temo. Ho passato il mio tempo sotto terapia con Calvin, e ho imparato un po’ la lingua dei titanidi. Due o tre frasi le so cantare. So dire vai-vai e Billy fame. È stato divertente. Poi ho deciso di mettermi a fare qualcosa, dato che tu mi avevi lasciato qui. Ho cominciato a parlare coi titanidi di qualcosa di cui sapevo poco, cioè l’elettronica. Mi sono servito di quelle buffe cose che usano loro e ho costruito un ricetrasmettitore.
Cirocco lo guardò sbalordita. — Allora non era…
— Dipende da come consideri la faccenda. Tu pensavi a una radio capace di raggiungere la Terra. Quella non sono riuscito a costruirla. Il mio apparecchio non è molto potente. Riesco solo a parlare con l’Unity se è sopra di me. Ma anche se l’avessi costruita prima della tua partenza te ne saresti andata lo stesso, no? L’Unity non c’era ancora, quindi la radio non sarebbe servita a niente.
— Sì, credo che sarei partita. Avevo altre cose da fare.
— Ho sentito. Mi hai fatto passare i momenti peggiori da che sono qui — confessò Bill. — I titanidi cominciavano a piacermi, e improvvisamente hanno preso tutti quell’espressione strana e sono scappati via. Pensavo che fosse un altro attacco degli angeli, ma non è più tornato nessuno. Ho trovato solo un grosso buco nel terreno.
— Io ho visto qualche titanide — disse Gaby.
— Sì, stanno tornando. Non si ricordano di noi.
I pensieri di Cirocco vagavano da soli. Non era preoccupata per i titanidi. Sapeva che tutto sarebbe andato bene, e non avrebbero più dovuto soffrire in battaglia. Ma era triste scoprire che Cornamusa non si ricordava di lei.
Stava osservando gli uomini della Unity e si chiedeva perché nessuno di loro si avvicinasse per parlare con loro. Sapeva di non emanare un buon profumo, ma non credeva che fosse per quello. Sorpresa, capì che avevano paura di lei. Si mise a ridere. Poi s’accorse che Bill stava parlandole.
— Scusa, puoi ripetere?
— Gaby dice che non hai ancora raccontato tutta la storia. Dice che c’è qualcos’altro, e che io dovrei saperlo.
— Oh, quello — disse lei, lanciando un’occhiataccia a Gaby. Ma prima o poi bisognava affrontare l’argomento.
— Gea… Gea mi ha offerto un lavoro, Bill.
— Un lavoro? — Lui tentò di sorridere, incerto.
— Devo fare la maga. Almeno, così ha detto. È un tipo romantico. Ti piacerebbe, Bill. È un’appassionata di fantascienza.
— In cosa consiste esattamente il lavoro?
— Mettere a posto i guai — disse Cirocco tormentandosi le mani. — Correre dove c’è un problema e vedere di risolverlo. Qui ci sono terre letteralmente ribelli. Mi ha promesso un’immunità relativa, basata sul fatto che i cervelli delle regioni ricordano quello che lei ha fatto a Oceano e quindi non oserebbero attaccarmi.
— Tutto qui? Mi sembra una buona proposta.
— Infatti. Si è offerta di educarmi, di riempirmi la testa con un sacco di conoscenze, come quando mi ha insegnato a parlare coi titanidi. E avrei il suo aiuto. Niente magia, però potrei far spalancare il terreno e vederlo inghiottire i miei nemici.
— Questo lo credo.
— Ho accettato, Bill.
— Lo immaginavo.
Bill si guardò le mani, e quando tornò ad alzare gli occhi sembrava stanchissimo.
— Tu sei proprio un tipo straordinario, lo sai? — Nella sua voce c’era una traccia d’amarezza, però la stava prendendo meglio di quanto Cirocco si fosse aspettata. — È proprio un lavoro che dovrebbe piacerti. La mano sinistra di Dio. — Scosse la testa. — Questo è un posto terribile. Potrebbe anche non piacerti. Quando cominciava a piacere a me, tutti i titanidi sono scomparsi. È un fatto che mi ha scosso, Rocky. Era come se qualcuno avesse messo via i suoi giocattoli perché si era stufato. Come fai a sapere che non sarai uno dei suoi giocattoli? Fino a ora hai sempre preso l’iniziativa tu. Credi che ci riuscirai ancora?
— Non lo so, onestamente. Solo che non sopportavo l’idea di tornare sulla Terra e trovarmi un lavoro sedentario, magari finire come consulente in una grande azienda. — Sorrise mentre guardava attentamente Billy.
— È quello che farò io — disse Bill, sorridendo. — Però spero di entrare nel campo della ricerca. Non ho paura di lasciare lo spazio. Sai che tornerò sulla Terra, vero?
Cirocco annuì. — Mi è bastato vedere la tua bella uniforme per capirlo.
Si guardarono per un po’, poi Cirocco gli prese la mano. Lui sorrise con l’angolo della bocca, si chinò a darle un bacio sulla guancia.
— Buona fortuna — le disse.
— Anche a te, Bill.
Dall’altra parte della stanza, Strelkov si schiarì la gola.
— Capitano Jones, il Comandante Svensen vorrebbe parlarvi.
— Sì, Wally?
— Rocky, abbiamo inviato il nostro rapporto alla Terra. Dovranno analizzarlo a fondo, per cui per qualche giorno non avremo una risposta definitiva. Ma noi qui abbiamo aggiunto le nostre raccomandazioni alle tue, e non penso che ci saranno problemi. Immagino che la base diventerà missione culturale e ambasciata delle Nazioni Unite. Ti offrirei la carica di ambasciatore, ma avevamo già portato qualcuno nel caso le trattative fossero andate in porto. D’altronde immagino che sarai ansiosa di tornare.
Gaby e Cirocco risero. Dopo un po’ anche Bill si unì alla risata.
— Mi spiace, Wally. Non sono ansiosa di tornare. Non tornerò. E non avrei potuto accettare quel lavoro nemmeno se tu me lo avessi offerto.
— Perché?
— Conflitto d’interessi.
Sapeva già che non sarebbe stato semplice, e non lo fu.
Rassegnò formalmente le dimissioni, spiegò i suoi motivi al capitano Svensen, poi restò pazientemente ad ascoltarlo mentre lui le spiegava, in termini sempre più perentori, perché doveva tornare, e perché doveva tornare anche Calvin.
— I medici dicono che è possibile curarlo. La memoria di Bill può tornare normale, e probabilmente si può guarire anche la fobia di Gaby.
— Credo anch’io che Calvin si possa curare, però lui è felicissimo di essere quello che è. Gaby è già stata curata. Ma cosa avete intenzione di fare per Aprile?
— Speravo che tu ci aiutassi a convincerla a tornare con noi assieme a te. Sono sicuro…
— Stai parlando a vanvera. Io non torno, e non c’è altro da aggiungere. È stato un piacere fare due chiacchiere con te. — Girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Nessuno tentò di fermarla.
Lei e Gaby fecero i preparativi in un prato poco lontano dall’accampamento, poi restarono fianco a fianco, in attesa. Stava passando più tempo del previsto, e Cirocco s’innervosì mentre lanciava continue occhiate all’orologio di Calvin.
Strelkov uscì di corsa dalla cupola, urlando ordini. S’interruppe di colpo quando si accorse che Cirocco era lì vicino e lo aspettava. Fece segno agli uomini di stare pronti e si avvicinò alle due donne.
— Mi spiace, capitano, ma il Comandante Svensen mi ha ordinato di arrestarvi. — Sembrava davvero dispiaciuto, però teneva la mano vicina alla fondina della pistola. — Volete venire con me, per favore?
— Guardate là, Sergei. — Lei indicò un punto dietro le sue spalle.
Il tenente si girò, estrasse l’arma, sospettoso. Si spostò di lato, in modo da guardare verso ovest tenendo d’occhio le due donne.
— Gea, ascoltami! — urlò Cirocco. Strelkov era nervoso. Lei fu attenta a non fare gesti minacciosi. Alzò le braccia in direzione di Rea, verso il luogo dei venti e il cavo che aveva scalato con Gaby.
Alle loro spalle, gli uomini urlarono.
Un’onda scendeva giù lungo il cavo, non molto forte ma chiaramente percettibile come succede a una canna per annaffiare quando le si dà un forte colpo col polso. L’effetto sul cavo fu esplosivo. Nell’aria si formò una nube di polvere, e nella polvere c’erano alberi completamente sradicati.