L’onda colpì il suolo. Il posto dei venti esplose, scagliando rocce dappertutto.
— Tappatevi le orecchie! — gridò Cirocco.
Il suono arrivò all’improvviso, scaraventò Gaby a terra. Cirocco, per quanto scossa, riuscì a restare in piedi. Attorno a lei, era come se gli dèi avessero scagliato il loro tuono. I venti cominciarono a ululare mentre i suoi abiti sbattevano con forza inaudita.
— Guardate! — urlò di nuovo lei, alzando lentamente le mani verso il cielo. Nessuno riuscì a sentirla, ma tutti videro centinaia di geyser spuntare dal suolo, trasformando Iperione in un’enorme fontana. Il fulmine si abbatté sulla terra, aumentando il fragore assordante mentre riecheggiava più e più volte dalle pareti lontane.
Passò molto tempo prima che i fenomeni cessassero, e per tutto quel tempo nessuno si mosse. Quando la natura si calmò, molto dopo che l’ultimo geyser si era estinto. Strelkov era ancora seduto nel punto in cui era caduto, fissando il cavo e la polvere che si stava posando.
Cirocco lo aiutò a tirarsi in piedi.
— Dite a Wally di lasciarmi in pace — gli disse, e se ne andò.
— Eccezionale — disse Gaby, più tardi. — Proprio eccezionale.
— Tutto un gioco di specchi, mia cara.
— Come ti sentivi?
— Avevo voglia di farmela addosso. Però è tremendamente eccitante.
— Spero che tu non lo debba fare molto spesso.
Cirocco era d’accordo. Quello spettacolo, straordinario perché era successo dietro suo comando, sarebbe stato semplicemente inesplicabile se si fosse verificato prima che Strelkov tentasse di arrestarla.
Il fatto era che non poteva ripeterlo per altre cinque o sei ore anche se l’avesse chiesto con urgenza.
Con Gea comunicava in fretta. Aveva in tasca un seme-radio potentissimo. Ma Gea non riusciva a reagire in fretta. Per fare qualcosa di tanto grandioso, le occorrevano ore di preparativi.
Cirocco aveva mandato il messaggio che richiedeva quell’intervento mentre si trovava ancora su Finefischio, dopo aver attentamente previsto la sequenza degli eventi. Da allora, era stata tutta una corsa col tempo, mentre le forze di Gea si radunavano nel mozzo e sotto i suoi piedi. Era stata avvantaggiata dal fatto di aver dato le dimissioni in un momento scelto da lei, ma l’incognita stava tutta nel sapere quando Wally Svensen avrebbe ordinato di arrestarla.
Fare la maga non sarebbe stato facile.
D’altro canto, erano pochi i lavori che offrivano il lusso di far scatenare una tempesta.
Le sue tasche erano piene di cose da usare nel caso lo spettacolo naturale non fosse bastato a spaventare gli uomini, cose che aveva trovato inoltrandosi a Iperione prima di tornare su Finefischio e dirigersi all’accampamento. C’era una lucertola a otto zampe che sputava un fluido tranquillizzante se veniva schiacciata, e uno strano assortimento di bacche che, ingerite, avrebbero fatto lo stesso effetto. Aveva foglie e pezzi di legno che esplodevano con una gran fiammata, e, come ultima risorsa, una noce che scoppiava con lo stesso effetto di una bomba a mano.
Nella sua testa c’era un’intera biblioteca di sapienza nuova. Poteva cantare ai titanidi, fischiare agli aerostati, e gracidare, pigolare, cinguettare, ruggire e ululare in decine di lingue che ancora non aveva potuto usare, appartenenti a creature che non aveva mai incontrate.
In un primo tempo, lei e Gaby temevano che tutte le informazioni che Gea voleva offrire loro non trovassero spazio in un cervello umano. Invece, stranamente, non era stato difficile. Non si accorgevano nemmeno di sapere tante cose: ma se ne avevano bisogno scoprivano di saperle, come se le avessero studiate a scuola.
— Ci avviamo verso le colline? — chiese Gaby.
— Non ancora. Non credo che Wally ci darà altri guai, una volta accettata l’idea. Capiranno che in fin dei conti conviene anche a loro restare in buoni rapporti con noi.
"E poi c’è un’altra cosa che voglio vedere prima che ce ne andiamo."
Si era preparata a una forte emozione. Si sentì emozionata, sì, ma non come temeva. Era stato più difficile dire addio a Bill.
Il relitto del Ringmaster era una cosa triste, silenziosa. Lo visitarono senza dire niente. Ogni tanto riconoscevano qualcosa; più spesso non riuscivano a capire cosa fossero quei frammenti contorti.
Lo scafo argenteo risplendeva nel magnifico pomeriggio di Iperione, parzialmente sepolto nel terreno sabbioso come un King Kong robot precipitato dal suo grattacielo. L’erba si era già impossessata del suolo sconvolto. I rampicanti si protendevano sui pezzi di metallo. Un unico fiore giallo spuntava al centro di quella che era stata la consolle di comando di Cirocco.
Aveva sperato di trovare un ricordo della sua vita passata; ma non era mai stata una collezionista di cose, e sull’astronave aveva portato ben poco di personale. Oceano doveva aver mangiato le poche foto, il diario di bordo e la cartella di ritagli di giornale.
Non lontano da loro videro un uomo dell’Unity. Girava attorno al relitto, puntava la macchina fotografica e continuava a scattare. Cirocco pensò che fosse il fotografo della nave, poi capì che lo stava facendo di propria iniziativa, con la sua macchina fotografica. Lo vide raccogliere un oggetto, e metterlo in tasca.
— Tra una cinquantina d’anni — osservò Gaby — i turisti avranno portato via tutto. — Si guardò attorno. — Mi sembra un buon posto per un commercio di souvenir. Mettiamoci a vendere panini e foto ricordo. Ci andrebbe bene.
— Non pensi davvero che succederà, eh?
— Sta a Gea, immagino. Ha detto che avrebbe permesso le visite, e questo significa turismo.
— Ma i costi…
Gaby si mise a ridere. — Tu pensi ancora ai vecchi giorni, capitano. Quando siamo partiti noi, il Ringmaster era il massimo, e poteva contenere solo sette persone. Bill dice che l’Unity ha un equipaggio di duecento uomini. Non ti sarebbe piaciuto ottenere l’esclusiva per le riprese cinematografiche a O’Neil Uno, trent’anni fa?
— Sarei diventata ricca — ammise Cirocco.
— Se Gea offre una possibilità di arricchirsi, qualcuno lo farà. Perché non mi nomini ministro del Turismo e dell’Ambiente? Non so bene se mi piace il ruolo di apprendista stregone.
Cirocco rise. — La nomina è tua. Cerca di ridurre al minimo la corruzione e il clientelismo, va bene?
Gaby distese le braccia, con espressione sognante.
— Me lo vedo già. Qui metteremo la rivendita, naturalmente una cosa in stile greco classico, e venderemo Geaburger e cocktail di latte. Erigerò insegne non più alte di cinquanta metri, e limiterò l’uso del neon… Venite a vedere gli angeli! Assaporate il respiro di Dio! Volate sulle rapide dell’Ofione! Di qui una galoppata sul centauro, solo dieci miseri dollari! Non scordate di portarvi…
Gaby urlò, facendo un salto indietro. Il terreno si era mosso.
— Stavo scherzando, accidenti! — gridò al cielo, poi fissò sospettosa Cirocco, che rideva.
Dal punto in cui prima si trovava Gaby uscì un braccio. Il terreno rivelò poco per volta una faccia e un ciuffo di peli multicolori.
Si chinarono a togliere la sabbia dal titanide, che tossiva e sputacchiava. Poco per volta spuntarono il petto e le due zampe anteriori. La creatura guardò incuriosita le due donne.
— Ciao — cantò Cornamusa. — Chi siete?
Gaby protese la mano. — Davvero non ti ricordi di noi? — cantò.
— Ricordo qualcosa. Mi sembra di riconoscervi. Non mi hai dato del vino, molto tempo fa?
— Certo — cantò Gaby. — E tu mi hai reso il favore.
— Esci di lì, Cornamusa — cantò Cirocco. — Ti ci vuole un bel bagno.
— Ricordo anche te. Ma come fate a stare in equilibrio su due gambe per tanto tempo senza cadere?
Cirocco rise.
— Vorrei saperlo anch’io, ragazza mia.