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— No, no, sono affascinata — disse Cirocco. — Anche tua figlia avrà titanidi e angeli e aerostati?

Gea ridacchiò. — Non titanidi, immagino. Se ne avrà voglia dovrà inventarseli da sola, come ho fatto io.

Cirocco scosse la testa.

— Non capisco.

— È semplice. Quasi tutte le mie specie discendono da creature che vivevano su di noi quando siamo state costruite. Ogni uovo che io lancio contiene i semi di un milione di specie, ad esempio le piante elettroniche. Non credo che ai miei costruttori interessassero troppo le macchine. Facevano crescere tutto quello di cui avevano bisogno, dai vestiti alle case, ai circuiti elettronici.

"Titanidi e angeli sono diversi. Prima di abituarti a loro, ti sei chiesta come sia possibile che sembrino così umani. La risposta è semplice. Ho usato come modello gli uomini. I titanidi sono stati facili, ma gli angeli… I mal di testa! Le vostre leggende badano più alla fantasia che alla pratica. L’apertura alare doveva essere enorme perché potessero sollevarsi dal suolo, anche se la mia gravità è bassa e la pressione dell’aria notevole. Ammetto che non assomiglino al modello biblico, ma che lavoraccio! Il problema di base era…"

— Li hai fatti tu — disse Cirocco. — In tutto e per tutto.

— L’ho appena detto, no? Ho progettato io il loro DNA. Per me è facile come lo è per voi costruire un modellino di creta.

— Li hai ideati tu. E l’idea ti è venuta ascoltando le nostre trasmissioni radio, il che significa che la loro cultura non può essere molto antica. Noi trasmettiamo da relativamente poco.

— I titanidi hanno meno di un secolo. Gli angeli sono ancora più recenti.

— Allora… allora tu sei un dio. Non voglio fare discorsi teologici, ma… insomma, mi capisci.

— Da tutti i punti di vista, nel mio piccolo angolo d’universo… sì, lo sono. — Gea aveva un’espressione soddisfatta.

Cirocco lanciò un’occhiata di desiderio alla porta. Come sarebbe stato bello uscire e dimenticare tutto quello che era successo.

Che differenza faceva se quella donna era solo una sopravvissuta impazzita dei costruttori di Gea? Aveva il controllo totale di quel mondo. Non importava niente che fosse davvero il mondo.

E, stranamente, quella donna le piaceva, nei momenti in cui si abbandonava. Poi Cirocco ricordò il motivo che l’aveva spinta a salire fino al mozzo.

— Ci sono due cose che voglio chiederti — disse, decisa.

Gea si mostrò attenta.

— Te ne prego. Si dà il caso che anch’io voglia chiederti due cose.

— Tu? Chiedere a me? — L’idea era del tutto assurda, e poi il suo coraggio se ne stava andando. Come si fa a lamentarsi dei torti subiti con una dea? — Cosa potrei mai fare per te?

Gea sorrise.

— Forse resterai sorpresa.

Cirocco diede un’occhiata a Gaby che spalancò gli occhi e surrettiziamente incrociò le dita.

— La prima… la prima cosa riguarda i titanidi. — Accidenti, quello doveva essere il punto numero due. Ma non era male sondare il terreno. — Un titanide di nome Maestrocantore mi ha pregato, se mai fossi arrivata da te, di chiederti perché debba esistere la guerra.

Gea era più confusa che arrabbiata.

— Ormai lo avrai capito.

— Be’, sì. È un istinto di aggressività reciproca che tu hai creato.

— Perfetto.

— E dato che li hai creati tu, dovevi avere un motivo…

Gea parve sorpresa.

— Certo. Volevo avere la mia guerra. Non ne avevo mai sentito parlare prima di cominciare a ricevere i vostri programmi televisivi. Pareva che a voi piacesse tanto, che la trovaste così divertente, che ho deciso di provarci anch’io.

Cirocco restò a bocca spalancata.

— Parli sul serio, vero?

— Mai stata più seria.

— Ecco, non so come dirtelo.

Gea sospirò. — Vorrei che voi non aveste paura di me. Vi assicuro che non correte il minimo pericolo.

Gaby si tese in avanti. — E come possiamo saperlo? Tu… — S’interruppe e guardò Cirocco.

— Io ho distrutto la vostra nave. Sono sicura che questo è il secondo punto. Ma è un fatto di cui sapete pochissimo. Vuoi ancora un po’ di caffè?

— No, grazie — si affrettò a rispondere Cirocco. — Gea, o vostra santità, o come diavolo devo chiamarti…

— Gea va benissimo.

— A noi non piace la guerra. Non piace a me e non piace a nessuna persona sensata. Avrai visto anche film contro la guerra.

Lei scosse la testa e fece una risatina.

— Certo, però erano pochi. E poi contenevano più spargimenti di sangue dei film a favore della guerra. Dici che la guerra non vi piace, ma perché vi affascina?

— Non so risponderti. So solo che odio la guerra, e che anche i titanidi la odiano. Sarebbero felici che terminasse. È questo che sono venuta a chiederti.

— Niente più guerra? — Gea fissò Cirocco, sospettosa.

— Esatto.

— Nemmeno una scaramuccia ogni tanto?

— Nemmeno.

Gea abbassò le spalle in un grande sospiro. — Molto bene. Considerala cosa fatta.

— Spero che non avrai troppi problemi. Non so come tu…

— È fatto! — La stanza venne illuminata da un fulmine che formò una corona attorno alla testa di Gea. Il tuono fece cadere in ginocchio Gaby e Cirocco. Gaby estrasse subito la spada, mettendosi tra Gea e Cirocco.

Passarono alcuni secondi d’imbarazzo.

— Non volevo — disse Gea, agitando nervosamente le mani. — È solo che… Be’, è stata una delusione. — Sospirò, le invitò a sedere. — Avrei dovuto dire che lo sto facendo. Sto richiamando tutti gli angeli e i titanidi. Ci vorrà un po’ per riprogrammarli.

— Riprogrammarli? — disse Cirocco, sospettosa.

— Nessuno ne soffrirà, mia cara. Il terreno li inghiottirà. Riemergeranno tra un po’, liberi da quell’istinto. Soddisfatta?

Cirocco annuì, perché capiva che non esistevano alternative.

— Benissimo. E adesso l’altra faccenda, la vostra nave. Non sono stata io.

Alzò una mano, aspettò finché fu sicura che Cirocco non l’avrebbe interrotta, poi proseguì.

— Lo so che vi ho detto che io sono questo mondo, che sono Gea. Un tempo la cosa era vera al cento per cento. Ora lo è un po’ meno. Tenete a mente che io ho tre milioni e milleduecentosessantasei anni. — Inarcò un sopracciglio.

— Ma avevi detto che voi vivete tre milioni di anni.

— Appunto. Io sono vecchia anche secondo i nostri standard. Ve ne siete resi conto anche voi. I miei deserti sono più aridi e i miei ghiacciai più grandi di quanto siano mai stati, e io non posso fare niente. Dubito di avere ancora centomila anni di vita.

Cirocco, improvvisamente, si mise a ridere. Gaby aveva un’aria sorpresa mentre Gea sedeva composta, la testa inclinata da un lato, finché Cirocco non riprese il controllo di sé.

— Scusa — disse poi — ma trovo un po’ difficile sentirmi triste per te. Solo centomila anni! — Rise di nuovo, e questa volta rise anche Gea.

— Hai ragione. C’è ancora parecchio tempo prima di mandarmi i fiori. Forse scomparirà prima la tua razza. — Si schiarì la gola. — Ma torniamo a noi. Io sto morendo. Soffro di innumerevoli disfunzioni, anche se me la cavo ancora, bada bene.

"Pensa a un dinosauro. Aveva un cervello nella testa e un altro nella coda. Un controllo decentrato per un corpo di grandi dimensioni. Per me è lo stesso. Quando ero giovane i miei cervelli ausiliari lavoravano con me, come dita obbedienti di una mano. Nell’ultimo mezzo milione d’anni le cose sono cambiate. Ho perso parecchio controllo su alcune delle mie zone. Lungo l’orlo esterno sono disseminate dodici intelligenze separate, e mi sto dividendo in due personalità anche nel nucleo centrale del mozzo.