Gea non disse niente per quello che parve un intervallo di tempo molto lungo. Cirocco era pronta a scappare. Dopo tutto, Gea era sempre una dea, e non era molto saggio farla arrabbiare.
— Sono stata io — rispose Gea.
— Credi che noi avremmo accettato?
— No, sono sicura di no. Mi dispiace, ma ormai è fatta.
— E disfatta.
— Lo so. — Gea sospirò. — La tentazione era troppo grande. Avevo la possibilità di creare un nuovo ibrido, un ibrido che incorporasse il meglio di due specie. Speravo di rivitalizzare… ma non importa. L’ho fatto, non sto cercando di scusarmi. Non è una cosa di cui vada fiera.
— Sono lieta di sentirlo. Non farlo mai più, Gea. Noi siamo essere senzienti, come te, e un trattamento del genere offende la nostra dignità.
— Adesso lo capisco — disse Gea, contrita. — È un concetto difficile da accettare.
Cirocco ammise, brontolando, che in effetti poteva essere difficile, dopo tre milioni di anni trascorsi come divinità.
— Anch’io ho una domanda — disse Gaby, all’improvviso. — Il nostro viaggio era proprio necessario?
Anche Cirocco aveva dubbi in proposito.
— Hai ragione — ammise Gea. — Potevo portarvi direttamente fin qui. Il che è ovvio, dato che ho portato Aprile fin oltre la metà strada. Avrei corso qualche rischio a lasciarvi ancora in isolamento, ma potevo rimettervi a dormire.
— E allora per quale motivo non l’hai fatto? — chiese Cirocco.
Gea alzò le mani.
— Smettiamola di prenderci in giro, per favore. Punto primo, non sapevo se vi dovevo un favore del genere. Punto secondo, ero un po’ impaurita di voi, e lo sono ancora. Non di voi personalmente, ma della razza umana. Siete inclini ad andare per le spicce.
— Questo è vero.
— Eppure siete arrivate, no? Io volevo proprio vedere se ce l’avreste fatta. E dovreste anche ringraziarmi, perché vi siete divertite moltissimo.
— Non riesco a immaginare come tu possa pensare…
— In questo momento stiamo parlando da persone oneste, ricordi? E tu scoppi di gioia all’idea di tornare a casa, vero?
— Certo, io…
— E invece si vede benissimo che non è vero. Avevi una missione, arrivare qui. Adesso non l’hai più. È stato il momento migliore della tua vita. Di’ di no, se hai il coraggio.
Cirocco era quasi senza parole. — Come puoi affermare una cosa del genere? Ho visto quasi uccidere il mio uomo, e per poco non sono morta anch’io. Gaby e io siamo state violentate, abbiamo subito un aborto, Agosto è…
— Potevano violentarvi anche sulla Terra. In quanto al resto, ti aspettavi che fosse facile? Mi spiace per l’aborto, non succederà più. Ma insisti nel dare a me la colpa di tutte le altre cose?
— No, no. Penso di credere a…
— Tu vuoi darmi la colpa, così ti sarebbe più facile andartene. Trovi difficile ammettere che nonostante tutte le cose che sono successe ai tuoi amici, cose di cui non hai colpa, hai vissuto una grande avventura.
— Questa è la cosa più…
— Capitano Jones, vorrei farti presente che tu non sei nata per fare il capitano. Oh, te la sei cavata bene, come te la cavi bene con quasi tutte le cose che fai. Ma non sei un capitano. Non ti piace dare ordini ad altra gente. Ti piace essere indipendente, ti piace andare in posti strani e fare cose eccitanti. In un’altra epoca saresti stata un avventuriero, un soldato di ventura.
— Se fossi stata un uomo — la corresse Cirocco.
— Questo solo perché è da poco tempo che le donne hanno acquistato il diritto di vivere le loro avventure. Lo spazio era l’unica frontiera disponibile, ma è tutto troppo freddo, troppo tecnologico. No, non fa per te nemmeno lo spazio.
Cirocco aveva smesso di cercare di interromperla. Era un discorso talmente assurdo che tanto valeva lasciarla continuare.
— No, tu sei tagliata per fare esattamente quello che hai fatto qui. Scalare le montagne invalicabili. Comunicare con creature strane. Mostrare i pugni all’ignoto, sputare nell’occhio di Dio. Hai fatto tutte queste cose, e ti sei scottata. Se continuerai a farle, ti scotterai ancora. Soffrirai la fame e il freddo e il caldo, e ti ferirai e morirai di stanchezza. Ma in fondo cosa vuoi? Trascorrere il resto della tua esistenza dietro una scrivania? Vai, torna a casa. La scrivania ti aspetta.
Molto in basso, sotto l’abisso curvo che era il mozzo di Gea, il vento ululava debolmente. Da qualche parte, quantità enormi di aria venivano risucchiate in un tubo verticale lungo trecento chilometri, e quel tubo era popolato di angeli. Cirocco si guardò attorno e rabbrividì. Alla sua destra, Gaby sorrideva. "Cosa sa che io non so?" si chiese Cirocco.
— Cosa vuoi offrirmi?
— La possibilità di vivere una vita discretamente lunga, fermo restando che potrebbe anche essere molto corta. Ti offro buoni amici e nemici terribili, giorni eterni e notti senza fine, canti eccitanti e vino forte, privazioni, vittorie, lutti e gloria. Ti offro la possibilità di un’esistenza che non troveresti sulla Terra, il tipo di esistenza che sapevi già di non poter trovare nello spazio ma che hai cercato ugualmente.
"Mi serve un mio rappresentante giù in basso. È da molto che non ne ho più uno, perché sono terribilmente esigente. Posso darti alcuni poteri. Sarai tu a stabilire come dev’essere fatto il lavoro, a scegliere orari e amici; e vedrai il mondo. Da me avrai un po’ d’aiuto e poche interferenze."
"Che ne diresti di diventare una maga?"
26
Visto dall’alto, l’accampamento della spedizione era un brutto fiore marrone. Una ferita si era aperta nel terreno a est di Titantown e aveva cominciato a emettere terrestri.
L’esodo sembrava interminabile. Mentre Cirocco guardava dalla navicella di Finefischio, una piccola montagna di gelatina blu a forma di proiettile spuntò dal suolo e cadde di fianco. Il materiale all’esterno si sciolse, scoprendo uno scalatore-trasportatore color argento. Il veicolo si affiancò ad altri sei identici, fermi accanto a un complesso di cupole gonfiabili prima di scaricare i suoi cinque passeggeri.
— Hanno fatto le cose in grande — osservò Gaby.
— Così pare. E quella è solo una parte della spedizione. Wally è ancora nello spazio con la sua nave, abbastanza vicino da poter intervenire quando necessario.
— Sei sicura di voler scendere? — le chiese Gaby.
— Devo scendere, lo sai.
Calvin guardò giù e fece una smorfia.
— Se per voi è lo stesso — disse — io preferisco restare qui. Se scendo potrebbero succedere cose spiacevoli.
— Io posso proteggerti, Calvin.
— Questo resta da vedere.
— Vuoi restare anche tu, Gaby? — chiese Cirocco.
— Io vado dove vai tu. Lo sai, no? Credi che Bill sia ancora lì? Forse lo hanno già fatto evacuare.
— Penso che mi abbia aspettata. Comunque, devo andare a dare un’occhiata a quello.
Indicò un mucchio di metallo, un chilometro a ovest dell’accampamento. Non aveva nessuna forma, e non dava l’idea di essere mai stato qualcosa di compatto, d’armonico.
Erano i resti del Ringmaster.
— … e sostiene di aver agito a nostro favore per l’intera durata del cosiddetto atto ostile. Non posso offrirvi nessuna prova concreta per la maggior parte di queste asserzioni. Non possono esserci prove, se non quelle che deriveranno dallo studio del suo comportamento per un periodo di tempo ragionevole. Però non vedo niente che indichi che Gea sia una minaccia per la Terra, o che lo possa diventare in futuro.
Cirocco allungò una mano per prendere il bicchiere: bevve un po’ d’acqua, ma desiderava che fosse vino. Aveva parlato per due ore, interrotta solo ogni tanto da Gaby che correggeva o chiariva il discórso.