— Quando arriverai? — gli chiese lei.
— Un po’ prima di sera, credo. Abbiamo un appuntamento a Hong Kong, se ben ricordo. Arriverò in tempo a prepararmi per cena.
— Non prima?
— Devo andare a Duluth. La fabbrica di androidi.
— Fanne a meno.
— Non posso. Hai sentito anche tu: me l’ha ordinato. E poi il vecchio ha ragione: è ora che la veda anch’io.
— Che noia. Passare il pomeriggio in fabbrica!
— Devo. Dormi bene, Clissa. E quando ti sveglierai, avrai dimenticato tutte le brutte cose di oggi. Vuoi che ti faccia preparare un nastro cancellatore?
— Lo sai che non voglio farmi pasticciare nella memoria, Manuel.
— Sì, scusa. Ora è meglio che tu vada.
— Ti amo — gli disse lei.
— Ti amo — confermò lui. Fece un cenno agli androidi. La presero per le braccia e l’accompagnarono al trasmat.
Manuel era rimasto solo nel centro di controllo, salvo il paio di beta giunto a sostituire provvisoriamente Thor Guardiano. Passò accanto a loro e si diresse all’ufficio privato di Thor, verso il fondo della cupola. Si chiuse la porta alle spalle e attivò il telefono per una chiamata. Lo schermo s’illuminò. Manuel fece la combinazione della comunicazione cifrata, e sullo schermo si disegnarono le forme astratte che testimoniavano della segretezza della telefonata. Quindi formò il numero di Lilith Mesone, alfa, residente nel ghetto androide di Stoccolma.
L’immagine di Lilith comparve sullo schermo: una donna snella ed elegante, con splendidi capelli corvini, naso aristocratico, occhi di platino. Anche il suo sorriso era splendido. — Manuel! Dove sei? — gli chiese.
— Sono alla torre. Temo che arriverò in ritardo.
— Molto in ritardo?
— Due o tre ore.
— Seccherò. Appassirò.
— Non posso evitarlo, Lilith. Sua maestà mi ha ordinato di ispezionare l’impianto di Duluth. E devo andare.
— Anche se ho dovuto rimescolare tutti i turni di una settimana per passare la serata con te?
— Non potevo certo farglielo presente — disse Manuel. — Via, si tratta di poche ore. Mi perdoni?
— E cos’altro posso fare? Ma sarà brutto andartene in giro ad annusare vasche quando invece potresti essere qui a…
— La chiamano noblesse oblige. E, poi, mi è venuta una certa curiosità su come nascono gli androidi, da quando ti… cioè da quando noi… Sai, non sono mai stato in una fabbrica.
— Mai?
— Mai. Non me ne sono mai interessato. E ancora non m’interessa, salvo che sotto un certo punto di vista: così potrò scoprire cosa si nasconde sotto la tua deliziosa pelle rossa. Potrò sapere come la Sintetici Krug crea un’infornata di Lilith.
— E sei sicuro di volerlo davvero sapere? — chiese lei. Bruscamente, il suo timbro di voce era sceso a quello di un violoncello.
— Voglio sapere tutto quel che si può sapere di te — confessò Manuel, schietto. — Bene o male che sia. Mi perdoni per il ritardo? Vado a Duluth a prendere lezione di Lilith. E ti amo.
— Ti amo — rispose Alfa Lilith Mesone al figlio di Simeon Krug.
Ore 11 e 58. Duluth. Il più grande impianto terrestre della Sintetici Krug, s.r.l. (ce n’erano quattro altri, su altri quattro continenti, e varie fabbriche sui pianeti), occupava un edificio grande e lustro, lungo quasi un chilometro, parallelo alla riva del Lago Superiore. All’interno dell’edificio, e funzionanti in pratica come province separate, c’erano i laboratori: le varie stazioni del tragitto con cui si creava sinteticamente la vita.
Manuel visitava ora tali stazioni come un proconsole inviato dalla capitale a giudicare il lavoro dei governatori locali. Procedeva entro una vettura a bolla, che avanzava leggera e che, all’interno, era confortevole e seducente come una regressione uterina. Il veicolo scivolava su binari fluidi che si estendevano per tutta la lunghezza dell’edificio, sospesi molto al di sopra del livello a cui si svolgevano le varie operazioni. Nell’abitacolo, accanto a lui, c’era il direttore umano della fabbrica: un uomo sui quarant’anni, ricciuto ed elegante, che si chiamava Nolan Bompensiero. Bompensiero, pur essendo uno degli uomini chiave nel regno di Krug, sedeva rigido, teso, chiaramente preoccupato di non riuscire a soddisfare Manuel. E non sospettava quanto pesasse a Manuel l’incarico affidatogli, quanto lo annoiasse l’impianto, quanto poco si curasse di impugnare il proprio potere per confondere i dipendenti paterni. Manuel aveva solo Lilith per la testa. Qui è nata Lilith, pensava. Lilith è nata così.
A ogni reparto della fabbrica, un alfa (direttore di sezione) entrava nel veicolo e accompagnava Manuel e Bompensiero fino al termine della zona a lui affidata. Quasi tutte le lavorazioni dell’impianto erano dirette da alfa; tutta la gigantesca installazione impiegava non più di una mezza dozzina di umani. E gli alfa avevano la stessa espressione tesa di Bompensiero.
Per prima cosa Manuel attraversò le stanze dove venivano sintetizzati i nucleotidi d’alta energia che costituivano il DNA: i mattoni dell’edificio della vita. Ascoltava senza troppa attenzione il rapido, nervoso fervorino di Bompensiero, afferrandone solo qualche frase qua e là.
— …acqua, ammoniaca, metano, acido cianidrico e altri composti chimici… impieghiamo scariche elettriche per stimolare la formazione di composti organici complessi… con l’aggiunta di fosforili…
“…si tratta di un processo molto semplice, quasi primitivo, no? Si svolge sulla falsariga del famoso esperimento di Miller del 1952… una sorta di scienza medievale, nelle vasche che lei può vedere proprio sotto di noi…
“…il DNA determina la struttura delle proteine cellulari. Una normale cellula vivente richiede centinaia di proteine, che in maggior parte svolgono funzione enzimatica: catalizzatori biologici…
“…una proteina tipica è una catena molecolare che contiene circa duecento amminoacidi come subunità, legati tra loro in una determinata sequenza…
“…della codificazione di ogni singola proteina si occupa un singolo gene, che a sua volta è una particolare regione della molecola lineare del DNA… ma, naturalmente si tratta di cose che lei già conosce, mi scuso se torno a ripetere dei concetti così elementari, ma, sa, desidero solo…”
— Certo — disse Manuel.
— …e in queste vasche formiamo i nucleotidi e li uniamo per ottenere i dinucleotidi, poi li mettiamo in fila per dar luogo al DNA, l’acido nucleico che determina la composizione delle…
Lilith, da queste vasche? Lilith, da quel puzzolente brodo di coltura?
Il veicolo avanzava senza scosse. Un direttore alfa ne discese, un altro alfa salì con un rigido inchino e un sorriso tirato.
Bompensiero spiegò: — La matrice originale DNA la forniamo noi, progettandola secondo le necessità. Essa costituisce il piano costruttivo della forma vivente che intendiamo creare. Il punto cruciale consiste nel portare alla replicazione spontanea la materia vivente, perché non potremmo certo costruire un androide cellula per cellula, una alla volta. Occorre raggiungere quello che chiamiamo il punto d’innesco. E certo lei ben saprà che il DNA non si occupa direttamente della sintesi proteica, che un altro acido nucleico fa da intermediario: l’RNA. Questo può venir codificato per trasportare il messaggio genetico fissato nel DNA…
“…quattro basi, cioè quattro subunità chimiche, disposte in combinazioni variabili formano il codice: adenina, guanina, uracile, citosina…
“…in queste vasche… e lei può quasi immaginare di vedere le catene molecolari mentre si formano… l’RNA trasmette le istruzioni del DNA… la sintesi proteica viene condotta da alcuni organelli infracellulari chiamati ribosomi, che sono metà proteine e metà RNA… adenina, guanina, uracile, citosina… le istruzioni per la sintesi di ciascuna proteina sono portate da un singolo gene, e quelle istruzioni, iscritte nell’RNA messaggero, hanno la forma di una serie di triplette delle quattro basi RNA… mi segue?”